Intervista a Claudio Moneta, doppiatore, voce di Goku, Spongebob, Comandante Shepard, Arthas, Thomas Angelo e molti altri

Informazioni sul gioco

Ospite di oggi nel nostro consueto appuntamento con i doppiatori di videogiochi è Claudio Moneta, voce di alcuni dei personaggi più significativi del mondo dell’animazione, delle serie TV e ovviamente del medium che tanto amiamo, ossia i videogiochi. Claudio inizia la sua carriera nel 1988, doppiando numerosi cartoni animati, infatti presta la voce alla spugna di mare più famosa al mondo, ovvero SpongeBob, dal 2016 è la voce ufficiale di Goku nella serie Dragon Ball Super, inoltre è la voce di Barney Stinson nella serie televisiva How I Met Your Mother. Per quanto concerne il mondo videoludico, menzioniamo solo alcune delle decine di interpretazioni: il Comandante Shepard della saga di Mass Effect, Ethan Kenway ed altri personaggi della saga di Assassin’s Creed, Thomas Angelo di Mafia, Arthas dell’universo di Warcraft, Pagan Min di Far Cry 4, Rico Rodriguez in Just Cause 3; l’elenco sarebbe lunghissimo.

Oggi abbiamo la fortuna di leggere una sua testimonianza anche sul lavoro svolto nel 2013 per il titolo The Last of Us, opera di culto dello sceneggiatore Neil Druckmann, in quanto aveva prestato la voce al personaggio Bill, personalità chiave per il cammino dei protagonisti Joel ed Ellie.

Il comandante Shepard della saga di Mass Effect, doppiato da Claudio Moneta.

 

  • Cosa ti ha spinto a entrare nel mondo del doppiaggio?

La passione per il recitato c’è sempre stata, tanto che da bambino mi preparavo con dei burattini, con delle calze e mi posizionavo sotto un tavolo come se fosse uno spettacolo di marionette. Fatto sta che costringevo mamma, papà e mia sorella ad osservarmi, i quali pazientemente mi ascoltavano. Mi piaceva la finzione, il momento dello spettacolo in sé, si esauriva in poco tempo, a me piaceva organizzarlo, mi interessava preparare il burattino, la scenografia all’interno della quale si muovevano i pupazzi, concepire delle storie, mettere la colonna sonora e altri elementi di scena. Poi da ragazzino ho cominciato a recitare in alcune compagnie amatoriali, allora abitavo a Monza, in una compagnia che credo esista ancora, ossia Il volto e la maschera.

Claudio Moneta, in Nudi e Crudi, di Alan Bennet.

Nonostante questo, presi una strada diversa, infatti studiai ingegneria meccanica pur essendo nutrito dalla passione per l’opera, mi piaceva andare a teatro, difatti andavo con una mia amica del liceo a vedere spettacoli tutte le settimane a Milano. Intanto che frequentavo il Politecnico, mentre avevo 19 anni, vinsi una borsa di studio presso il CTA di Milano – Centro Teatro Attivo – dove si svolgeva un corso di laboratorio teatrale di 3 anni, in cui bisognava studiare in tutte le materie che avevano a che fare con la recitazione, addirittura non conclusi il corso di studi perché allora il lavoro era tanto, quindi ci furono le prime opportunità, accettando queste offerte perdevo il diritto alla borsa di studio, perciò cominciai a lavorare, e tutto quello che non appresi a scuola lo imparai in apprendistato, lavorando su dei progetti che la scuola stessa mi offriva, così è cominciata la mia passione per questo lavoro.

Il doppiaggio è un’applicazione del mestiere dell’attore e per me continua a esserlo, perché continuo a fare tutto e io lo consiglio anche ai giovani: se potete, cercate di essere poliedrici in questo campo. Per esempio, tanti ragazzi fanno un corso di doppiaggio e arrivano di fronte al leggio e vogliono fare i doppiatori; bisogna imparare il mestiere dell’attore e poi accettare tutti i lavori che hanno a che fare con questa professione, questo causerà a volte di dover accettare condizioni economiche sproporzionate rispetto allo sforzo che vi si chiede, vedasi il teatro per esempio.

In particolare, nel doppiaggio cominciai a studiare con Federico Dante, Cip Barcellini, successivamente tramite la Merak Film, iniziai a fare i primi lavori di doppiaggio e con la direzione di Adriano Micantoni, intrapresi a fare alcune parti piccole in una soap opera che si intitolava Una vita da vivere, anche se il grosso del lavoro fu quando doppiai me stesso, questo perché tra le varie fiction che giravo all’epoca per la RAI, si usava la presa diretta, ma alcune scene erano da doppiare e, vista la mia particolare predisposizione in questo campo, mi consigliarono di continuare questo percorso.

