DEATH STRANDING: il potenziale inespresso di un’ottima narrativa

Informazioni sul gioco

Death Stranding non è un capolavoro. Spiacenti per chiunque esalti il gioco elevandolo a qualcosa che non è, ma l’ultima fatica di Hideo Kojima non raggiunge i livelli che molti si aspettavano. Ovviamente presentando meccaniche nuove spesso risulta impressionante da più punti di vista, ma al suo interno contiene ben più che pochi e semplici difetti. Proviamo dunque a capire cosa lo rende un gioco normale, più di quanto non si pensi.

In questa recensione saranno presenti piccoli SPOILER: non verrà rivelato nulla sul finale, né sul destino dei personaggi e cercheremo di darvi un quadro più dettagliato possibile, ma che al tempo stesso non vi rovini l’esperienza di gioco.

 

TRAMA

«Un tempo ci fu un’esplosione…

uno scoppio che diede origine al tempo e allo spazio.

Un tempo ci fu un’esplosione…

Uno scoppio che portò un pianeta a ruotare in quello spazio.

Un tempo ci fu un’esplosione…

Uno scoppio che generò la vita così come la conosciamo.

E poi arrivò un’altra esplosione.»

Dopo tre anni di attese è così che si apre Death Stranding, primo gioco della Kojima Productions in qualità di studio indipendente dal 2015, dopo la scissione tra Konami e lo stesso fondatore Hideo Kojima.

Il gioco inizia con il nostro protagonista Sam Porter -interpretato da Norman Reedus (celebre per la sua interpretazione in The Walking Dead) – alla guida di una moto, in fuga dalla pioggia e dalla terribile conseguenza che essa porta. Sam è un eremita che vive alla giornata, senza un reale scopo nella vita che non sia quello di portare pacchi da un posto all’altro. Sin dal principio, dunque, il gioco ci fa immergere in quella sensazione di solitudine che ormai, privo di qualsivoglia contatto fisico, prova l’intero genere umano. Tale stato d’animo trova la sua massima rappresentazione nel protagonista: il nostro corriere, quasi a voler sottolineare questo concetto, è affetto da una malattia che gli impedisce il contatto con le altre persone senza subire ripercussioni, come scopriamo immediatamente dal suo primo e sfortunato incontro con Fragile (Sea Leaydoux), altro enigmatico portapacchi che andremo però a conoscere meglio più in là con la trama.

Il compito di Sam sarà quello di ricostruire l’America: un paese ormai distrutto, ridotto a piccole cittadine o ad isolate strutture. Questa missione dunque non poteva che essere assegnata ad una persona con un disperato bisogno di riconnettersi alle altre. Il tema del collegamento e della collaborazione infatti sono il focus centrale di tutta la storia, la base su cui il gioco si poggia e si sviluppa, come vedremo anche più tardi nella parte riguardante il gameplay.

Sam compie un viaggio molto personale, un percorso di maturazione e ritorno ad un mondo che ormai non esiste più, una lotta contro il tempo, che scorre inesorabile come la pioggia. Il fenomeno atmosferico infatti non rappresenta solamente un disturbo lungo il tragitto del protagonista, ma è una metafora del tempo che passa. La pioggia, trasformata dagli eventi in cronopioggia, invecchia tutto ciò che tocca, portando alla nascita e alla morte della vegetazione, distruggendo e logorando oggetti e persone. Questa non è però l’unica difficoltà che il nostro protagonista troverà lungo il viaggio. L’evento noto come Death Stranding, che ha condotto ormai il genere umano quasi all’estinzione e ad un quasi totale isolamento, ha portato sulla terra le Creature Arenate, meglio note CA (BT in inglese), entità che, manifestandosi durante la cronopioggia, consumano e assorbono le persone, provocano voragini in grado di distruggere intere città.

