HEAVY RAIN: LA RECENSIONE

Informazioni sul gioco

Il 24 Febbraio 2010, esattamente dieci anni fa, nacque una delle creature più profonde di David Cage, celebrando l’anniversario della sua comparsa in Europa. Heavy Rain, gioco d’avventura grafica, è una delle perle più significative di Quantic Dream, azienda francese che diede vita ad una storia estremamente intensa e drammatica. La console di appartenenza fu la PS3, per poi approdare su PS4 con la Remastered e ora perfino su PC, attraverso lo store di Epic Games.

Ne approfittiamo per fare questo tuffo nel passato, premettendo l’assenza di eventuali dettagli, affinché possiate vivere l’esperienza videoludica senza alcun tipo di spoiler.

Sotto la pioggia eravamo tutti più vicini,

adesso ognuno ha la sua ombra.

Citazione tratta da Eero Suvilehto.

LA STORIA E IL KILLER DELL’ORIGAMI

Lo scenario di Heavy Rain si aprirà piacevolmente su una famiglia come le altre, permettendoci di esplorarne le abitudini in cui, senza percepirne distanza emotiva, potremo perfettamente rispecchiarci.

Ethan Mars, il protagonista, vive in una confortevole casa assieme alla moglie Grace e i due figli, Shaun e Jason, il quale festeggerà il suo decimo compleanno. Il giocatore potrà godere di un’atmosfera rilassante e quotidiana in questo primo capitolo; le cose tuttavia cambieranno radicalmente, mozzando il fiato senza lasciare scampo: il piccolo Jason morirà dopo un incidente e, successivamente, anche Shaun sparirà nel nulla senza lasciare traccia. Se, nel primo caso, si è trattato di uno spiacevole evento causato dalla disattenzione del padre, nel secondo andiamo incontro a ciò che è a tutti gli effetti la trama del gioco. Sei bambini, tutti con lo stesso modus operandi, sono stati rapiti e uccisi da un assassino seriale: Shaun, purtroppo, sarà il suo prossimo bersaglio.

Si parla, quindi, di una corsa contro il tempo e di un padre disperato, disposto a commettere qualsiasi follia pur di ritrovare suo figlio e salvarlo.

Cosa spinge una persona a creare appositamente un origami di carta da poggiare sulla mano del cadavere, creando un rapporto contrastante tra spietata crudeltà e dolcezza mista a pentimento?

Il killer dell’origami è una persona estremamente criptica, il cui obiettivo sono esclusivamente bambini di età compresa tra i 9 e i 13 anni. La mappatura degli omicidi è particolarmente ampia, rendendone difficile la localizzazione precisa; i cadaveri, tuttavia, sono sempre stati ritrovati in prossimità di ferrovie dopo 3-5 giorni dal rapimento, accomunati da una pioggia fitta e pesante. Shaun Mars sarà vittima di questa follia, ascoltando ogni singolo ticchettio macabro dall’orologio ancora puro e innocente della sua vita; Ethan, il padre, cercherà disperatamente di salvarlo, mettendo in pericolo la sua stessa vita e commettendo follie che spetteranno esclusivamente al giocatore, trasmettendogli sensazioni estremamente realistiche. La lotta contro il tempo sarà affiancata da altri protagonisti, da cui la storia si snoderà in mille sfaccettature dalla sfumatura diversa e vitale.

Madison Paige è una giornalista che, soffrendo continuamente di insonnia, riesce a placare i suoi tormenti trascorrendo le notti in un Motel, in cui incontrerà per puro caso Ethan. Si tratta di un personaggio che, nonostante le sue debolezze, non ha paura di niente e nessuno, avendo la forza di indagare completamente da sola in un caso in cui rischia la sua vita, oltre che la carriera. Potrebbe essere definito come uno dei personaggi più emblematici, in quanto non è mai stato spiegato il motivo della sua insonnia né la sua identità al 100%: sappiamo che ha 27 anni, è una giornalista ed è cresciuta con tanti fratelli, nient’altro.

