Continua senza sosta il nostro consueto appuntamento con i doppiatori. Ospite di oggi della nostra rubrica delle interviste è Andrea Oldani, doppiatore professionista.
Recentemente Andrea Oldani ha prestato la voce a uno dei due protagonisti di Hogwarts Legacy. Il titolo che si ispira al magico mondo di Harry Potter è stato un vero successo, facendo incetta di record in termini di vendite e che ha visto simultaneamente 800.000 mila giocatori su Steam nel suo primo fine settimana dopo il lancio.
Chi è Andrea Oldani
Andrea Oldani nasce a Cuggiono il 21 settembre del 1987. Fin da piccolo cresce con la passione per la recitazione. Dopo una parentesi universitaria, decide di studiare recitazione al Centro Attivo di Milano.
Dal 2011 lavora come doppiatore, prestando la sua voce in vari film, cartoni animati e videogiochi.
Cosa ha doppiato
Andrea Oldani ha doppiato numerose pellicole cinematografiche. Lo ricordiamo nei panni di Alex Monner in Rec 3 – La genesi, Trezzo Mahoro in Tutte le volte che ho scritto ti amo, P. S. Ti amo ancora, Tua per sempre, Zak di In Viaggio Verso un Sogno.
Per quanto concerne le serie televisive ha prestato la voce a Dylan O’Brien in Teen Wolf, Tom Green in Halo 4: Forward Unto Dawn e Alex Lawther in The End of the F***ing world.
Nelle serie animate è conosciuto per aver doppiato Arion Sherwind in Inazuma Eleven GO, Pac-Man in Pac-Man e le avventure mostruose e Mark Evans in Inazuma Eleven Ares.
Nei videogiochi è stato la voce di Markus in Detroit: Become Human, Finn in Star Wars: Battlefront II, Brad in Man of Medan, Raymond “Skizzo” Sarkoski in Days Gone, Spyro in Spyro: Reignited Trilogy, John Donovan in Mafia III, Rakan in League of Legends, il Nulla in Fortnite e ultimamente la voce maschile del protagonista in Hogwarts Legacy.
Intervista Andrea Oldani
- Cosa ti ha spinto ad entrare nel mondo del doppiaggio?
Ho sempre avuto la vocazione per questo tipo di recitazione. Mi ricordo anche quando ero molto piccolo, ossessionavo i miei genitori e mia nonna perché leggevo moltissimo i fumetti. Avevo la fissazione di provare a fare le voci. Era un fuoco che sentivo dentro di me fin da molto presto. Crescendo ho un po’ accantonato questa passione perché non avevo informazioni. Oggi è molto più facile accedere alle informazioni su come entrare nell’ambiente.
Ci sono molti colleghi che fanno interviste e dirette e di conseguenza rilasciano molte notizie a riguardo. Oggi è molto più facile avere un confronto diretto con loro. Ai miei tempi non erano disponibili tutte queste indicazioni, pensate oggi con internet quanto possa essere più semplice informarsi su questa professione.
Ricordo che, durante il periodo liceale, nel tentativo di inserirmi in un percorso professionale ho iniziato a studiare dizione da solo. Mi considerarono un deficiente perché iniziai a pronunciare le parole in modo diverso rispetto a come le pronunciavano gli altri.
Ho iniziato un vero processo di autoeducazione per instradarmi nel mondo del doppiaggio. Dopo qualche anno di università in cui non mi trovavo tanto bene e in cui non ero particolarmente felice ho avuto la spinta per chiedere a mia madre di andare a partecipare a un corso di dizione e di recitazione a Milano. Mi sono orientato in quel percorso ed è stato un po’ come trovare finalmente me stesso e la mia dimensione.
Dopo aver fatto un percorso di recitazione e di doppiaggio, mi sono trovato immediatamente a fare dei provini e ad ottenere risposte positive dai direttori. Mi è andata bene. Ovviamente i primi passi nell’ambiente sono stati complessi, anche complice la mia poca esperienza.
Il doppiaggio è una professione che non ti aspetta, quindi devi faticare per mantenere uno standard alto per essere al passo con i tuoi colleghi. Nonostante queste difficoltà, mi sono adeguato e sono riuscito a rendere questa professione il mio lavoro. Oggi posso dire di mantenermi facendo doppiaggio e quindi facendo recitazione, tramite la mia voce. Mi reputo una persona veramente molto fortunata.
- Sei particolarmente legato ai tuoi personaggi? Che tipo di rapporto hai avuto con il personaggio di Markus in Detroit: Become Human? Raccontaci la tua esperienza.
Il personaggio di Markus all’inizio mi ha trasmesso un po’ paura perché l’attore che lo interpreta è un primo attore, di quelli belli. In originale Jesse Williams ha un timbro più scuro del mio. Magari non ha un vocione come Luca Ward o Alessandro Rossi per fare un esempio, però comunque un timbro abbastanza pieno.
Ho cercato di seguirlo con l’enorme difficoltà di non averlo davanti perché, come sicuramente saprete, spesso i videogiochi vengono doppiati sulla linea d’onda. Noi abbiamo la rappresentazione grafica della voce del personaggio e della battuta che è stata incisa dall’interprete originale.
