In che condizioni lavorano i doppiatori e le doppiatrici?

Doppiaggio

Il doppiaggio in Italia è sempre stato un elemento identitario molto forte, capace di contraddistinguerci nel resto del mondo. Questo non solo per la storia che ha questa professione e per la qualità aggiunta che nei decenni ha donato alle opere cinematografiche e audiovisive in generale, ma anche e soprattutto per un fattore di accessibilità: seguire il parlato in lingua originale e i sottotitoli assieme può rendere difficile la visione, mentre una localizzazione delle voci rende la fruizione decisamente più accessibile anche per chi non ha una conoscenza di altre lingue, dall’inglese al coreano.

Nonostante questa caratteristica identitaria, però, le doppiatrici e i doppiatori sono figure invisibili, di cui conosciamo solo le voci e che non associamo a volti se non a quelli dei grandi attori hollywoodiani. Le modalità con cui questo lavoro si svolge sono inoltre poco note e talvolta nascondono condizioni che inficiano sulla qualità del lavoro, e in una localizzazione in italiano di voci e testi, gli errori sono sotto gli occhi e le orecchie di tutti.

Visto lo sciopero, ora sospeso, indetto dai sindacati Slc CGIL, Fistel CISL e Uilcom UIL per l’intero settore del doppiaggio, abbiamo contattato dieci tra doppiatrici e doppiatori per raccontarci più nel profondo le condizioni nelle quali lavorano quotidianamente. In queste interviste è emerso come minimo comune denominatore la questione del tempo e dei ritmi di lavoro, velocizzati anche dall’avvento delle piattaforme di streaming. Ma non c’è solo il tempo al centro delle loro rivendicazioni: le condizioni di lavoro per quanto concerne materiali utili al processo di doppiaggio, che spesso non è sufficiente per capire i contesti e realizzare un prodotto di qualità. Infine, l’avvento delle IA generative espone le voci delle doppiatrici e dei doppiatori al non avere più possesso di un loro dato sensibile.

Misure anti-pirateria

Per doppiare un film è logico pensare che i doppiatori vedano su grande schermo la scena e che, successivamente, recitino la propria parte avendo un chiaro riferimento visivo. Per diversi prodotti, però, ciò non corrisponde alla realtà e ai doppiatori vengono consegnate delle copie anti-pirateria che rendono complesso capire espressioni e contesti della scena, intaccando anche la qualità di quanto viene doppiato.

“Le copie lavoro che ci vengono inviate, non solo sono di bassissima qualità, ma sono spesso deturpate da scritte e contatori numerici che attraversano in lungo e in largo le immagini e sono così poco nitide da impedire, a volte, la visione di un elemento che è in video e che magari è determinante per la comprensione di una scena. Per non parlare di alcuni film, su cui c’è una coltre di mistero, per cui le copie riservate al doppiaggio non sono altro che immagini nere su cui, a seconda di chi parla, si aprono piccoli oblò intorno alle bocche” ci racconta Monica Patrizi, direttrice del doppiaggio e consigliera dell’ANAD (Associazione Nazionale Attori e Doppiatori). In diversi casi, ci è stato confermato dagli intervistati, non si hanno neanche riferimenti visivi, ma solo onde sonore.

Si tratta quindi di misure di sicurezza “grottesche” imposte dalle major, come ci ha dichiarato Edoardo Stoppacciaro, doppiatore celebre per il ruolo di Darth Maul nella serie animata di Clone Wars e di Rob Stark ne Il Trono di Spade. “Le stesse major sanno perfettamente che la pirateria non parte dal doppiaggio, ma da molto prima. E noi dobbiamo adattarci a doppiare i nostri attori e le nostre attrici senza sapere se parlano seduti a un tavolo o mentre camminano in un prato ventoso, o a bordo di una nave sotto le cannonate dei nemici” conclude Stoppacciaro.