Norman Jayden è un criminologo dell’FBI, il quale indagherà in modo ufficiale sul killer dell’Origami, aiutato da una tecnologia insolita che ci ricorda vagamente Matrix. L’ARI è un dispositivo che permette, attraverso un paio di occhiali e un guanto, di indagare sull’ambiente circostante, trovandone le prove, analizzandole e potendo perfino usufruire di un geolocalizzatore. Non saranno pochi i momenti, tuttavia, in cui egli avrà dei veri e propri malori causati dalla dipendenza da questa tecnologia e dalla Triptocaina, un farmaco fittizio di cui non conosciamo i dettagli, capace di recare rimedio ai suoi malori improvvisi e violenti. L’interazione con le prove da analizzare ricorderà molto facilmente Connor, col quale dovremo indagare sulle scene del crimine e/o interrogare i sospettati, uno dei tanti motivi per cui questo gioco rappresenta un pilastro vitale e d’ispirazione per Detroit: Become Human. Anche la sua identità è particolarmente emblematica: del suo passato non si conosce alcun dettaglio, sappiamo solo che il suo unico obiettivo è salvare Shaun Mars e trovare il killer.

Scott Shelby, 44 anni, è un investigatore privato ed ex poliziotto assunto dalle famiglie delle vittime; è in questo modo che incontrerà Lauren Winter, madre di una delle vittime e partner nell’indagine. Durante il corso degli eventi avremo modo di notare che egli soffre di attacchi di asma, che necessiteranno assolutamente di soluzioni immediate. Esattamente come per gli altri tre protagonisti, il suo obiettivo è trovare qualsiasi prova che possa condurlo al killer, entrando in contatto con diverse persone e rischiando la propria vita in diverse situazioni.

Si può notare quindi che ogni protagonista di Heavy Rain ha le proprie debolezze da affrontare: c’è chi dipende dalle notti in Motel, chi è costretto ad usufruire di un farmaco potenzialmente letale, e chi non può vivere senza avere con sé un inalatore d’emergenza. Il protagonista che, però, avrà problemi più impattanti sarà proprio Ethan Mars, il quale sperimenterà dei veri e propri blackout, conseguenti ad attacchi di panico in situazioni che gli ricorderanno la morte di Jason, il primo figlio.

Egli si troverà in seria difficoltà nei luoghi affollati, sentendo il cuore esplodergli in petto, le gambe perdere forza e soprattutto… la voce del piccolo Jason, che chiama il padre col suo palloncino stretto in mano, nella speranza di essere trovato. La pioggia regna sovrana, diventando onnipresente e rendendo lo scenario a tratti claustrofobico: situazione ideale per un killer che fa del maltempo il suo elemento scenografico preferito.

UNA REALTÀ ESTREMAMENTE TANGIBILE

Diversi aspetti di questa trama possono essere definiti tutt’altro che creazioni della fantasia umana: Heavy Rain sostiene il filo invisibile e doloroso che ci collega direttamente alla vita reale, trasmettendoci sensazioni soffocanti e inspiegabili. Nel nostro mondo, colmo di innumerevoli sfumature, è presente quella più macabra, ingiusta e spietata: il rapimento e l’uccisione di bambini, portati via dalle mani sbagliate e privandoli dell’amore e calore di una famiglia. Un mondo puro, in cui regna ancora l’innocenza primordiale, macchiato dalla follia umana; un padre destinato a perdere due figli, di cui uno costretto ad essere preda di tormenti, terrore, confusione.

“Cosa ho fatto per essere qui? Dov’è papà?”

David Cage non ha paura di mostrarci la mera realtà, quella più oscura, deleteria, che molti fanno finta di non vedere; questo gioco metterà alla prova noi stessi, il nostro istinto, facendoci sentire davvero nei panni di un padre che cerca disperatamente suo figlio. Un altro aspetto estremamente realistico, oltre all’insonnia di Madison e l’asma di Scott, è la dipendenza dalla Triptocaina: un farmaco prevalentemente placebo che può recare sollievo a violenti malori, ma che contemporaneamente può rivelarsi fatale. Quante persone hanno realmente dipendenze da droghe, farmaci, o qualsiasi attività che possa rivelarsi totalmente controproducente? Perfino qui Quantic Dream ci permetterà di riflettere e scegliere cosa fare: lasciarsi terrorizzare dal malore e ricorrere a una misteriosa droga che ci destabilizza ogni giorno, o cercare di affrontare i nostri demoni?