Dobbiamo riuscire ad immergerci, ricostruendo l’ambiente, senza avere un confronto visivo con quello che sta effettivamente succedendo. Una volta pubblicato il videogioco vai a rivederti e sei un po’ disorientato perché finalmente comprendi com’era la scena e com’erano le inquadrature. Col senno di poi, l’avrei fatta in un altro modo.
Tuttavia, è molto divertente costruirsi tutto quanto e proiettarsi all’interno di essa senza avere quasi nessun riferimento. Tra l’altro Detroit è stato registrato in Motion Capture. Avevamo la grande difficoltà di rivolgerci solamente alla linea d’onda ma di dover andare a Sync con un eventuale video e labiale degli attori. Se avessi avuto il volto del personaggio davanti avrei fatto alcune battute in modo diverso. Detroit Become Human è stato il primo videogioco che ho doppiato in cui si presentavano dei percorsi di storia separati a seconda delle scelte del giocatore. A volte ti sentivi un po’ bipolare perché ti trovavi a doppiare diverse battute di fila con diversi sviluppi del personaggio.
Era difficile riuscire a immaginarsi il percorso di evoluzione che il personaggio stava affrontando all’interno della trama che il giocatore stava sciogliendo. Marcus diventa a volte un despota, a volte assume un tono da leader illuminato. Cercare tutte quelle sfumature è stato complicato. Quando capita invece di avere i video dove gli attori recitano in motion capture è davvero Natale. Se potessi scegliere, preferirei lavorare su questi video piuttosto che sul videogioco già finito, perché il videogioco è come se ti desse comunque un filtro.
- Sappiamo che hai doppiato Spyro in Spyro: Reignited Trilogy, come è stato poter prestare la voce a un personaggio così iconico del mondo videoludico?
Quando mi hanno convocato per doppiare il gioco di Spyro non mi avevano detto che avrei dovuto doppiarlo. Sono andato al turno abbastanza a cuor leggero perché immaginavo fosse un personaggio secondario di qualche altro videogioco. Solo una volta raggiunto lo studio mi è stato detto: “sei la nuova voce di Spyro”.
Nonostante sia della generazione della prima Playstation e ricordo che molti miei compagni ci giocavano, io non avevo mai giocato a nessuno titolo della serie. Mi sono trovato un po’ in difficoltà perché ho detto: “cavolo, vorrei averci giocato per avere la consapevolezza da videogiocatore”.
Ricordo che i primi doppiaggi di Spyro erano un po’ arrangiati e cacofonici, anche perché erano i primi videogiochi doppiati. Sono a conoscenza che questi doppiaggi hanno moltissimi fan, per cui mi sarebbe piaciuto poter dare qualche strizzatina d’occhio anche nella mia recitazione.
Avevo una direttrice di doppiaggio molto in gamba, per cui mi sono ispirato a Tom Kenny, ovvero la voce originale. Tra l’altro Tom Kenny è anche la voce di Spongebob, è un doppiatore americano con una grande esperienza, per cui mi sono ispirato a lui. Ho cercato di dargli una recitazione anche un po’ più parlata.
Sarebbe stato molto bello avere l’immagine di Spyro, anche perché l’animazione è bellissima, è molto espressiva e fa un sacco di facce. Alcuni miei amici non potevano darsi pace per il fatto che io avessi doppiato Spyro senza conoscerlo. Mi sono anche confrontato con un fandom molto positivo e molto supportivo, quindi sono rimasto molto contento di averlo doppiato.
Sono molto onorato di essere la voce di una delle icone del mondo videoludico.
- Qual è stato il personaggio più difficile da doppiare? E a quale sei più affezionato?
I personaggi più difficili da doppiare, secondo me, sono quelli di quando inizi. Al principio di un percorso ovviamente hai molta inesperienza per cui devi capire tante cose sia di te stesso sia di questo mestiere.
Negli ultimi anni è stato complesso interpretare Stiles Stilinski di Teen Wolf, una serie TV teen Drama amata dal pubblico. Teen Wolf rappresenta quello che per la mia generazione è stato Dawson’s Creek o Buffy. Mi sono trovato in un cast di colleghi molto talentuosi, alcuni della mia età e con un’esperienza maggiore rispetto alla mia. Il mio era un personaggio comico, ma anche con tratti molto profondi. È stato difficile perché l’attore era molto bravo per cui ho dovuto stare al passo.
Un altro ruolo difficile che ho interpretato di recente è stato Zak di In Viaggio Verso un Sogno, un film on the road con questo ragazzo con la sindrome di Down. Nel cast c’erano Dakota Johnson e Shia LaBeouf, una pellicola con la presenza di nomi importanti.
La difficoltà di questo film è stata soprattutto dover doppiare un attore con la sindrome di Down, inoltre l’attore è stato magnifico. La mia sfida e di Monica Pariante, che mi ha diretto in modo esemplare, è stata quella di non fare una caricatura della sua recitazione. È stato faticoso trovare il tono giusto che più si sposasse con le sue specificità, un lavoro molto stimolante. Il personaggio mi è rimasto dentro perché è molto commovente, probabilmente e uno degli attori più belli che io abbia mai doppiato.