 

  • Sappiamo che hai doppiato una moltitudine di personaggi sia televisivi che videoludici, puoi raccontarci tramite la tua esperienza, la differenza tra doppiare un videogioco e un film?

Banalmente, quando doppio un film o qualunque altro tipo di prodotto io ho un’immagine, un personaggio che parla e io “parlo” sopra un’immagine che vedo di una persona, di un cartone animato, mentre nel caso del videogioco qualche volta ci sono dei filmati con dei personaggi che parlano, a volte ci sono dei filmati, ma il personaggio non è ancora completamente animato, difatti manca quella parte di algoritmo che permette poi la formazione della bocca che parla. A volte sono dei veri e propri filmati, altre per esempio sono una via di mezzo: per esempio doppiamo sugli attori pieni di elettrodi, perché ci sono quelli che hanno prestato la propria azione di attore per poi poterci costruire intorno l’animazione fisica del personaggio, mentre altre volte doppiamo su una forma d’onda.

Io ho l’onore di aver doppiato i primi videogiochi della storia, addirittura si doppiava solo sull’audio: cioè sentivi l’attore in lingua originale che recitava la scena, e tu andavi dietro, adesso oltre a sentire l’audio, lo vediamo visualizzato in una forma d’onda, per cui io conosco altri elementi che prima non erano menzionati, infatti vedo anche più o meno quanto durerà quella frase, posso vedere visualizzate le pause che fa l’attore e quindi avere un aiuto in più. Per alcuni doppiaggi, per come è strutturata l’animazione del videogioco, perché magari il personaggio non è inquadrato oppure parla in soggettiva, è sufficiente stare sul tempo totale della battuta indipendentemente dalle cause interne, c’è una tolleranza per cui posso essere più lungo o meno lungo, in sostanza ci sono varie modalità che permettono di affrontare la battuta in italiano.

Per quanto riguarda la difficoltà, diciamo che il videogioco si avvicina alla radio, per cui, non avendo un supporto di immagine, come attore devi fare un percorso più preciso, devi capire bene l’intenzione del personaggio e con l’aiuto del direttore del doppiaggio si riesce a fare meno fatica. È importante che il direttore del doppiaggio abbia gli strumenti e gli elementi per poterti dare informazioni riguardo al contesto in cui tu reciti quella battuta, a volte questa possibilità il direttore del doppiaggio ce l’ha, altre volte purtroppo no: questo avviene a causa per come è strutturato e organizzata la lavorazione dello sviluppo proprio tecnico del videogioco. Quando notate, per esempio, due personaggi, uno a fianco all’altro, magari uno strilla e l’altro no è perché evidentemente non c’è stata la possibilità di contestualizzare bene quelle battute, le responsabilità non sono mai del settore doppiaggio, ma a monte nel modo in cui viene fornito il materiale per poter affrontare il doppiaggio. Evidentemente anche lì le circostanze sono state tali per cui non era possibile fare diversamente.

 

  • Qual è stato il personaggio più difficile da doppiare? E a quale sei più affezionato?

Trovo più difficili da doppiare i cartoni animati, perché i personaggi non respirano, questo avviene perché spesso un personaggio di un cartone animato passa da un’espressione all’altra in un frame (fotogramma), mentre l’essere umano, per fare varie espressioni, ha un tempo fisico dovuto al fatto che è un essere vivente con dei muscoli, quindi ci vuole un tempo; se invece imparo a respirare con l’attore che devo doppiare sarà per assurdo, ma è più semplice per me, inoltre dovrò essere solo umile e saper scomparire, cosa che dovrebbe sempre fare un doppiatore è sparire, meno sei riconoscibile e meglio hai fatto il tuo lavoro. Nel cartone animato invece, il personaggio non respira in maniera così naturale, pertanto è più difficile il controllo della respirazione, soprattutto mi riferisco a personaggi non molto antropomorfi, molto caratterizzati e molto esasperati nell’animazione.

Quelli a cui sono più affezionato e che sicuramente tutti ricordano, è il Patrick Harris in How Met Your Mother, quello è un contesto che ricordo con grande piacere, perché ci divertivamo tutti, eravamo tutti diretti sia nei testi, sia in gran parte nella direzione del doppiaggio condotta da Luca Sandri, che, oltre a essere uno dei miei più cari amici, è un bravissimo direttore del doppiaggio e un grande attore, con una conoscenza del lavoro dell’attore e particolarmente della commedia brillante; per me è stato fondamentale averlo come guida. Poi ovviamente sono anche affezionato a personaggi storici che hanno lasciato il segno a milioni di appassionati: quando nel 2016 fui chiamato a doppiare Dragon Ball e poi anche a dirigerlo, fu chiaramente una grande responsabilità, perché , dovendo sostituire una voce storica come quella di Maurizio Torresan, chiaramente significava andare incontro alle critiche.

