Ci sentiamo molto fortunati ad iniziare questa intervista parlando di un titolo del calibro di Detroit Become Human, gioco dalle forti tematiche sociali che fa della sua storia un forte pretesto narrativo per trattare temi collettivi di notevole importanza. Alessandro Capra, doppiatore di professione di molti personaggi di serie tv, film e videogiochi, veste proprio i panni di Connor, protagonista dell’ultima fatica della Quantic Dream. Ricordiamo anche qualche altra sua interpretazione, come Edward Kenway in Assassin’s Creed IV: Black Flag, Conrad in Man of Medan, Lucas Baker in Rsident Evil VII.
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Indice
Cosa ti ha spinto ad entrare nel mondo del doppiaggio?
Alla fine di tutto mi sono spinto io, dopo una serie di scelte, coincidenze ed errori
che ho fatto nella vita, mi sono trovato in una sala di doppiaggio e ho detto: “io qui sto bene, sono felice, ci voglio stare”. Il mio percorso è stato un po’ strano, decisamente non canonico: ho studiato cinema, ho suonato e cantato per molti anni; purtroppo le ambizioni recitative nel paesino da cui provengo erano viste come svirgolate, fantasie, sogni inaccessibili, per cui sfortunatamente ho dovuto aspettare un po’ per buttarmici con tutto me stesso e, quando è arrivata l’occasione, però mi sono fatto avanti. Ho sempre visto il doppiaggio come un Olimpo, un mestiere che non è per tutti, per cui ho detto: “io ci provo metto già in considerazione il fatto che magari mi diranno vattene a casa, non tornare più, non sei all’altezza”. Invece sono ancora qui.
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Sei particolarmente legato ai tuoi personaggi? Che tipo di rapporto hai avuto con il personaggio di Connor? Raccontaci la tua esperienza.
Mi lego molto ai personaggi che faccio, ma non a tutti, perché ci sono alcuni personaggi che non hanno una grande psicologia, oppure quando capita magari un personaggio che dura ore di registrazione, ma effettivamente l’unica cosa che fa è dare istruzione via radio al giocatore; ti puoi legare ma non succede spesso. Lo stesso discorso vale con personaggi che hanno una psicologia un po’ troppo lontana dalla tua, forse anche un po’ troppo banale, per cui non si ha il tempo necessario per entrarci in sintonia e questo è un peccato, però la maggior parte dei personaggi te li porti dietro. Connor sicuramente è un personaggio a cui sono molto legato per diversi aspetti: innanzitutto secondo me tra i vari personaggi del gioco è quello che vive maggiormente e con più difficoltà il passaggio verso la devianza, è un po’ quello che soffre di più questa “malattia” questo passaggio di stato (lui arriva da una situazione molto rigida) da un comportamento predefinito con una disciplina glaciale, ad arrivare lentamente all’umanità; riflette molto su come vivo alcune esperienze io. Ho una specie di muro, Io sono un po’ un orso, però quando si rompe quel piccolo muretto, mi sento libero di esprimere, di essere me stesso e questa cosa è interessante averla trovata anche in questo videogioco.
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Qual è stato il personaggio più difficile da doppiare? E a quale sei più affezionato?
Non ho queste classifiche o queste scalette, sulla difficoltà, sicuramente, se si ha un buon direttore e un buon adattamento, qualsiasi personaggio difficile diventa un po’ una scoperta, un dialogo, un percorso molto bello da fare insieme. Sul lato dell’affezionarsi ai personaggi, chiaramente ci si appassiona a quelli con cui condividi diversi momenti della tua vita, magari quando vivi più stagioni di una storia con lo stesso personaggio. Per esempio, ho avuto la fortuna di fare diversi protagonisti che hanno avuto una lunga durata a livello di stagioni: come i Thunderman con Max Thunderman, oppure Tony di Tredici che, per quanto taciturno, è un personaggio molto carino, Bumblebee della serie animata dei Transformers: Robots in Disguise; tutti personaggi che turno dopo turno entrano nella tua routine. Un altro personaggio sicuramente a cui sono legato perché è stato il primo grande che ho fatto nei videogiochi è Edward Kenway di Assassin’s Creed, ricordo un’intera estate in cui abbiamo avuto tempo di legarci, a livello di classifica non me la sento di dire a lui più di tutti, questo meno di tutti questo perché tutti quanti mi hanno trasmesso qualcosa nel bene o nel male.
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Raccontaci qualche aneddoto sulla tua vita da doppiatore e sul lavoro svolto per Detroit Become Human.
Più che un aneddoto, qua andiamo sul gossip ed è molto particolare come episodio: ho scoperto che l’attore che ha dato il volto a Connor in Detroit si è poi sposato con un’altra attrice che ha dato un volto un personaggio di Detroit, ora non ricordo bene, ma penso si chiamasse Tracy, una delle spogliarelliste del gioco. In conclusione, questi due si sono sposati nella vita reale ed è successa la stessa cosa a me, infatti, mi sono sposato con la doppiatrice di questo personaggio, ossia di questa Tracy. Sul lato di descrivere un po’ l’esperienza di lavoro, in particolare su Detroit, non posso dire tanto perché è tutto molto segreto, difatti i videogiochi da sempre hanno diverse discipline di segretezza da rispettare e quindi purtroppo non posso approfondire questo aspetto.
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Quali sono i tuoi progetti futuri in ambito videoludico? Puoi anticiparci qualcosa?
Capita a fagiolo questa domanda, perché qualche settimana fa è uscito un videogioco a cui ho preso parte come doppiatore, è un gioco molto carino, ma ho letto dei commenti sul doppiaggio che sono veramente cattivi. Il giudizio è sovrano, ognuno è libero di dire quello che vuole, ma ho visto alcune sequenze e ci sono un paio di personaggi su una decina che meritano qualche rimprovero, però gli altri sono accettabili, a tratti sono stati doppiati anche bene e questo fatto di dire che i doppiatori non sono una m****, il doppiaggio fa schifo, a volte è un po’ eccessivo. Questo anche perché molti videogiochi vengono praticamente fatti a nero, in pratica non hai il video davanti, non sai nemmeno bene il contesto in cui sta avvenendo il dialogo tra i personaggi, la scena, lo sviluppo e quindi dovrebbero tutti limitarsi un attimino a sparare subito col calibro grosso.
Classe 93, dall'animo nerd, da sempre appassionato del mondo videoludico. Alcune leggende sostengono sia nato con un controller in mano. Negli anni scopre di avere una particolare predisposizione per le interviste. Odia più di ogni altra cosa la console war.