Il killer dell’Origami testerà l’amore di un padre attraverso proposte folli, disumane, a tratti macabre e inquietanti: tutto ciò può definirsi un parallelismo col film storico di James Wan “Saw l’enigmista”, in cui un folle assassino obbliga le sue vittime a partecipare a prove (in questo caso giochi) puramente sadiche, cruente, dettate da una mente malata che sfrutta le persone a proprio piacimento, come se fossero burattini su un palcoscenico. Ethan, in questo caso, potrà scegliere se commettere queste follie pur di trovare suo figlio: ciò lo condurrà, tuttavia, verso la criminalità e l’illegalità, rischiando anche di sacrificare se stesso. L’assassino sembra quasi voler trascinare con sé i familiari, come se mostrare di amare qualcuno significasse diventare malvagi; la mente umana è in grado di farci avere una visione della realtà completamente distorta, rendendoci accecati, manipolandoci, senza riuscire a distinguere il bene dal male.

In Heavy Rain non esiste una singola prova che sia effettivamente giusta: Ethan rischierà sempre di morire nel modo più ingiusto, come se il killer, con i popcorn in mano, stesse guardando un semplice film; l’ansia, la frustrazione, la rabbia, cominceranno a pervadere Ethan e il giocatore non avrà un minuto di tregua, col costante dubbio di cosa possa accadere nello svolgimento della storia. Prove che testano l’amore di un padre, come se ci trovassimo di fronte una persona che vanta tutto il diritto di poter inscenare una situazione simile, dunque ci poniamo una delle domande più importanti: quali sono le motivazioni che hanno portato questa persona, sicuramente folle e sadica, a premeditare dei rapimenti così ben pensati? La scelta spetterà esclusivamente a noi, percorrendo una strada alternativa o prendendo le redini in mano rischiando la propria vita e fedina penale: in alcuni capitoli, tuttavia, saremo costretti ad accettare alcune scelte senza poterci rifiutare. Ogni sfida completata ci permetterà di sbloccare progressivamente l’indirizzo in cui si trova il piccolo Shaun: una vera e propria agonia.

DUBBI, SOSPETTI E…INNUMEREVOLI RISVOLTI

La trama di Heavy Rain è stata scritta in modo da farci sospettare di chiunque: ogni personaggio ha almeno un motivo valido per essere considerato il killer dell’Origami, tenendoci sulle spine fino all’ultimo capitolo, in cui finalmente ne scopriremo l’identità. Ogni dubbio nasce analizzando l’atteggiamento di ogni individuo e, tra l’altro, non sarà neanche difficile sospettare di Ethan Mars, a causa dei suoi misteriosi blackout e degli atteggiamenti particolarmente criptici. Probabilmente è stato proprio questo il motivo per cui Cage decise di non descrivere la vita precedente dei personaggi, anzi, possiamo ipotizzare due motivazioni: la prima è che la software house avesse voluto appositamente nascondere queste informazioni, affinché potessimo sospettare di tutti e nessuno garantendone l’effetto sorpresa; la seconda è che, se avessimo conosciuto i dettagli precedenti, avremmo inevitabilmente scoperto l’identità dell’assassino nei primi capitoli.

Esattamente come in Detroit: Become Human, potremo plasmare la storia in qualcosa di unico ed estremamente personale, affidandoci esclusivamente all’istinto dettato dalle nostre emozioni; ogni protagonista potrà avere il suo destino, articolandolo in mille modi diversi grazie alle innumerevoli scelte che sfociano in percorsi unici. A differenza dell’ultimo titolo firmato Quantic Dream, Heavy Rain vanta ben 17 finali (di cui uno aggiuntivo prevalentemente inutile per l’ottenimento del trofeo): anche la scelta più banale potrà mutarsi in un conseguente sconvolgimento narrativo. Seguire le proprie emozioni senza rifletterci troppo, specialmente nella prima run, sarà indispensabile per rendere l’esperienza di gioco maggiormente immersiva; potremo, successivamente, selezionare qualsiasi capitolo preferiamo, in modo da rivivere scelte diverse.

I finali coinvolgono qualsiasi personaggio rendendo stimolante la selezione di più capitoli, in modo da indagare sui vari “se” e “ma” che imperversano la nostra mente e che sicuramente gratificheranno gran parte delle decisioni prese: non si tratta quindi di finali pre-stabiliti come in Detroit, Beyond o titoli come Life is Strange. Questa è, quindi, una caratteristica che ha conquistato il cuore di molti giocatori e che rappresenta uno dei pilastri di Heavy Rain; immaginate di percorrere una storia colma di diramazioni, sfociando in un labirinto di sensazioni e scelte complicate, per poi atterrare in prossimità di un semplicissimo bivio poco qualitativo: sarebbe altamente frustrante dopo così tante emozioni.

