Road 96: Mile 0 – Recensione: come un amore mai sbocciato

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Come abbiamo voluto scrivere fin dal titolo della nostra recensione di Road 96: Mile 0, la nostra partita con il titolo di DigixArt è stata come un amore. È stata un amore fugace, fatto di sguardi soavi e prime occhiate di intesa.

E però, quando si è trattato di approfondire la conoscenza, ci siamo resi conto che è stata poco più che un’infatuazione passeggera, diversa da quel che poteva essere un amore travolgente come quello del suo celebre predecessore. Ma andiamo con ordine.

Dove tutto è cominciato: Road 96

Mile 0 è il prequel dell’amatissimo Road 96. E, dobbiamo ammetterlo, è stato difficile trattenerci dal fare un confronto punto per punto fra il titolo originale del 2021 e questa nuova uscita.

I motivi per i quali è stato difficile (e ammettiamo di non esserci riusciti sempre) sono sostanzialmente due. Il primo è che chi scrive ha letteralmente amato Road 96, in ogni sua sfaccettatura, e ha pianto amaramente in molte sequenze di quel gioco.
Il secondo motivo è che Mile 0 è diretta emanazione del titolo originale. Questo prequel è palese figlio del primo videogame, come si nota in ogni elemento grafico, in ogni dettaglio, nella gran parte del sistema narrativo, nella maggioranza delle caratteristiche di gameplay.

E non potrebbe essere che così, ovviamente contando anche soltanto quanto la storia di Mile 0 si leghi a quella di Road 96.

L’amore ai tempi di Petria

Siamo nel 1996: Petria vive sotto il giogo del suo presidente Tyrak, che domina con pugno di ferro e manie dittatoriali il semidesertico e fittizio paese. Con un rigido controllo sui media e un espansionismo sfrenato in alcuni campi come l’estrazione petrolifera, la popolazione di Petria si vede così piegata sotto il pugno di ferro del suo presidente.

A porre un freno alle mire di Tyrak ci pensano le Black Brigades (le Brigate Nere). Per farlo sono pronte a sfruttare ogni tattica di resistenza passiva, ma sono anche pronte a entrare in azione con metodi meno ortodossi e decisamente più violenti. Questo, contando che sulle loro teste pende già l’accusa dell’attentato del 1986, dieci anni prima degli eventi di questo prequel (e del gioco originale).

Nello specifico, Road 96: Mile 0 vede come protagonista delle sue vicende una vecchia conoscenza per chi ha già giocato il titolo del 2021. Gli eventi di Mile 0 ruotano infatti attorno a Zoe, la ribelle figlia del ricco ministro del petrolio.

Nella sua scoperta della verità su Petria e i suoi governanti, così come nella sua spinta verso la libertà, Zoe non è sola. Ad accompagnarla c’è Kaito, giovane di decisamente differente estrazione sociale, di origine povera e che pare nascondere alcuni oscuri segreti.

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Fra bivi e scelte

In Mile 0 ci ritroviamo così a prendere il controllo della mente e del corpo sia di Zoe, sia di Kaito. Nel progredire degli avvenimenti, dobbiamo prendere scelte e indirizzare le vite dei due protagonisti verso l’una o l’altra direzione, per poi scoprire quali sono le conseguenze delle strade che abbiamo imboccato.

Abbiamo scelto di graffitare e strappare i poster del regime di Tyrak? Abbiamo frugato fra i bidoni della spazzatura? Ci siamo ribellati ai rappresentanti del potere e della polizia?

Ciò che sicuramente rimane, dopo le poche ore che compongono la trama del prequel, è che purtroppo la storia non è ispiratissima, oltre al fatto che spesso pare che non riesca a reggersi sulle proprie gambe, necessitando almeno un’infarinatura dell’originale Road 96.

Detto questo, possiamo pensare che, vista la necessità della storia di raccontare gli eventi che hanno plasmato la Zoe in fuga che abbiamo visto nel gioco del 2021, dovevamo aspettarci una trama che forse non avesse eccessivi guizzi e colpi di scena.

Road 96: Mile 0 – I problemi della narrazione

Mile 0 ha diversi punti che funzionano dannatamente bene, a livello di scelte di gameplay per narrare gli eventi.
Ma purtroppo questi punti si contano sulle dita delle mani.