Non sarebbe però un’avventura degna di nota senza degli ottimi personaggi secondari. I comprimari risultano ben caratterizzati e ben sviluppati, e alcuni di essi a nostro parere risultano addirittura più centrali del protagonista stesso. Ognuno di loro gioca un ruolo fondamentale all’interno della narrazione, arricchendo in maniera importante una trama già di per sé coinvolgente. Grande merito va sicuramente agli attori e ai loro doppiatori, capaci di farci immergere totalmente nell’avventura. Quattro personaggi fra tutti spiccano più degli altri, probabilmente anche più del protagonista stesso: Deadman, Heartman, Die-Hardman e Clifford Unger. Guillermo Del Toro (Deadman), lungi dall’essere una semplice comparsa come ci viene presentato, rappresenta non solo un ottimo compagno per Sam, ma mostra una profondità non da subito evidente, capace senza ombra di dubbio di tramettere più emozioni di quanto non si possa pensare. Quello che invece colpisce maggiormente del personaggio di Heartman è la sua storia: tutto ciò che il Death Stranding ha significato per lui, la sua ossessione nella ricerca di risposte, di conoscere il perché di tutto ciò che è successo e la sua romantica e infinita ricerca della famiglia.

Clifford Unger è cucito su misura per l’attore Mads Mikkelsen: l’interpretazione è perfetta e senza una minima sbavatura, la scoperta del personaggio è lenta e riesce sempre a focalizzare l’attenzione su di sé, portando addirittura il giocatore a tifare per lui, pur ricoprendo un ruolo da antagonista. Die-Hardman poi, oltre ad essere il preferito di chi scrive, è il personaggio probabilmente meglio creato e meglio gestito. Partendo infatti dall’essere il classico capo integerrimo dedito unicamente alla sua missione, viene poi caratterizzato sempre meglio; che sia infatti per la bravura dell’attore o per quella maschera così unica che nasconde ben più che un semplice volto, il nostro uomo mascherato saprà senza dubbio regalarvi più emozioni di quanto non vi possa sembrare da una prima occhiata. Ultimo, ma non per importanza il Bridge Baby, meglio noto come BB, vero compagno di viaggio di Sam, che si tramuterà da semplice strumento mal funzionante a suo vero e proprio figlio adottivo.

Ovviamente una così ben creazione e recitazione dei personaggi sarebbe andata sprecata senza un’ottima regia che, anche se non priva di difetti, riesce a mettere in scena gli avvenimenti che caratterizzano la storia. In questo gioco traspare perfettamente l’amore di Kojima nei confronti del cinema e della musica, soprattutto quest’ultima assume un ruolo non più di contorno, ma diventa vera e propria protagonista assieme al personaggio ed al mondo che lo circonda.

È sempre difficile parlare dei difetti di un gioco dopo averlo esaltato molto, ma la trama non è immune da critiche. La parte centrale dell’avventura è quella che presenta maggiori problemi: nonostante infatti si sviluppi in maniera coerente perde di mordente lungo il suo sviluppo, non di certo perché non sia bella o originale, ma semplicemente non viene raccontata come meriterebbe. Il pathos che caratterizza soprattutto i primi momenti di gioco andrà via via scomparendo, ritornando soltanto negli ultimi episodi, lasciando così la parte centrale priva di quell’impulso emotivo che dovrebbe a tutti gli effetti spingere l’avventura. In alcuni punti la trama diventa prevedibile, tanto che i colpi di scena perdono di significato. La situazione non migliora a causa di dettagli fondamentali della vita di Sam, raccontati attraverso dati che potrete trovare nel corso della partita. In alcuni momenti vi ritroverete un po’ confusi per la mancanza di background fornitovi nei momenti opportuni, ciò purtroppo si rifletterà su uno dei legami più importanti che si verrà a creare con uno dei personaggi (non diciamo chi per ovvie ragioni). Il finale per fortuna risulta tutto sommato soddisfacente, al di là di alcuni dubbi che potrebbero o meno sorgervi a seconda della vostra capacità di deduzione.

Ultima pecca: la resa dei personaggi di Fragile, Mama e Higgs non soddisfa pienamente. La prima che, dopo la conclusione della sua storia, fungerà solo da meccanica per il gameplay e gli ultimi due che appaiono molto meno magnetici di quanto potessero sembrare nei vari trailer; inoltre la risoluzione del loro arco narrativo (che non andremo a raccontarvi) potrà molto probabilmente lasciarvi a bocca asciutta.

