David Cage al Museo del Cinema: la storia di Quantic Dream

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Informazioni sul gioco

Vi abbiamo riportato la nostra avventura al Museo del Cinema di Torino, in occasione dell’apertura della mostra permanente Video Game Zone, durante la quale abbiamo anche assistito a una masterclass incentrata sulla storia di Quantic Dream e tenuta niente meno che da David Cage, il fondatore proprio dello studio di sviluppo.

Quantic Dream, lo ricordiamo per chi non lo sapesse, è uno studio nato in Francia nel 1997 e che ha all’attivo moltissimi successi di critica e un riscontro di pubblico decisamente positivo.
Partendo dal primo titolo, Omikron: The Nomad Soul, arriviamo a videogame più recenti e certamente più noti: Heavy Rain, Beyond: Two Souls, Detroit: Become Human.

Ecco, per celebrare la Video Game Zone del Museo del Cinema, è stato incensato anche il patron di Quantic Dream. David Cage è stato infatti insignito del premio Stella della Mole 2024, che solitamente va a premiare personalità del cinema, ma che quest’anno si è allargato al mondo dei videogiochi.

Ciò in virtù delle innegabili connessioni che legano videogame e cinema e che si ritrovano anche nei loro lavori.

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E proprio per queste connessioni, David Cage è stato chiamato a parlare non solo per ritirare il premio Stella della Mole, ma anche per parlare del suo modo di lavoro e il suo approcciarsi alle varie storie che nel corso del tempo hanno dato alle stampe.

Certo, su Quantic Dream e Cage di cose da dire ce ne sarebbero, alcune non proprio lusinghiere (per usare un eufemismo), se pensiamo ad alcune vicende del passato. In diverse occasioni, vi furono infatti riferimenti a un ambiente di lavoro tossico e alcune dichiarazioni ed esternazioni di Cage stesso (in particolare di stampo omotransfobico, razzista maschilista) alquanto estranee a ciò che sembrerebbe trasparire dai suoi titoli.
For the record, il fondatore di Quantic Dream ovviamente ha sempre rigettato qualunque accusa, come ha avuto modo di ribadire nel corso degli anni.

Le vicende, alla fine, hanno finito per non portare ad alcunché, senza una condanna effettiva e definitiva di ciò che Cage avrebbe detto e dell’ambiente di lavoro che avrebbe contribuito a creare, il che ovviamente (purtroppo o per fortuna) non significa che quanto dichiarato all’epoca nelle accuse fosse falso.

Dunque, inevitabilmente, per quanto riguarda tali orribili accuse e dinamiche, tema su cui abbiamo sempre tentato di avere un’attenzione parecchio alta, non c’è molto altro che possiamo aggiungere e, qualora ci fosse, saremmo celeri nel riportarvelo al più presto.

Ciò che rimane è la storia di Quantic Dream che, al netto di ciò che abbiamo appena citato, mantiene un suo innegabile valore all’interno del medium videoludico.

La nascita dei videogiochi di David Cage: l’inizio della storia di Quantic Dream

Nel corso dell’evento, prima di parlare dei videogiochi di Quantic Dream, a Cage sono state rivolte alcune domande di rito, per esempio quali siano i suoi riferimenti e le sue ispirazioni dal medium cinematografico.

Come per certi versi prevedibile, visto quanto lui stesso ha dichiarato di averlo riversato nelle sue opere, abbiamo il cinema statunitense degli anni ’80 e ’90, con pellicole come Alien e il thriller Seven.
A questi ha aggiunto la produzione di altri continenti e paesi, da Sergio Leone a Kurosawa, fino a Fellini.

Prima di dedicarsi al gaming, David Cage ha raccontato di essere stato compositore professionista per diversi anni, e per questo poi la sua passione si è in qualche modo trasposta anche nei suoi titoli, con lui stesso ad aver composto parte delle soundtrack dei suoi videogame.

Oltre alla composizione musicale, come hobby Cage ha portato avanti per molto tempo anche la scrittura, principalmente di racconti di vario genere.

Ed è arrivata poi l’occasione di mixare le due attività precedenti con la sua passione per i videogiochi. Stava per nascere la prima opera di Quantic Dream.

Il creator ha infatti raccontato della sua prima idea, questa avventura cyberpunk ambientata nella città di Omikron. Tralasciando ora le specifiche del gioco, se non che sicuramente era un gioco molto differente da quelli successivi nelle meccaniche e nel gameplay in generale, Cage ha raccontato com’è stato ritrovarsi con un progetto da tirare su da zero.

