Faraday Protocol è un videogioco pubblicato dalla software house tedesca Deck13, di cui recentemente abbiamo giocato e analizzato Vesper. E, proprio come Vesper, anche Faraday Protocol ha un nucleo tutto italiano.
Infatti dello sviluppo del videogame si è occupato il team bresciano di Red Koi Box.
Ma di cosa si tratta? Con questo progetto abbiamo a che fare con un puzzle game in prima persona, un genere che ha il suo pool di appassionati e che negli anni ci ha regalato tante piccole perle (come The Witness).
Nel caso di Faraday Protocol ci troviamo ad affrontare un enigma dopo l’altro, in una stanza dopo l’altra, per poter procedere. Il tutto in un setting futuristico e fantascientifico. Ma andiamo con ordine e analizziamo ogni caratteristica del gioco.
Indice
La trama: Dove siamo?
Riguardo la trama di Faraday Protocol, è necessario parlare chiaro: la trama è un pretesto per buttarci dentro una sala dopo l’altra, uno ziqqurat dopo l’altro. Dunque la storia del videogame alle volte sembra essere solo un mero collante.
Il tutto mentre ci muoviamo su di un pianeta alieno. Attorno a noi ci sono costruzioni di alta tecnologia e i resti di una civiltà aliena. Siamo infatti attorniati da enormi statue che raffigurano personaggi simili a divinità terrestri (da quelle dell’antico Egitto a Cthulhu).
Nello scoprire i segreti di questo pianeta, visiteremo i suoi ziqqurat (il nome riprende le antiche piramidi a gradoni mesopotamiche) e sentiremo parlare delle stelle di questa civiltà: Alpha Centauri, Zeta Reticuli e molte altre ancora. Senza fare spoiler, stelle che curiosamente il nostro protagonista non conosce.
La domanda: chi siamo?
Abbiamo detto che la trama è un mero collante, ma c’è un grosso ma. Chi erano questi alieni? Dove siamo e dove sono finiti i vecchi abitanti del pianeta? Chi siamo noi e da dove veniamo?
E soprattutto: queste domande troveranno risposta all’interno dell’opera di Red Koi Box?
Se è vero infatti che alle volte la trama sembra molto stereotipata e costruita solo per dare senso alla lunga serie di puzzle, è pur vero infatti che noi siamo solo un pretesto incorporeo, ma un pretesto decisamente poetico.
A livello narrativo, sta forse proprio in queste domande senza risposta il piccolo punto di forza di Faraday Protocol. Dunque i misteri di un pianeta ignoto e noi, che rimaniamo soli fra gli enigmi.
Intanto, man mano che avanziamo fra le gallerie degli ziqqurat di Opis (il luogo in cui ci troviamo), ad accompagnarci avremo l’unica altra abitante delle rovine: l’intelligenza artificiale Iris. Che sia lei la chiave per disvelare ogni mistero?
Suoni da un mondo alieno
A proposito di solitudine e desolazione, parliamo adesso del comparto sonoro. Infatti quest’ultimo è particolare, è un estremo sottofondo che si nasconde sotto il nostro rimuginare sugli enigmi.
Le musiche d’atmosfera sono profonde e ipnotiche, come i disegni e le incisioni sulle pareti attorno a noi.
E quando non si lasciano andare a rombi e a ritmi fantascientifici, le musiche e il resto del suono sono scarni e talvolta apparentemente inesistenti. Il che sembra una scelta consapevole: nel loro non esserci, fanno sentire la loro mancanza aumentando il senso di desolazione e dando un valore ancora più grande ai momenti di tensione.
La grafica: com’è la vista da lassù?
A livello grafico, Faraday Protocol fa un bel lavoro nella resa della tecnologia aliena e delle sue costruzioni, così come negli effetti di raggi e altri elementi come luci e globi d’energia.
Molto interessanti sono anche le strutture, le statue e i simboli che troviamo nel corso dell’avventura, così come tanti piccoli dettagli. Però effettivamente, in qualche caso, ciò che abbiamo di fronte risulta fin troppo scarno. A differenza del sopracitato comparto sonoro, a schermo si nota la mancanza di elementi che avrebbero sicuramente arricchito l’esperienza da un punto di vista prettamente visivo. Addirittura, in alcune stanze c’è soltanto ciò che serve alla risoluzione degli enigmi.