Il reale problema del gioco è, probabilmente, questa eccessiva enfatizzazione del ruolo di autore di Kojima, che spesso premia ma che ancora più spesso danneggia l’opera e l’autore stesso. Se avessimo avuto qualche limitazione in più o comunque qualche paletto da non oltrepassare, uniti magari ad un aiuto esterno, avremmo avuto probabilmente un prodotto con una trama perfetta capace di essere considerato gioco della generazione e capace di entrare nell’olimpo dei migliori giochi di sempre.

GAMEPLAY

Death Sranding non è un videogioco per tutti. Affermazione che forse nessun amante del mondo videoludico vorrebbe sentire, ma purtroppo risulta necessaria. Procedendo con ordine proviamo a capire quali siano i pregi e i difetti a livello di gameplay della nuova fatica di Kojima.

Come già anticipato precedentemente, la missione di Sam è quella di ricostruire l’America attraverso il collegamento di varie strutture presenti sulla mappa alla rete chirale. La ricostruzione passa attraverso quella che è a tutti gli effetti la componente principale del gameplay: la consegna di pacchi. Ogni pacco sarà diverso dall’altro per dimensione, peso e tipo di merci trasportate. Recapiterete merce di tutti i tipi: dal cibo fino a materiali per la costruzione di strutture e attrezzature. Ogni consegna sarà poi premiata con un quantitativo di mi piace, ricevuti in base alla nostra bravura nel portare i vari pacchi. Sarà dunque di vitale importanza essere capaci di portare il carico da un punto A ad un punto B senza fargli subire danni e spesso nel minor tempo possibile, parametri che peseranno in maniera importante sul nostro avanzamento di livello.

Nonostante il gameplay si possa riassumere molto semplicemente in un simulatore di consegne, sarebbe da sciocchi limitarne la descrizione in tal senso, esso presenta infatti meccaniche familiari ad altri generi, senza però mai identificarsi troppo in essi. Avranno luogo anche sessioni di sparatoria, siano queste contro le CA o contro altre persone. Troverete infatti altri nemici oltre le entità precedentemente menzionate: i Muli, corrieri impazziti che tenteranno di rubarvi tutti i pacchi nel momento in cui entrerete nel loro territorio, e i Terroristi, folli assassini che avranno come unico scopo quello di uccidervi nel momento in cui entrerete nel loro territorio. Entrambi giocheranno un ruolo importante sia nel gameplay che nella  trama, anche se i primi verranno approfonditi in maniera chiara e pulita solo tramite i vari dati e le-mail che troverete. Centrale sarà la componente strategica: il percorso da affrontare nelle varie consegne non consisterà soltanto in verdi pianure senza ostacoli, ma ci ritroveremo ad affrontare terreni sconnessi, dirupi, paesaggi montagnosi innevati e non. Bisognerà avere molta oculatezza nella scelta dei vari gadget e delle attrezzature da portare nel viaggio: non potremmo infatti esagerare troppo con il peso, altrimenti Sam non riuscirà a correre o addirittura camminare come si deve, ma non potremmo neanche portare pacchi di dimensioni diverse posizionate a caso sulla schiena, poiché sarà impossibile mantenere l’equilibrio se non ci sarà una buona uniformità nella distribuzione degli oggetti. Di fondamentale importanza sarà il CCCP, gadget che vi permetterà di costruire diverse strutture come ponti, box e caricabatterie; quest’ultimi utilissimi nel momento in cui decideremo di affrontare il viaggio con qualche mezzo, sia esso una moto o un camion, entrambi infatti funzioneranno a batterie e non sarà così raro trovarsi a secco di energie in un punto più o meno sperduto della mappa con un quantitativo notevole di carico nel bagagliaio. La costruzione di qualsiasi struttura sarà però consentito solo ed unicamente nelle zone coperte dalla rete chirale, e cioè dove avremo interagito e collegato la UCA (United States of America) presente alla rete chirale.