“Riusciremo a dimenticare cos’è accaduto. Condurremo una vita normale, e un giorno tutto sembrerà soltanto un brutto sogno.”

PLOT HOLE E CONTESTI FAMILIARI

Sebbene si tratti di una storia ben pensata e per nulla scontata, è stato inevitabile notare dei buchi di trama che ci hanno lasciati particolarmente perplessi; avendo promesso l’assenza di eventuali spoiler cercheremo di parlarne in modo distaccato e generico, in quanto crediamo sia un dettaglio fondamentale da conoscere, seppur non troppo impattante. All’interno del gioco sarà possibile, ad un certo punto, far interagire Madison con un uomo che improvvisamente sembra conoscere: in realtà, nei capitoli precedenti, non c’è mai stato neanche un singolo spunto che ci permettesse di sapere dell’esistenza di questa persona. Sorge quindi una domanda: è un dettaglio volutamente nascosto o un buco di trama improvvisamente sorto per andare avanti con la storia e, quindi, procedere verso il finale? Stesso discorso vale per la morte del proprietario di un negozio, ucciso in pochissimi secondi nelle vicinanze di un cliente: com’è possibile che quest’ultimo non abbia sentito nulla?

Ciò che più ci fa restare di stucco è l’intenzione iniziale della storia, la quale sembra intraprendere un percorso ben preciso per poi cambiare improvvisamente, quasi come se il produttore avesse deciso all’ultimo momento di sconvolgere il racconto. Vi spieghiamo meglio: inizialmente sembrano esserci tutti i presupposti per elementi di natura soprannaturale, esattamente come in Beyond Two Souls. Si parla di avvenimenti fuori dalla norma, presenti e particolarmente rilevanti, ma mai spiegati; è proprio grazie ad essi che avremo molti sospetti su determinate persone, tra l’altro validissimi se andassimo ad ipotizzare un disturbo di personalità. Lo stesso ragionamento può essere fatto per la tecnologia ARI di cui usufruisce Norman: ruota sempre un velo di mistero attorno ad essa, ma non ne viene mai raccontata l’origine né i rischi che comporta. Concediamo il beneficio del dubbio a Quantic Dream, che probabilmente avrà voluto farci vivere questa storia dal punto di vista puramente interpretativo e non schematizzato (o almeno speriamo sia così).

Come già detto all’inizio, Heavy Rain regala diversi spunti a Detroit: Become Human: non saranno pochi i momenti in cui troveremo contesti molto familiari che ricorderanno l’ultimo titolo. La casa di Ethan e Shaun, dopo la separazione dalla moglie, somiglia perfettamente all’abitazione di Todd Williams: salvo l’arredamento, la struttura della casa è esattamente quella, il che ci ricorda un po’ un easter egg. Stesso discorso vale per la cinematica introduttiva, in cui è presente la musica principale, mostrando una panoramica della città e degli abitanti quasi identiche: Heavy Rain si concentra su una città piovosa, scura, in cui le persone sembrano pervase da una tristezza comune, accentuandone l’effetto claustrofobico con transizioni in uscita lente e ombrose. Detroit eredita la stessa impronta tecnica, seppur mostrando una città dal clima completamente diverso, con persone di ogni tipo, seppur incentrandosi maggiormente su droni e androidi, protagonisti del gioco. Le transizioni, in questo caso, sono più veloci e dirette, quasi come se il produttore avesse voluto far percepire un approccio diverso, che in qualche modo si discostasse dai titoli precedenti, regalandone modernità e smorzandone la lentezza.

ARI (Added Reality Interface)

L’ARI è una tecnologia sperimentale affidata ad alcuni agenti dell’FBI, tra cui Norman Jayden, affinché possano essere analizzate prove, localizzarle tramite un database virtuale e trovare perfino prove invisibili all’occhio umano. Essa funziona tramite un paio di occhiali scuri, ricordando prevalentemente un visore virtuale, e un guanto indossato nella mano destra: quest’ultimo permette di interagire fisicamente con l’ambiente circostante, trovando prove come il gruppo sanguigno o addirittura odori fluttuanti. Essendo un dispositivo in fase di sperimentazione, non sono esclusi effetti collaterali particolarmente impattanti; Norman soffre di dipendenza da questa realtà virtuale, sfruttandola perfino per attività ludiche.

