La Global Game Jam di Torino ci ha regalato, oltre a un’esperienza di comunità divertentissima e intensa, molti piccoli ma interessantissimi videogiochi. Questi, realizzati nelle 48 ore dell’evento e tutti incentrati sul tema delle radici (roots), hanno permesso ai team coinvolti di dare libero sfogo alla loro creatività.
Dalle radici storiche a quelle delle piante, fino a storie di famiglie e riferimenti al mondo informatico. Ecco alcuni titoli che abbiamo potuto provare e scoprire nel corso del weekend torinese.
Questo articolo è stato scritto da Damiano D’Agostino e Simone Barbieri
Indice
Deliveroot
In questo prototipo, il team ha pensato di declinare il tema roots unendolo assieme al brand Deliveroo, famoso servizio di delivery. I giocatori dovranno consegnare il cibo tracciando un percorso con la radice protagonista del gioco, in una struttura puzzle game completa. Esattamente come in Snake, però, non possono ripassare o incrociare il proprio precedente tracciato. Nel corso dei livelli le radici da gestire aumentano, e le consegne si fanno un po’ più complesse.
All’inizio del loro brainstorming, ci raccontano, avevano pensato “ad un puzzle game alla Angry Birds, in cui la radice deve farsi strada tra gli elementi urbani per consegnare una pizza”. “Tuttavia, nel momento di doverlo espandere, abbiamo avuto dei dubbi a visualizzarlo in concreto. Perciò ci è venuto in mente di mantenere il concept, ma di trasformarlo utilizzando delle meccaniche che lo rendessero più godibile e soprattutto divertente nel gameplay effettivo”.
Ispirati da giochi come Pipe Mania e supportato da uno stile che fa dell’assurdità il cardine dell’esperienza, il team ha realizzato un prototipo tra i più completi presentato nelle 48 ore di Jam e ha già cominciato a sistemarlo. Deliveroot ha già una sua pagina Itch.io ed è stata, ci racconta il team composto da Irene “Amaryllis” Cancellara, Ettore Palma e Fabio Mellone, una “grande opportunità per vedere come lavoriamo insieme e siamo soddisfatti del risultato. Per il futuro, chissà”.
Eliza Goes Home
La protagonista Eliza ha lavorato troppo ed è rimasta chiusa in ufficio. I giocatori dovranno aiutarla a scappare, comunicando attraverso comandi testuali ed interagendo, quindi, come una voce nella sua testa.
Un concept curioso, con un gameplay testuale ben congeniato e con tante possibilità di interazione. A volte non è esattamente chiaro quali parole richieda il parser, ovvero (per semplificare) la sintassi delle frasi con cui effettuare le azioni, ma gli enigmi sono comunque risolvibili curiosando negli ambienti, restituiti con visuale a 3/4. Anche questo è un prototipo curioso e abbastanza completo, e potrebbe essere tranquillamente ampliato in futuro. Lo stile visivo colorato esibisce una pixel art molto curata e gradevole.
Mandragola II
Altro titolo che ha catalizzato la nostra attenzione per qualche minuto è stato Mandragola II, sequel fittizio di un inesistente Mandragola I per Atari, opera di due membri di Fritto Misto (Francesco Laddomada e Nicola Pedroni), piccola realtà di sviluppo, coadiuvati da Marco Carega e Marco Rizzi (chiamati anche i “due Marco”) che hanno messo la propria esperienza nel progetto.
In questo caso, il gioco nasce nella forma di un multiplayer locale da 2 a 4 giocatori. In un campo di carote, i gamer rivestono il ruolo alternativamente di alcune radici di mandragola oppure dei contadini che devono estrarre dal terreno le carote. La sfida dunque è, per chi ha il ruolo di contadino, cogliere tutti gli ortaggi senza beccare la mandragola. Per chi invece impersona la mandragola, è quello di farsi beccare e così vincere la partita.