Fin da quella prima esperienza ha dovuto capire come interfacciarsi con un publisher, soprattutto se questo publisher (nel caso di Omikron: The Nomad Soul Eidos Interactive) decidere di credere in te. Perché, quando questo succede, ti ritrovi con milioni di dollari da gestire e devi riuscire a mettere su un team di lavoro, tu che magari fino a poco prima neppure sapevi come rigirarti in questo ambiente.

A maggior ragione, pensando a Omikron, le cose diventano pure più complesse se come NPC e compositore della colonna sonora hai un gigante della cultura pop come David Bowie.

E quindi dal 1997, con l’avvio dei lavori, si arrivò alla pubblicazione del gioco: era il 1999. Ma tutto era appena cominciato.

Fahrenheit: le prime sperimentazioni

Con una sceneggiatura di 2000 pagine, Fahrenheit (titolo del 2003) è però il primo tra i videogiochi di Quantic Dream con cui vediamo la sperimentazione di nuovi punti di vista, nuova regia, nuove modalità narrative.

Partendo da una trama ormai classica, se pensiamo alla produzione di David Cage, abbiamo misteri, indagini, elementi fantascientifici e sovrannaturali.

Il tutto con point of view differenti e perfino contrapposti (dal protagonista in fuga agli investigatori che indagano su di lui), con molteplici scelte. Il tutto, per espressa volontà di Cage, incentrato sulla storia in maniera quasi totale.

Partendo dall’idea del volere che chi giocava interpretasse una persona all’apparenza normale, che però finisce per ritrovarsi in una situazione oltre la sua portata. Per fare questo, il team ha deciso di andare oltre anche a tante convenzioni all’epoca ancora radicate, e lo ha fatto utilizzando un cast di persone in carne e ossa per l’interpretazione dei vari personaggi.

Al momento della release, poi, c’era molta apprensione riguardo il riscontro che avrebbero avuto da parte della critica e del pubblico. E però, in entrambi i casi il gioco è stato accolto positivamente. Adesso era il momento di fare il passo successivo

La consapevolezza con Heavy Rain

È infatti con Heavy Rain che i videogiochi di Quantic Dream raggiungono una consapevolezza di ciò che possono fare, di quali obiettivi possono raggiungere e di come possano dare al mondo videoludico un’impronta personale e subito riconoscibile.

Heavy Rain, intanto, ben prima del gioco del 2010, è stato una tech demo con cui David Cage ha provato a sperimentare sia con l’engine di gioco, sia da un punto di vista registico e attoriale.

E dopo questo cortometraggio per testare le possibilità e lo stato della motion capture all’epoca, il vero Heavy Rain era pronto a nascere.

Come un classico thriller d’azione cinematografico, Heavy Rain mescola indagini, la sparizione di un figlio, un assassino seriale come l’Origami Killer.

Se ci chiediamo come si è arrivati a questo, David Cage racconta di come tutto partì da una domanda di un giornalista, che gli chiese se i videogiochi possano parlare di tutto e affrontare qualunque argomento.
Il fondatore della compagnia francese rispose di sì, ma si domandò pure come questo avrebbe potuto essere così.

Il secondo tassello della storia è il fatto che all’epoca dell’avvio dei lavori su Heavy Rain Cage era appena diventato padre e aveva spesso in mente il concetto di amore incondizionato, come quello appunto che si può avere fra padre e figlio.
Da lì, il passo successivo fu: cosa faremmo per qualcuno che amiamo, fin dove ci spingeremmo?

Per la salvezza di un figlio, saremmo disposti a farci male, a infrangere la legge, a uccidere qualcuno?

E, come ci hanno insegnato nel corso del tempo i videogiochi di Quantic Dream, non ci sono risposte giuste e sbagliate, non ci sono bianco e nero. Ci sono tante scale di grigio, con le quali Cage e il suo team vogliono sfidare e mettere in difficoltà chi gioca alle loro opere.

Per fare tutto questo, David Cage ha dovuto imparare sulla sua pelle, ha raccontato, quanti anni di lavoro ci siano, quante cose da imparare ci siano, anche solo per un videogame.
E soprattutto se decidi di fare titoli come quelli a cui ci hanno abituato, magari con decine di finali differenti, che vogliono andare a riprodurre la sensazione delle scelte che compiamo nella vita di tutti i giorni.

Tuttavia, a partire da Heavy Rain, è arrivata anche la consapevolezza che Quantic Dream stava diventando parte di quella cultura comune su cui si basa la nostra società. La software house francese stava diventando qualcosa di comune, di riconosciuto e riconoscibile (un qualcosa che negli anni ha saputo fare storia e portarci nuove storie, sviluppate da tanti team differenti, da As Dusk Falls a Harold Halibut).

La consacrazione

Beyond: Two Souls e Hollywood

Cosa fare dopo? Quale poteva essere il passo successivo?