L’abuso dell’ARI, non ancora collaudato, può recare gravi effetti sulla psiche e sul corpo, non a caso dopo tempi prolungati di utilizzo l’agente comincerà a sanguinare dal naso, se non addirittura dagli occhi. Ogni prova viene registrata direttamente nel dispositivo, potendo accedere a diversi desktop che ci permetteranno di analizzare ogni singolo dato; sarà addirittura possibile cambiare l’interfaccia grafica che ci circonda, in modo da rendere lo studio più rilassante o immersivo. Si può notare, quindi, come una tecnologia possa rivelarsi utile e fatale al tempo stesso, trasformando uno strumento di indagine in un mondo parallelo che si confonde con la realtà, infiltrandosi abuso dopo abuso.

È proprio a causa della dipendenza dall’ARI che ne nasce un’altra, ugualmente deleteria: la Triptocaina. Una dipendenza che cura momentaneamente gli effetti di un’altra ossessione, nulla di più letale per l’agente Jayden, il quale si troverà in una Roulette russa schiavo della sua stessa mente, incapace di distinguere la realtà dalla tecnologia. Abbiamo potuto constatarne gli effetti esclusivamente durante il gioco, come al solito non conosciamo alcun dettaglio aggiuntivo; spetterà a noi, tuttavia, decidere come reagire a questo groviglio.

GAMEPLAY E CONFRONTO CON LA VERSIONE ORIGINALE DI HEAVY RAIN

Heavy Rain è prevalentemente basato sulla narrazione, lasciandoci costantemente interagire tramite QTE (Quick Time Events) e ascoltando i pensieri dei protagonisti, che si riveleranno utilissimi nel procedimento con la trama. Un dettaglio molto particolare è la percezione visiva del loro stato d’animo che, insieme alle azioni, tenderà ad essere instabile in situazioni particolarmente intense, tremando sullo schermo e riducendo nettamente il tempo di risposta. Come già spiegato nella recensione di Detroit: Become Human, i QTE sono basati sull’interazione con specifici tasti richiesti al momento giusto e in un lasso di tempo particolarmente breve, soprattutto nei combattimenti; premere il tasto corretto o errato determinerà conseguenze sconvolgenti per la trama, perfino un minimo errore può cambiare qualcosa, che si tratti di discorsi, azioni o addirittura morti. Oltre ai QTE basilari, sarà possibile interagire con l’inclinazione del controller, dalla quale –a mio parere- ho riscontrato alcuni bug particolarmente ostacolanti: l’inclinazione verso sinistra sembra funzionare normalmente, mentre quella verso destra sembra non essere affatto rilevata, portando a ripetere lo stesso movimento più volte e rischiando facilmente di sbagliare. Si tratta sicuramente di un difetto poco impattante nella trama, ma vi darà non pochi problemi nell’ottenimento di un particolare trofeo.

Un’altra particolarità è il controllo del movimento: non basterà utilizzare soltanto l’analogico sinistro, bensì il personaggio camminerà premendo anche il tasto R2; una tattica sicuramente differente dagli altri due titoli (Beyond e Detroit) ma che impedisce di avere quei fastidiosissimi problemi con la telecamera, come possiamo ben ricordare. Il gioco potrebbe essere definito un film interattivo a tutti gli effetti, in cui è anche possibile riflettersi nei panni di un agente dell’FBI, analizzando prove proprio come con Connor, discostandoci per un attimo dalla disperazione di Ethan ma senza mai andare fuori tema. La perla di questo titolo è proprio quella di conservare l’intimità del principio narrativo: i protagonisti sono Shaun Mars e il killer dell’Origami, e da essi non ci si distacca neanche per un istante.

Potremo immergerci nella storia in modo meno competitivo scegliendo la difficoltà più facile ed evitando, quindi, possibili morti dei personaggi, o vivere maggiormente l’esperienza optando per il livello di difficoltà medio o esperto: se avete intenzione di godervi la storia senza troppe preoccupazioni vi consigliamo la difficoltà più semplice.