Lo streaming ha cambiato tutto

Se in passato la messa in onda avveniva con tempi più dilatati per il cinema e la televisione, le piattaforme di streaming hanno invece cambiato un po’ le regole del gioco, immettendo nel mercato una grandissima quantità di film, show e serie televisive, che necessitano di un doppiaggio e di una localizzazione per permetterne una facile fruizione.

“Più produzione equivale, ovviamente, a più prodotti da doppiare e in tempi sempre più brevi. Molto spesso ci si trova in affanno per cercare di soddisfare delle richieste sempre più numerose e pressanti. Soprattutto poi per i prodotti seriali con gli episodi che escono in contemporanea in tutto il mondo” afferma Federica De Bortoli, doppiatrice e voce ricorrente di Natalie Portman ed Anne Hathaway.

Nelle sue parole, De Bortoli parla anche delle serie televisive tradotte “in contemporanea”: una scomoda normalità nel mondo del doppiaggio e che costringe gli addetti ai lavori, il più delle volte, a uno sfiancante tour de force. Lavorare “in contemporanea” significa che l’adattamento della puntata, il doppiaggio, il missaggio e poi la consegna, avvengono nell’arco di una settimana.

Un caso recente, che è salito agli onori della cronaca proprio a causa dello sciopero dei doppiatori, è il doppiaggio della serie televisiva The Last of Us. Gli ultimi tre episodi della celebre serie ispirata al videogioco di Naughty Dog hanno mancato la messa in onda in lingua italiana, e sono stati aggiunti poco tempo dopo il rientro dello sciopero. All’inizio di marzo, sulla piattaforma NOW Tv era indicato tramite apposito banner che quegli episodi non erano al momento disponibili in italiano a causa dello sciopero dei doppiatori. In una nostra intervista a Stefano Santerini, il direttore del doppiaggio della serie HBO ha sottolineato come il ruolo del doppiaggio ormai non è più parte della fase di post-produzione, bensì della produzione. Spesso, infatti, in sala di doppiaggio si lavora con audio approssimativi e con script che poi sono soggetti a modifiche.

“Ecco che moltiplicando questa lavorazione per decine di altre che hanno lo stesso iter lavorativo e le stesse esigenze, si comprende facilmente che ai ritmi forsennati con cui lavoriamo, questo non può non avere conseguenze sulla resa finale” afferma Santerini nell’intervista. Ora lo sciopero è rientrato, rimane lo stato di agitazione, e i doppiatori e le doppiatrici sono ancora in fase di trattativa con l’Associazione nazionale industrie cinematografiche audiovisive e digitali (ANICA).

I turni e le righe

Carlo Valli, doppiatore noto per aver prestato la voce a Rex in Toy Story e al Dr. Walter Bishop nella serie televisiva Fringe, durante la cerimonia per la consegna del premio al doppiaggio La Musa d’Oro, aveva spiegato come ci sia una sostanziale differenza tra il doppiaggio cinematografico e quello seriale. In quell’occasione, ha raccontato al pubblico in sala lo svolgimento del lavoro di doppiaggio, suddiviso in turni da un massimo di tre ore ciascuno. I turni al giorno sono tre, ma nel caso di lavorazioni di emergenza, si fa anche il quarto serale.

Nei turni, i doppiatori e le doppiatrici recitano un numero di righe stabilito dal contratto collettivo nazionale redatto nel 2008. Le righe sono, come spiegato nell’articolo 5, “la porzione di copione composta da un massimo di 50 battute dattiloscritte (con esclusione del nome del personaggio) e comprensiva degli spazi, della punteggiatura e delle sole indicazioni tecniche e didascaliche”. Ogni pagina di copione, si legge nel contratto, contiene dalle 18 alle 20 righe.