“Il gioco è tutto una scusa per far scattare l’animazione della mandragola che viene presa” questo è quello che ci racconta Nicola, appena prima di spiegarci il perché. C’è infatti un motivo per il quale, durante la Game Jam, il loro gruppo ha preso il nome di Scream Team. Questo motivo è che, per registrare l’urlo della mandragola, hanno deciso di aspettare la notte fonda e di piazzarsi fra le vie attorno agli edifici dell’evento. Con non poche reazioni da parte degli abitanti attorno, è sicuramente diventato un momento iconico della Jam di quest’anno.
In merito al tema scelto, poi, rispetto ad altre realtà che hanno optato per tematiche sociali o comunque più profonde, Scream Team ci dice che “la maggior parte dei giochi richiedeva uno storytelling che non ci sentivamo di affrontare in due giorni”. Questa scelta è dovuta al voler rispettare tematiche importanti e non dover rischiare di comprimerle o non affrontarle adeguatamente. Mandragora II è già disponibile su Itch.io.
Journey to the Root
Qui siamo davanti a un’altra curiosa declinazione del tema della Global Game Jam. In questo caso, roots viene interpretato come il root del file system nel linguaggio informatico. In Journey to the Root, la volpe protagonista intraprende quindi un viaggio, con grafica in 2.5D e visuale a scorrimento laterale, per arrivare all’inizio del file system del nostro computer.
Il gioco è “meta”, ovvero i puzzle si risolvono con i giocatori che devono esplorare, rinominare e cancellare i propri file di sistema per poter continuare con il viaggio. Un prototipo interessante e che ha tante potenzialità di narrazione e design.
The Archivist
Fra le scelte di qualche team della Turin Game Jam, c’è stato anche chi ha provato a cimentarsi con prodotti decisamente vasti, come nel caso della visual novel investigativa The Archivist.
Come ci spiegano la sceneggiatrice Ivana Murianni e il programmatore Marco Riggio di Llamadrama (Spitting Llamaa momento dell’evento), questo il nome del team, The Archivist è una storia di indagini, omicidi, misteri e puzzle, come nella serie del Professor Layton su Nintendo, in cui il tema delle radici viene declinato nella sua versione di albero genealogico e radici familiari. Per le nostre indagini, The Archivist consente grazie alla magia del suo mondo di tornare a ritroso nel tempo per osservare attivamente le fonti storiche.
Quando abbiamo fatto l’intervista a Llamadrama, al mattino di domenica (ultimo giorno della Jam), avevano già pronte tracce audio, dialoghi, bozze dei personaggi, puzzle. Questi sono stati creati all’interno del team stesso, che ha avuto la fortuna di poter contare su membri con background differenti e perfettamente in linea con ciò che era necessario.
“Non possiamo scrivere Dark [serie TV prodotta da Netflix, n.d.r.] in 48 ore” è stato il commento di Ivana alla domanda sul perché cimentarsi con un genere spesso prolisso e denso come quello della visual novel. Detto questo, è stata comunque una sfida accettata e, a metà Jam, lo script contava 13.000 battute, per arrivare alla conclusione con circa 20.000 battute.
Ultimo elemento interessante è il fatto che The Archivist sia stato pensato e sviluppato in inglese. Il motivo è che “noi siamo qui anche per costruire i nostri portfoli” ci spiega Ivana, e da qui l’importanza di pensare in maniera più internazionale.
Un mondo di giochi
Sarebbe bello continuare a parlare delle miriadi di esperienze che hanno composto la Turin Game Jam 2023 e la Global Game Jam, ma purtroppo il tempo e lo spazio sono tiranni. I titoli da citare ancora sarebbero tantissimi, da Creeping Feature a Roots of Evil, ma dobbiamo fermarci.
Però, se volete provare a scoprire quali opere sono nate nel corso dei due giorni di Jam, le potete trovare tutte sul sito ufficiale.