Il doppiaggio di Heavy Rain è disponibile in Italiano, ma potrete usufruire tranquillamente anche di quello in Inglese: spetta esclusivamente al vostro gusto personale e a quale lingua possa trasmettervi più emozioni in assoluto; avendo comprato la collection contenente anche Beyond sono stata costretta a giocarlo in lingua Inglese, senza aver potuto impostare i sottotitoli in Italiano, vi consiglio quindi di prestare particolare attenzione alla descrizione del gioco prima di procedere con l’acquisto. Cerchiamo di confrontare, tuttavia, la versione originale con la Remastered, cercandone i pregi o eventuali difetti. Possiamo sicuramente dire che, graficamente, il gioco per PS4 ha acquisito maggior freschezza e modernità. Il comparto grafico si fonda principalmente su un cambiamento di risoluzione da 720p a 1080p con un frame rate pari a 30 fps; nella versione per PC, tuttavia, non saranno pochi i cali di frame, soprattutto nelle cutscenes.

L’antialiasing e l’illuminazione migliorata sui personaggi sono impostazioni che hanno sicuramente reso l’esperienza di gioco visibilmente più piacevole, eccezione fatta per gli spazi aperti su cui Quantic Dream ha preferito non concentrarsi più di tanto, lasciando tutta l’attenzione sui personaggi principali; i movimenti sono leggermente più fluidi ma non sono state apportate enormi modifiche su di essi, trovandoci a che fare con azioni–a volte- legnose e a tratti buffe.

Il quadro musicale è spettacolare e immersivo e dall’azienda francese non potevamo aspettarci altro: gli archi e il pianoforte ci cullano in una lotta disperata contro il tempo, dettandone l’intensità man mano che riusciamo o falliamo nell’ottenere l’indirizzo del piccolo Shaun. Una musica straziante, agonizzante, lacerante, in grado di penetrare la nostra mente facendoci sentire come quel padre che ha perso il figlio, la propria creatura sola, disperata, che urla disperatamente il nome dei suoi genitori; in alcuni momenti il volume, soprattutto nelle cinematiche, sembrerà essere un po’ troppo alto, ma è un dettaglio su cui possiamo oltrepassare considerandone l’epicità emotiva. Non a caso l’ottimo lavoro di Normand Corbeil è stato premiato con un BAFTA videoludico per il miglior sonoro nel 2010.

REQUISITI TECNICI PER LA VERSIONE SU PC

Nel caso voleste provare la versione disponibile sullo store di Epic Games, vi elenchiamo i requisiti minimi e raccomandati.

Per godere appieno dell’esperienza di gioco vi consigliamo, tuttavia, di collegare un controller, ma si tratta puramente di gusti personali.

Requisiti minimi

⨯ Sistema operativo: Windows 7 o successivo (64 bit)

⨯ Processore: i5-4430 @ 3.0 GHz o equivalente

⨯ Memoria: RAM 4 GB

⨯ Grafica: Nvidia GeForce GTX 660 con 2 GB o AMD Radeon HD 7870 con 2 GB

⨯ Direct X: 11

Requisiti consigliati

⨯Sistema operativo: Windows 7 o successivo (64 bit)

⨯Processore: i5-6600K @ 3.5GHz o equivalente

⨯Memoria: RAM 8 GB

⨯Grafica: Nvidia GeForce GTX 970 con 4 GB o AMD Radeon R9 390 con 4 GB

⨯Direct X: 11

Lingue supportate

Inglese / Francese / Tedesco / Italiano / Spagnolo / Olandese / Portoghese / Svedese / Danese / Norvegese / Finlandese / Russo / Polacco / Giapponese / Coreano / Cinese tradizionale

CONCLUSIONI

Heavy Rain è un gioco per molti ma non per tutti: richiede sensibilità, apertura all’interpretazione, puro istinto ed essere disposti ad eventuali colpi di scena apparentemente infondati. Dal punto di vista narrativo ci troviamo di fronte a un titolo estremamente intenso, in grado di sconvolgerci emotivamente e di turbare la nostra sensibilità: per quanto possa trattarsi di un gioco pur sempre risalente al 2010, con i suoi difetti e le sue stranezze, riesce a centrare l’animo umano perfino dieci anni dopo la sua uscita, trasmettendo innumerevoli emozioni che plasmeranno la nostra storia personale. È il racconto di un padre che perde i suoi figli nel modo più atroce possibile, un avvenimento purtroppo ricorrente anche nella vita reale e che risveglia il nostro istinto paterno, o materno, più intrinseco.

“Cosa sei disposto a fare, quindi, per salvare chi ami?”

 

VOTO 8.5

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