Il fatto di avere una grossa responsabilità è una condizione lavorativa che mi piace molto, perché non temo le critiche, in quanto sono conseguenza del nostro mestiere e a me questa situazione piace molto, quindi sono affezionato, anche se in maniera diversa, a un personaggio come Goku. Tuttavia, amo tutto quello che faccio e l’attore deve sposare e amare fino in fondo tutto quello che fa, magari una parte anche non proprio positiva, ma in quel momento la devi amare, perfino facendo una parte in teatro che magari detesti, ma in quel momento tu devi essere d’accordo e sposare quella causa al 100%.

 

  • Raccontaci qualche aneddoto sulla tua vita da doppiatore e sul lavoro svolto per The Last of Us, nei panni di Bill.

Non riguarda me, ma è successo un episodio che mi ha fatto sorridere: quando doppiai una soap opera, c’era una brava attrice che finalmente ottenne un personaggio, questo personaggio era mia moglie nel copione; lei è finalmente contenta di doppiare questo personaggio, ma dopo un paio di puntate diventa muto.

Per quanto riguarda The Last of Us, posso dirvi che è uno di quei lavori che ricordo con grande piacere, anche lì il gruppo era piacevole, a dirigere quel doppiaggio fu Simone Savogin, molto noto oggi perché è un bravissimo campione di Slam Poetry, ormai famoso perché ha vinto importanti premi ed è un artista. Come tutti gli artisti, si occupa di qualcosa in particolare in questo caso di Slam Poetry, ma si dedica anche al doppiaggio del videogioco e fa tutte queste cose con la stessa delicatezza e lo stesso senso della parola e del ritmo. Quando cominciammo a doppiare i primi videogiochi tramite lo studio Binari sonori, studio dove abbiamo realizzato il doppiaggio di The Last of Us, lì iniziò tutta questa grande avventura tanti anni fa e a quella epoca eravamo in pochi a farlo, perché veniva considerato un doppiaggio da serie B, una cosa di cui un po’ vergognarsi, oggi fortunatamente non è più così.

 

  • Quali sono i tuoi progetti futuri in ambito videoludico? Puoi anticiparci qualcosa?

Partiamo dal presupposto che io non ho progetti: io vengo chiamato dalle case di doppiaggio, dai clienti, o dai distributori per fare un certo lavoro di doppiaggio e in pratica non lo so fino all’ultimo, oppure lo so con poco anticipo. Posso svelare che abbiamo doppiato il trailer di SpongeBob, doppiaggio che verrà effettuato però nel corso dell’anno, altre cose sono in lavorazione e non le posso dire, perché se no mi arrestano, questa intervista poi la faccio da San Vittore, che è un carcere di Milano [NdR scherza], per cui non ho progetti nel doppiaggio.

Il mio grande progetto nel doppiaggio è tornare a lavorare bene, oggi che ci sono tante multinazionali che comandano nel doppiaggio, il modo di lavorare è cambiato e sta cambiando, purtroppo siamo in una fase in cui non si capisce in che modo cambierà, sembra cambiare dal punto di vista economico, dal punto di vista organizzativo, insomma è un momento storico importante e cercare di capire che direzione prendere. Io ho un’idea e la ribadisco da tanti anni, non sono qui per fare politica, ma parlare di arte e in conclusione spero possa tornare la pace in un settore che è molto in bilico.

Per quanto concerne i progetti di cui si può parlare, attualmente sto provando insieme a un gruppo di colleghi e grandi amici, tra cui: Corrado Tedeschi, Roberta Petrozzi, Gianluca Sambataro,  Camilla Tedeschi e Marco Rampoldi stiamo provando La Coscienza di Zeno, un grande classico della letteratura italiana, in forma teatrale, che andrà in scena sia in giro per l’Italia che a Milano al Teatro San Babila [NdR l’intervista è stata registrata a gennaio, quindi in un periodo pre Covid-19]. Non faccio generalmente pubblicità di quello che faccio, ma adesso ci stiamo preparando per quel progetto che per me è molto importante.

Quindi, vi aspetto in TV, davanti a una console, dal vivo e a teatro, purtroppo non sono un frequentatore dei social e partecipo di rado a eventi pubblici che hanno a che fare col doppiaggio; non è che sia asociale di natura, non mi piace esagerare, però quando a teatro viene qualcuno e vi aspetto in camerino e ha voglia di chiacchierare, sono sempre molto contento, perché mi piace di più il contatto fisico a quattrocchi.

Vi ringrazio, e spero che siate sempre contenti e appassionati di questo mestiere e anche sempre molto critici, ricordate questo ci fa bene. Grazie, ciao a tutti.

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