Oggi abbiamo il piacere di intervistare l’attore e doppiatore Jacopo Calatroni, voce ufficiale di Spider-Man in Marvel’s Spider-Man, gioco di punta della line-up della Playstation 4, già affrontato in un precedente articolo con Katia Sorrentino. Jacopo nasce a Pavia nel 1987. Si avvicina al mondo delle arti teatrali fin da adolescente ed esercita stabilmente la professione di doppiatore dal 2011, lavorando per serie di animazioni di punta per la Rai e per Netflix. Prima di iniziare con la prima domanda, voglio complimentarmi con tutto il team del doppiaggio italiano, in quanto questa generazione videoludica è stata contornata da prestazioni di doppiaggio non indifferenti e Marvel’s spider-Man ne è una prova.
- Come ti sei avvicinato alla professione che poi avrebbe segnato profondamente la tua carriera personale? Sei soddisfatto del tuo percorso raggiunto fino ad ora? Quali sono i tuoi obiettivi nel prossimo futuro, puoi anticiparci qualcosa?
“Ciao a tutti ragazzi di videogiochitalia, grazie mille per l’invito a quest’intervista. La mia carriera professionale si è realizzata tramite due strade che si sono incrociate: la prima è stata quella della recitazione, infatti, ho cominciato ad avvicinarmi alla recitazione per gioco, da adolescente, quando avevo 16 anni mi sono iscritto al corso di teatro del comune, scoprendo che era una cosa che mi piaceva tanto e impegnandomi e cercando di migliorare mi sono unito un paio di anni dopo a due compagnie con cui facevo delle piccole tournée nel Pavese. Avevo cominciato questa strada senza essere particolarmente convinto, poi ho capito che poteva essere un modo di esprimermi e ho cercato di affinare un po’ le tecniche teatrali in modo da non poterne fare forse il lavoro della mia vita, ma sicuramente un hobby divertente e magari anche un lavoro vagamente remunerativo, collaterale a quello che avrei avuto in futuro. Al doppiaggio sono arrivato perché in quegli anni cominciavano a nascere i primi forum di quello che adesso è un fenomeno diffusissimo che è il fandub, difatti, una mia amica mi invitò a fare una piccola clip proprio tratta da un videogame e scoprii che poteva essere un modo di mettere a frutto la mia recitazione. Mi resi conto in poco tempo dei limiti del fandub perché, producendo doppiaggi solo per non professionisti che ti danno dei feedback da appassionati, ma senza specifiche tecniche, finisci per prendere dei vizi ed intraprendere strade recitative che non sono quelle che puoi trasformare in una professione vera e propria: non sono queste le competenze che ti servono per farlo al leggio, con un direttore o un fonico. Diciamo che, una volta capiti limiti, le strade erano due: continuare a farlo come hobby, oppure, visto che nel frattempo mi ero trasferito a Milano per l’università, provare a capire com’era il lavoro vero. Cominciando ad assistere in sala, mi sono innamorato di questo mondo e di questa modalità di portare al pubblico delle emozioni. Sono soddisfatto della mia carriera fino ad oggi perché ho avuto la fortuna di poter fare questo lavoro come unica attività per mantenermi, infatti ora come ora vivo solo di questo, ossia solo di recitazione, che è un po’ un sogno divenuto realtà”.
- Quali sono i motivi che ti hanno spinto a raccontarti al pubblico con il doppiaggio? Potresti riportarci quanti sacrifici ci sono voluti prima di raggiungere questo livello di preparazione? Che consiglio daresti a futuri e aspiranti doppiatori?
“Per quanto riguarda i motivi per cui ho deciso di affinarmi in questo campo specifico della recitazione: sicuramente la voce è sempre stata il mio metodo preferito di raccontare storie e trasportare le emozioni al pubblico. Questo perché sono sempre stato un ragazzo piuttosto goffo, scoordinato, quindi per quanto mi piacesse recitare sul palco e per quanto mi piaccia recitare in video, ogni tanto lo faccio ancora, partecipando a diversi progetti indie, però la mia carta vincente è sempre stata la voce perché riesco a controllarla meglio. Ci sono voluti molti sacrifici all’inizio, ho sempre cercato di tenermi un piano B, per questo motivo mi sono laureato in scienze dell’educazione, e i primi anni, quando non potevo mantenermi di solo doppiaggio, lavoravo a scuola come educatore, lavoravo nei centri di aggregazione giovanile, quindi ho fatto tutta una serie di altre esperienze che non erano sempre compatibili con il doppiaggio. Trovare un equilibrio tra questi due mondi non è sempre stato facile, perché anche solo da un punto di vista di orari dovevo coordinarmi per riuscire a correre ad assistere a un turno o a fare un provino in una pausa tra un lavoro e l’altro. I miei impegni lavorativi come doppiatore cozzavano un po’ con anche la mia capacità di concentrazione come educatore, perché è un lavoro che ti richiede tanto anche da un punto di vista emotivo. In conclusione, era molto difficile riuscire a fare entrambe le cose al massimo. Ci sono voluti anni di sbattimenti in cui finivo l’università, in cui scrivevo la tesi, in cui lavoravo a tempo pieno e in cui cercavo di ritagliarmi degli spazi per riuscire anche a recitare. Quello che posso suggerire a chi si affaccia a questo mondo, ora come ora, è di non sottovalutate la recitazione, perché ci sono un sacco di corsi che sminuiscono i prerequisiti che sono anche semplicemente essere un attore, perché quello che vai a fare in sala non è solo parlare, non è leggere un copione, ma è recitare ed è una cosa difficilissima: devi provare a convogliare le emozioni, provando a ripetere nella tua lingua quello che un’altra persona ha fatto in lingua originale. Non sono cose che una persona completamente impreparata dal punto di vista della recitazione può fare”.