Altro aspetto chiave sono le sezioni riguardanti le CA e la cronopioggia. Se già non fosse abbastanza seccante il fenomeno atmosferico, la distruzione delle casse vi provocherà non pochi grattacapi e con il sopraggiungere delle entità peggiorerà la situazione. Le CA infatti dovranno essere evitate attraverso manovre evasive o sconfitte attraverso armi e strumenti sbloccabili nel corso della storia. Un ruolo principe è rivestito in questo caso dal BB, che ci aiuterà ad individuare tramite l’utilizzo dell’odradrek scanner, le creature altrimenti invisibili ai nostri occhi. Attenzione però, i nostri movimenti dovranno essere ben calibrati, visto il basso limite di stress sopportabile dal BB. Nel malaugurato caso in cui dovessimo venire presi dalle creature nemiche, perderemmo (momentaneamente) il nostro carico e dovremo affrontare delle piccole boss fight contro delle enormi CA dall’aspetto animalesco.

Il gameplay risulta quindi abbastanza vario, nonostante abbia una componente troppo dominante rispetto alle altre e che alla lunga potrebbe risultare un po’ noiosa per i più.

Kojima inoltre riprende un elemento tipico di altri giochi (ad esempio i messaggi lasciati da altri giocatori in Dark Souls) e lo enfatizza al massimo, portando alla creazione di quello che lui definisce SOCIAL STRAND GAME. Il tema della collaborazione sarà essenziale all’interno del gameplay: potremo infatti trovare e creare strutture che verranno condivise nel nostro mondo e in quello di altri giocatori, tutto questo a patto di essere connessi ad internet e di trovarci in zone coperte dalla rete chirale. Ogni struttura che creerete, ogni aggeggio che piazzerete nella mappa, sarà visibile ed utilizzabile anche dagli altri giocatori ed il nostro operato sarà sempre premiato da un quantitativo di mi piace lasciato da coloro che utilizzeranno quella specifica attrezzatura. Al contrario di un classico gioco di ruolo, infatti, i materiali e le attrezzature inutili non verranno semplicemente vendute in cambio di monete, ma verranno lasciate negli appositi box condivisi (siano essi quelle delle UCA o quelli lasciati da altri giocatori in giro per la mappa) e saranno utilizzabili dunque da altre persone, in cambio come sempre dei mi piace. Stesso discorso per i pacchi perduti nella mappa: altri corrieri potranno completare gli incarichi abbandonati da voi. I percorsi che sceglierete incideranno sull’esperienza delle altre persone: tracciare un percorso o passare su un terreno aiuterà quella zona ad assestarsi, per far sì che sia più facile la traversata per le altre persone.

Il gioco dunque assume tutto un altro significato se un argomento così importante nella narrativa riveste un ruolo ancora più fondamentale all’interno del gameplay, impattando anche sulla vita vera: di fatto siamo noi a giocare insieme ad altre persone reali. Dobbiamo proprio dirlo, in questo il gioco ha fatto centro! Ogni più piccolo dettaglio è stato calcolato per rendere il più reale possibile il concetto di collegamento e collaborazione. Quella che state leggendo, d’altronde, non è una semplice recensione, ma un giudizio figlio di una serie di esperienze condivise da due persone che hanno giocato in contemporanea il gioco, aiutandosi e vivendo situazione spesso simili, ma più volte diverse.