Ciò che è arrivato dopo per l’azienda francese è stato riproporre ciò che avevano imparato finora, ma più in grande: parliamo di Beyond: Two Souls del 2013.

Con strani segreti e presenze (come l’entità ultraterrena Aiden), agenzie segrete e morbosi rapporti umani, Beyond: Two Souls è l’ulteriore balzo in avanti della storia di Quantic Dream, che ha visto la compagnia raggiungere nuovi traguardi e orizzonti.

Anche in Beyond: Due Anime (il titolo italiano del gioco) abbiamo un cast in carne e ossa, ma per questo David Cage si è rivolto addirittura a due perle di Hollywood, Elliot Page e Willem Dafoe, che interpretano i due protagonisti del videogame.

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E nell’avvicinarsi a colossi del cinema internazionale, il patron di Quantic Dream aveva diverse paure. Intanto come sarebbe stato per loro lavorare in un contesto del genere, senza scenografie e solo con decine e decine di camere puntate su di loro.

Dopodiché temeva che la professionalità e il lavoro venissero meno, magari per i diffusi pregiudizi legati al medium videoludico.

In realtà, per entrambe le cose, erano paure infondate, e nel corso della masterclass al Museo del Cinema ha più volte elogiato quanto si siano spesi, sia Page, sia Dafoe, per la sceneggiatura, fra reshoot e il girare le varianti di ogni situazione, in base alle scelte di chi gioca.

Detroit: Become Human – La maturità

Centinaia di casting e addirittura circa 4000 pagine di sceneggiatura, Detroit: Become Human è decisamente l’opera della maturità del team di Cage.

E, anche in questo caso, come fu per Heavy Rain, tutto partì da una tech demo, un cortometraggio. Quest’ultimo era incentrato sull’androide Kara (una dei tre protagonisti del gioco finale), che implora di non essere smantellata.

Doveva essere un progetto temporaneo e per sondare il futuro tecnologico da un punto di vista tecnico, ma il pubblico si appassionò così tanto alla commovente storia di Kara, tanto da volerne conoscere l’epilogo, tanto da voler sapere quale sarebbe potuta essere la sua conclusione, che non vi fu altra scelta.

David Cage e Quantic Dream si misero al lavoro sul loro prossimo gioco, una storia di accettazione e fantascienza, androidi e razzismo.

Le discussioni sulle intelligenze artificiali, ha raccontato Cage, erano decisamente lontane dallo stato attuale. Eppure già all’epoca lui ebbe modo di rimanere scioccato dal vedere una IA suonare il piano prendendo spunto da un vero pianista.

Da lì si avvicinò a moltissimi esperti di intelligenza artificiale e robotica, consultandosi con molti scienziati su quale avrebbe potuto essere il limite di tali innovazioni, tutto per trovare i giusti spunti per la storia che voleva raccontare.

E così abbiamo avuto una storia estremamente profonda e che riprende la tematica del razzismo per com’è stata vissuta in buona parte negli Stati Uniti con le lotte, simili e contrapposte, di Malcolm X e Martin Luther King.

A questo si legano l’interactive storytelling, la sfida all’utenza nelle scelte da compiere e nelle ramificazioni (branches in inglese) degli eventi, fino ai tantissimi finali che possiamo triggerare in Detroit: Become Human.

Qual è il futuro di Quantic Dream? Star Wars Eclipse

In conclusione della masterclass al Museo del Cinema di Torino, abbiamo dato un’occhiata al futuro di Quantic Dream, dopo averne un poco analizzato i successi passati.

Lo abbiamo fatto tornando a guardare Star Wars Eclipse, titolo ambientato al tempo dell’Alta Repubblica del franchise di Guerre Stellari, titolo di cui in verità non si sente parlare da fin troppo tempo.

A quanto pare in merito al Star Wars Eclipse esiste ancora il più stretto e totale riserbo, visto che non c’è stata alcuna possibilità di parlarne neanche vagamente.

Ciò riguardo cui ha potuto sbottonarsi David Cage è stato quanto sia stato complesso allargare gli orizzonti da Quantic Dream a Lucasfilm Games, intanto. Perché, ovviamente, non è più una IP originale e nuova, ma un capitolo connesso a un franchise monumentale come quello nato ormai nel 1977 e con un fandom fra i più vasti dell’intero globo.

Nonostante questo, l’obiettivo rimane quello di fare un gioco di Quantic Dream, seppur con le specificità del caso.
E il tutto, ovviamente, avendo a che fare con molte altre differenze. Parliamo di nuovi fondi, per certi versi nuove modalità lavorative e pure il contatto con novità tecnologiche.

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