Valli ha raccontato come nella produzione cinematografica, il numero delle righe sia inferiore rispetto alla produzione seriale. Si parla di 140 righe di media rispetto alle 190 dei telefilm. I turni però, continua il doppiatore, sono sempre di tre ore. “Nelle serie, gli attori e i direttori devono essere più bravi subito, perché non c’è tempo di soffermarsi sulle scene e sulle battute”.

“Si deve” rallentare

Durante la premiazione La Musa d’Oro, il presidente dell’ANAD Daniele Giuliani denunciava l’aumento preoccupante della produttività nel loro lavoro. “Purtroppo non c’è più tempo di sbagliare”, afferma Giuliani. “È un settore che, in questo periodo storico, subisce delle pressioni molto forti”.

Essendo i ritmi di lavorazione più veloci e sfiancanti, con turni anche di 9 ore, la domanda che sorge spontanea, e che abbiamo scelto di rivolgere ai doppiatori che hanno accettato di parlare con noi, è: si può rallentare? “Non si può: si deve” ci ha risposto fermamente Edoardo Stoppacciaro. “Se non torniamo a esigere più tempo, continueremo sempre più spesso a essere dei semplici vomita-parole che sanno parlare in dizione e andare a sync in attesa del turno successivo. Non solo: i ritmi forsennati ai quali lavoriamo rendono anche impossibile l’apprendimento da parte di chi si sta avvicinando ora al nostro mestiere. E se nessuna nuova voce impara, non stiamo solo umiliando il grande passato di quest’arte; non ne stiamo solo svilendo il presente, ma ne stiamo eliminando il futuro”.

“Tempi più tranquilli, più umani, consentirebbero a tutte le figure professionali che si occupano del doppiaggio in sala (direttori, doppiatori, assistenti e fonici) di lavorare più tranquille e confezionare un prodotto più curato e, qualitativamente parlando, migliore” conclude Federica De Bortoli.

IA, una questione di privacy

Nella nostra indagine è emerso che anche il settore del doppiaggio è preda dello scossone generato dalle intelligenze artificiali generative. Ma, per loro, oltre ad essere una questione etica, è prima di tutto una questione di privacy. “Parliamo di voce. Parliamo di un dato sensibile” afferma Edoardo Stoppacciaro. “E parliamo di tecnologie in grado di prelevare inopinatamente una voce, intervenire su un paio di frequenze cosicché il legittimo proprietario non possa rivendicarla, e poi, molto semplicemente, di venderla, quella voce, e usarla per dire qualunque cosa l’acquirente desideri”.

Le IA generative sono attualmente al centro di un acceso dibattito, che vede diversi gruppi di lavoratori dell’ambito creativo urlare a gran voce per una regolamentazione in merito al funzionamento di queste IA, con protagonista l’iniziativa EGAIR (European Guild for Artificial Intelligence Regulation) promossa dall’artista Lorenzo Ceccotti e da MeFu – Mestieri del Fumetto. Quella di illustratori e illustratrici, che si sono ritrovati con le loro opere trafugate come in un furto d’arte per poter allenare l’intelligenza artificiale di riferimento, è stata sicuramente tra le proteste più visibili in questi ultimi mesi sui social network.

A quanto pare, però, non sono solo le illustrazioni ad essere vulnerabili. “È successo che le voci di alcuni colleghi siano state rubate e date letteralmente in pasto a macchine che si nutrono per poter migliorare e accrescere la loro conoscenza e capacità riproduttiva delle voci (processo chiamato machine learning) e che generano, modificandole, voci delle quali non si ha più la proprietà, voci a cui è impossibile attribuire il donatore originale e i cui proventi dell’utilizzo vanno esclusivamente a chi le ha generate” denuncia Monica Patrizi.

“Le IA ci spaventano solo se continueremo a essere costretti a lavorare nella mediocrità” sostiene Stoppacciaro. “Perché nessuna macchina, neanche la più evoluta, potrà mai simulare un’interpretazione eccellente”.

Foto di Jacek Dylag su Unsplash

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