A nostro avviso la resa grafica, più che nelle luminosissime sale e gallerie degli ziqqurat, a livello d’impatto sul nostro personaggio e su di noi, il meglio di sé lo dà quando usciamo dagli ziqqurat. Sopra di noi si apre un enorme cupola sotto un infinito cielo stellato, con le ombre degli ziqqurat che si folgorano delle loro luci d’oro.
Il gameplay: finalmente gli enigmi
Ultimi ma non ultimi, parliamo del cuore di Faraday Protocol, ovvero i suoi puzzle.
Le prove che ci sottopone il videogame di Red Koi Box sono una bella sfida con una buona varietà e con alcuni picchi di difficoltà parecchio interessanti. La soddisfazione che il videogioco riesce a darci ogni volta che si apre la porta successiva a un enigma è enorme. Però ogni tanto bisogna sapersi anche armare di pazienza, perché la frustrazione rischia di essere dietro l’angolo, quando magari un enigma risulta essere un po’ troppo ostico.
I puzzle di Faraday Protocol sono perlopiù logici. La struttura di questi puzzle è composta di simboli e oggetti da risposizionare nel posto corretto, assieme al superamento di ostacoli di varia natura e porte sbarrate.
Per riuscire nell’intento, oltre a utilizzare le nostre mani per azionare i pulsanti, impugnamo la nostra futuristica pistola. Questa è in grado di assorbire l’energia da speciali manufatti alieni, che fungono da batterie per porte, ponti e altro ancora. Una volta assorbita l’energia, possiamo scagliarla su altre batterie del medesimo tipo (ne esistono di due generi, con proprietà differenti, rosse e blu). Facendo così avanzeremo attivando di volta in volta gli strumenti e gli elementi per risolvere i puzzle.
Da un punto di vista del pattern dei comandi, ovviamente lo schema dei tasti che utilizziamo in game è molto semplice e accessibile. Sono infatti pochi i tasti che ci servono effettivamente per gli enigmi: dobbiamo giusto assorbire e sparare energia, muoverci e saltare, correre e ruotare la visuale.
Tutto ciò che non sono enigmi
Fra tutti gli enigmi di Faraday Protocol, c’è spazio per un minimo di esplorazione, e non soltanto per i collezionabili nascosti in maniera assai complessa negli angolini degli ziqqurat. Infatti l’esplorazione risulta estremamente efficace per avanzare in qualche punto, magari per scovare qualche interruttore o batteria aliena piazzati dietro pareti o colonne poco visibili.
Possiamo poi apprezzare il level design, che mostra una discreta varietà. Se infatti è vero che la tipologia di enigmi è spesso simile, tuttavia il modo in cui sono costruiti e concatenati nelle stanze rende meno tediosa l’esperienza puramente ludica. Peccato per la carenza di alcuni dettagli scenici negli interni, come abbiamo osservato parlando del comparto grafico.
La longevità del titolo targato Deck13 è molto soggettiva. Varia, a seconda dei casi, in base al nostro approccio agli enigmi, alle nostre abilità e alla nostra esperienza con puzzle game e simili. In ogni caso possiamo stimare un massimo di 10 ore circa, se rimaniamo bloccati in qualche sala o se ce la prendiamo con molta calma.
A proposito di calma, il gameplay è nella sua lentezza estremamente rilassante. Con il giusto impianto sonoro e le rovine vuote degli ziqqurat, dà forti sensazioni della solitudine di cui abbiamo già parlato.
Conclusioni
Faraday Protocol è un buon gioco e sicuramente gli appassionati di puzzle game lo apprezzeranno. I suoi punti forti stanno nella giusta longevità e complessità. Con un comparto sonoro più che all’altezza e una storia interessante, le ore di enigmi che ci troviamo ad affrontare sono rese molto piacevoli, all’interno delle disadorne sale degli ziqqurat di Opis.
Tuttavia, in generale, si porta dietro degli spigoli di troppo, che se limati avrebbero reso il videogame di livello più alto: a livello grafico abbiamo notato l’assenza di qualche elemento aggiuntivo a schermo, assieme a forse una necessaria maggiore varietà nel gameplay.
Ciononostante possiamo complessivamente promuovere più che bene l’opera italiana di Red Koi Box.
La qualità e la complessità degli enigmi
Il comparto sonoro
L'atmosfera
Ambientazione talvolta scarna
Non troppa varietà nel gameplay