Per quanto riguarda i personaggi a cui sono più affezionato, sicuramente Edmond Rostand nel film francese Cyrano, mon amour del 2018. Interpretavo l’autore del Cyrano in questa commedia in costume molto divertente. Avevo il ruolo del protagonista, ho un bellissimo ricordo in quanto ho lavorato in compagnia di bravissimi doppiatori. Siamo stati invitati al festival Voci nell’ombra per una piccola proiezione, un’intervista e una performance live in compagnia colleghi bravissimi come Maria Zucca, Marina Thovez, Pasquale Anselmo, Tiziana Avarista e Martina Felli. È stato bello sentirsi parte di questo progetto.
Nei cartoni animati sono molto legato al doppio personaggio che ho interpretato in Atomic Puppet in onda su Disney XD. Il mio personaggio era un ragazzino, quindi gli conferivo una caratterizzazione molto leggera. Mentre per il pupazzo attuavo una caratterizzazione molto graffiante e militaresca. La direzione di quel cartone era di Federico Zanandrea che ringrazio perché mi dà modo di confrontarmi con ruoli diversi.
Con lui in direzione mi sono divertito veramente tanto, forse come non mi era mai capitato prima. Abbiamo sperimentato e creato davvero molto. Questo probabilmente è il modo migliore di lavorare perché ti diverti e contestualmente hai la libertà di poter essere creativo.
- Quali sono i consigli che daresti a nuovi e aspiranti doppiatori?
Il mio consiglio è di studiare tantissima dizione, recitazione e anche canto. Molto spesso ci si avvicina alla professione senza una vera e propria educazione vocale adeguata. Può succedere di trovarsi impreparati a doppiare cose difficili tipo cartoni animati o anche videogiochi di guerra in cui devi gridare moltissimo. C’è il rischio di arrivare a fine giornata senza voce, mentre il giorno dopo devi essere nuovamente in sala di doppiaggio.
Guardate molti film, siate curiosi e leggete tantissimo a voce alta, magari registratevi e riascoltatevi. Ispiratevi a doppiatori che vi piacciono, ma cercate anche di trovare una vostra unicità in questo ambiente ormai saturo. Anche perché fare doppiaggio è una professione sempre più cool, trovare una propria dimensione è rilevante. Non bastano una bella voce o un’impostazione buona, principalmente serve un livello di recitazione credibile. Avere qualcosa da dire sia come attore e artista nel momento in cui ci si trova a fare un provino è un’occasione per attirare l’attenzione. Soprattutto da parte di qualcuno che è abituato ad ascoltare moltissime persone.
- Noi ti ringraziamo per la tua disponibilità, ma prima di andare vorremmo sapere un curioso aneddoto sulla tua carriera.
Nella vita sono conosciuto per essere un ritardatario patologico, solitamente arrivo con 5-10 minuti di ritardo, non arrivo mai in orario, comunque una soglia accettabile. Era probabilmente il 2012, lavoravo da circa un anno e stavo doppiando Inazuma Eleven Go con la direzione di Davide Garbolino. Mi sembra fosse un terzo turno verso le 17:00 e avevo anche un secondo turno da un’altra parte alle 16:30. Ricordo che con il secondo turno ci fossimo attardati un po’.
La sede della Logos dove doppiavamo la serie era parecchio lontana. Tra l’altro all’epoca c’erano due sedi per la Logos, entrambe collocate in due posti molto lontani tra loro. Se non ricordo male c’erano dei casini con la metro e avevo fatto davvero molto ritardo, tipo 50-60 minuti. Ero veramente disperato e avevo un peso sulla coscienza, per cui pensavo: “chissà cosa penserà Davide Garbolino una volta arrivato in sede”.
Quando sono arrivato alla sede della Logos mi precipito, ma vengo bloccato dalla segretaria che mi dice: “tu non sei qua, sei nell’altra sede”. In quel momento mi blocco e muoio dentro. Vedendo che ero sbiancato, sbuca Davide da dietro la scrivania della segretaria e mi fa: “Andrea non preoccuparti è uno scherzo”.
Una volta entrato in sala, ho trovato sul leggio un foglio di Davide con scritto “Oldani vergogna”. Davide mi ha insegnato una cosa molto importante, ci possono essere degli imprevisti, però è indispensabile assumere un atteggiamento di leggerezza, anche a lavoro. Da quel giorno ho cercato anch’io di portarmi dietro quello spirito che Davide mi ha insegnato. Da quel giorno comunque non sono più arrivato così tardi.
Vi ringrazio un sacco per l’occasione e per l’attenzione che ci date.
Classe 93, dall'animo nerd, da sempre appassionato del mondo videoludico. Alcune leggende sostengono sia nato con un controller in mano. Negli anni scopre di avere una particolare predisposizione per le interviste. Odia più di ogni altra cosa la console war.