Tutto questo non basta però a rendere Death Stranding adatto a tutti e alla lunga il gioco rivelerà quella sua natura un po’ stucchevole e monotona. A lungo andare, consegnare pacchi non vi soddisferà più e quelle che sono a tutti gli effetti missioni secondarie mancheranno di una trama sufficiente a spingervi ad andare avanti. La difficoltà poi risulta essere la pecca più grande di tutto il gioco (soprattutto se siete giocatori abituati ad un’esperienza action in terza persona). Indipendentemente da quale livello voi scegliate, infatti, la campagna non vi darà mai delle vere e proprie sfide, certo dovrete scegliere bene cosa portare e cosa no, ma l’abbondante varietà di gadget e strumenti vi renderà difficile perdere un carico a causa della cronopioggia, distruggere un veicolo, logorare stivali, o ritrovarvi a piedi senza nulla nelle vicinanze, complice proprio quella componente così importante e centrale del gioco. Spesso vi capiterà di trovare strutture costruite da altri giocatori che vi permetteranno di portare a compimento le missioni senza problemi e nel minore tempo possibile. Nonostante il gioco disincentivi in maniera abbastanza dichiarata l’utilizzo della violenza letale, sarà veramente difficile per voi e per i vostri nemici morire, difficilmente vedrete di conseguenza il formarsi delle voragini per colpa delle vostre azioni.

COMPARTO TECNICO

Il comparto tecnico è anch’esso una parte di gioco molto importante, ma che presenta alcuni difetti.
Fatta eccezione per un paio di personaggi, i volti dei nostri protagonisti risultano ricreati molto fedelmente, grazie soprattutto all’assoluta bravura degli sviluppatori nell’utilizzo di tecniche come il subsurface scattering. Nonostante la qualità media delle animazioni rimanga su livelli eccellenti, capiterà di vedere cali, soprattutto in alcuni personaggi ed in alcuni dialoghi più o meno concitati. La resa visiva in alcuni punti è perfetta, i paesaggi vi mozzeranno il fiato. Il Decima Engine e il supporto di Guerrilla Games ci hanno regalato sotto il punto di vista grafico uno dei migliori giochi di questa generazione. Tutte le ambientazione del gioco e gli elementi scenografici, siano essi grandi massi, piccole pietre o fiumi ed erbacce, sono ricreati fedelmente.  Le sezioni degli incubi con Clifford Unger, anche se non proprio il meglio dal lato gameplay, ricreeranno perfettamente gli scenari di alcune delle guerre più iconiche degli anni passati.

Il comparto audio è uno dei punti più alti toccati dal gioco, non soltanto per la qualità del sonoro, ma per la potenza emotiva delle musiche. Queste non sono soltanto un accompagnamento nelle avventure del nostro corriere, ma si elevano a vere e proprie protagoniste della storia. Nonostante alcune possano sembrare molto simili tra loro ed altre non adatte alla situazione che stiamo vivendo, sono fondamentali e rendono alcune parti semplicemente perfette, come il prologo e l’intero episodio finale, che rimangono senza la minima ombra di dubbio alcune tra le cose più belle che potrete mai vedere in un qualsiasi medium di intrattenimento.

CONCLUSIONI

Death Stranding è figlio di uno dei difetti più grandi di questa generazione: il potenziale inespresso. Il nuovo gioco di Kojima aveva tutte le carte in regola per entrare nell’olimpo dei grandi videogiochi, ma purtroppo non riesce. Se l’intenzione era quella di rivoluzionare il mondo videoludico il risultato è fallimentare.

I suoi punti forti risultano essere anche i punti deboli: l’unione tra i vari corrieri annulla totalmente una difficoltà già assente di suo, mentre la presenza di numerosi escamotage per oltrepassare le varie difficoltà del cammino, rischiano di spezzare il ritmo perfetto del gioco. Il comparto sonoro è ai limiti della perfezione ma il ritmo della storia è troppo altalenante, non permettendo spesso l’immedesimazione nel protagonista e nelle situazioni da lui vissute in quel momento specifico, faticando anche a stabilire un vero e proprio legame con gli altri personaggi del gioco.

Death Stranding esprime quasi al meglio il suo potenziale, riuscendo nel suo scopo e centrando il focus su cui tutto il gioco gira sin dai primi passi mossi all’interno di questo meraviglioso mondo.

In fin dei conti con i suoi pregi e i suoi difetti, riesce a tramettere un messaggio abbastanza chiaro da essere percepito ai più. Riesce grazie soprattutto alle musiche a lasciare un forte segno nella mente e nel cuore dei giocatori. Senza dubbio uno dei titoli di punta di questa generazione.

VOTO: 8

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