Da un lato abbiamo tutti quei punti in cui il team di DigixArt ha scelto di ricalcare stilemi e caratteristiche tali e quali a ciò che abbiamo apprezzato nell’originale Road 96.
Per cui ci troviamo a esplorare i luoghi di Petria, interagendo con gli abitanti della città e scegliendo cosa rispondere e cosa fare.

Dall’altra parte abbiamo invece alcuni momenti in cui chi ha sviluppato il videogame ha deciso di premere l’acceleratore verso soluzioni inaspettate. Troviamo così degli interessanti minigiochi, o scene realizzate come se fossero dei fighting game classici.

E però, fra questa tendenza al classico e scelte invece coraggiose, abbiamo il problema del titolo di questa recensione.

Di corse a ostacoli e quick time event

Partiamo da un presupposto: quando abbiamo visto la soluzione per cui ha optato DigixArt per narrare la psiche, i dubbi e le paure di Zoe e Kaito, ne siamo rimasti lievemente spiazzati ma allo stesso tempo intrigati.
Tuffandoci infatti nella mente dei protagonisti del prequel, ci siamo ritrovati a controllare l’una o l’altro, a bordo rispettivamente di pattini e skateboard, mentre attorno a noi scorrono mondi onirici e alle volte da incubo, plasmati dai pensieri e dalle fobie dei giovani personaggi del gioco.

Detta così, ed effettivamente lo è, potrebbe essere una dinamica di gioco di cui chi scrive potrebbe apprezzarne i dettagli fino a innamorarsene. Ma purtroppo ci sono alcuni grossi ma.
Intanto la quantità e ridondanza di questa scelta, che si ripresenta per tutta la durata di Road 96: Mile 0, a più riprese, alle volte in maniera quasi estenuante.

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Dopodiché abbiamo le modalità con cui è stato realizzato.

Perché non si tratta di semplici fasi di platform ma a tutta velocità a bordo di skate o pattini, no. Hanno voluto infarcire queste sequenze di punti da collezionare raccogliendo gli elementi luminosi a schermo, probabilmente per dare una sfida in più, magari con quell’immancabile elemento di rigiocabilità.
E però ci chiediamo abbastanza quale possa essere il senso di questa scelta così specifica (e anche un po’ desueta, a nostro avviso) in un titolo così tanto story driven.

Al di là di queste scelte, che possano piacere o meno, bisogna tenere in conto pure i quick time event, che vanno a completare queste sessioni. I quick time event, croce e delizia del gaming, che oscillano fra chi li ama e chi li odia, a nostro avviso finiscono purtroppo per aggiungere pesantezza al gameplay.

È stato a questo punto che qualcosa, dentro di noi, ha iniziato a rompersi. La magia, l’amore residuo che ancora ci portavamo dietro dall’originale Road 96, questi sono svaniti.

La colonna sonora della nostra vita

Ciò che sicuramente vogliamo promuovere anche del prequel, così come è stata una delle cose migliori del gioco originale, è sicuramente la colonna sonora. Com’era stato per Road 96, anche in Mile 0 non c’è una canzone che sia fuori posto.

E spesso le musiche, fra cui figurano gli Offspring, sono state uno degli elementi che ci hanno spinto a proseguire ben volentieri, in special modo in occasione delle sezioni di corsa.

Mile 0: il potere (mancato) dell’amore

Che dire, una volta arrivati alla conclusione di questa nostra breve recensione di Road 96: Mile 0?
Dispiace aver visto le potenzialità di questo titolo, ciò che avrebbe potuto darci, i modi in cui avrebbe potuto raccontarci la storia di Zoe e Kaito. Dispiace aver visto tutto questo sotto una patina che non ci ha convinto.

Il che rende ancora più dolorosa la scoperta che questo potenziale amore, questa potenziale infatuazione, alla fine hano avuto poco da lasciarci.
E se vi state chiedendo cosa sia successo una volta terminati i titoli di coda, sappiate che abbiamo reinstallato Road 96, l’originale.

Voto: 68/100

PRO

  • Trama semplice ma intrigante
  •  Gli elementi innovativi e (all’opposto) quelli nati dall’originale
  •  La colonna sonora

CONTRO

  •  Alcune scelte di gameplay tediose e ripetitive
  •  Nessun vero colpo di scena a livello narrativo
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