- Parlaci un po’ della tua vita da videogiocatore, quali sono stati i momenti più belli e indimenticabili? Com’è stato essere la voce di Spider-man in Marvel’s Spider-man?
“Io sono un super fan del single player, non sono assolutamente da competitive o cooperative online, perché detesto quella sensazione in quanto preferisco i videogiochi con una forte componente narrativa. Mi piacciono tanto i GDR, mi piacciono tantissimo alcune avventure grafiche punta e clicca, videogiochi narrativi come Detroit Become Human, Heavy Rain, i titoli della Telltale Games. Apprezzo molto la componente delle storie da raccontare tramite videogiochi, poiché i giochi hanno delle potenzialità che i film non possiedono, dato che non hanno così tanti criteri di durata e di universalità, perché magari al cinema non puoi permetterti di mostrare determinate cose secondo a chi è rivolto il film, mentre nei videogiochi hai molta più libertà, soprattutto da un punto di vista delle ore, difatti una storia può essere raccontata per molto più tempo senza frammentarietà, questo è un aspetto dei videogiochi che da un punto di vista narrativo mi piace tantissimo. Sono molto appassionato della saga di Kingdom Hearts, amo particolarmente la saga di Arkham dei vari titoli di Batman, che mi hanno tenuto incollato alla PlayStation per ore. Un genere che ultimamente si sta diffondendo tra i videogiochi sono quelli con una forte componente narrativa e questo è un aspetto molto positivo anche lavorativamente parlando, dato che ti porta a recitare molto di più nei videogiochi rispetto a una volta. Questa stessa attenzione alla narrazione e alla possibilità di raccontare una storia per più ore rispetto ai film è anche il lato che ho preferito di interpretare Spider-Man in Marvel Spider-Man, questo perché è il mio personaggio preferito in assoluto, probabilmente di tutta la cultura Pop, forse addirittura della letteratura, nel senso che mi ha accompagnato in tantissimi momenti della mia vita. Il fatto di avergli prestato la voce e di averlo interpretato in un prodotto videoludico, per me, è un lato positivo poiché, rispetto a un film, il gioco è stato molto più lungo e mi ha permesso di vestire i panni del personaggio per molto più tempo. È stato un lavoro quasi sfibrante giacché ho fatto davvero tante ore in sala d’incisione, in quanto Spider-Man non sta mai zitto, continua a sparare battute anche nelle scene drammatiche. In conclusione, è stata un’opportunità fantastica, soprattutto perché mi ha permesso di vivere una storia molto più lunga rispetto a tante altre occasioni che ho avuto sia nei videogiochi che nei film”.
- Ti ringraziamo per la disponibilità, ma prima di andare vorremmo sapere qualche aneddoto curioso sulla tua vita da doppiatore e anche da videogiocatore.
“Per quanto riguarda gli aneddoti curiosi da doppiatore e videogiocatore, devo dire che la roba più buffa accade quando i due mondi si incontrano; nel senso che, un conto è fare il protagonista di un’opera videoludica dal momento che ti godi la storia perché interpreti il personaggio principale ed è una figata, la roba invece negativa è quando magari fai per lavoro delle parti più piccole e ti chiamano per fare un videogioco che aspetti da tantissimo. Per esempio: nello spin-off di Uncharted mi hanno chiamato per fare dei soldati e avevo delle battute anche sulle cinematic di gioco, quindi avevo il terrore di spoilerarmi degli avvenimenti di trama. Ovviamente è lavoro, per cui lo faccio molto volentieri, però sono sempre lì a pensare che per fare questa battuta in un filmato di gioco magari vengo a scoprire un dettaglio che mi rovina completamente l’esperienza da videogiocatore”.
Classe 93, dall'animo nerd, da sempre appassionato del mondo videoludico. Alcune leggende sostengono sia nato con un controller in mano. Negli anni scopre di avere una particolare predisposizione per le interviste. Odia più di ogni altra cosa la console war.