Intervista a Walter Rivetti: doppiatore, voce di Rico Rodriguez in Just Cause, Jefferson Davis in Marvel Spider-Man e Butters Stotch in South Park

Informazioni sul gioco

Arricchiamo ancora una volta la nostra rubrica delle interviste ospitando questa volta Walter Rivetti, doppiatore professionista.

Walter Rivetti ha doppiato numerosi personaggi nei videogiochi. Molti appassionati sicuramente lo ricorderanno nei panni di Rico Rodriguez in Just Cause, un agente segreto che deve liberare lo stato insulare di San Esperito dal governo di un presidente terrorista. Il titolo è stato sviluppato dalla software house svedese Avalanche Studios, che attualmente sta lavorando con Xbox Game Studios sul videogioco Contraband. 

Walter RivettiChi è Walter Rivetti

Walter Rivetti nasce a Susa il 23 luglio del 1977.

Si avvicina al mondo del leggio attraverso le radio. Inizia la sua formazione teatrale affiancato dal Santo Versace.

Cosa ha doppiato

Walter Rivetti ha doppiato numerose pellicole cinematografiche, ha prestato la voce a Luke Perry in Goodnight for Justice: Il valore di un uomoLove in Paradise, Philip Seymour Hoffman in Love Liza e George Friedrich in Rimini.

Nelle serie animate presta la voce a Butters Stotch in South Park, insieme ad altri personaggi secondari e Kurama in Naruto.

Per quanto riguarda i videogiochi, è stato la voce di Rico Rodriguez in Just Cause e Just Cause 2, Grayson in Deus Ex: Human Revolution, Jefferson Davis in Marvel Spider-Man, Marvel Spider-Man: Miles Morales e Marvel Spider-Man 2 e Wrecking Ball in Overwatch 2.

Intervista a Walter Rivetti

Intervista a Walter Rivetti

  • Come ti sei avvicinato al mondo del doppiaggio?

Mi sono avvicinato al mondo del doppiaggio attraverso la radio. Alle superiori il mio professore di storia e italiano era direttore di una piccola radio locale dal nome Susa Onda Radio. Un po’ per ringraziarmelo e un po’ perché era un obbiettivo raggiungibile, ho iniziato a lavorare gratuitamente in questa associazione di volontari, presso questa radio. Ho iniziato a capire che dovevo migliorare la mia voce, non era educata e non sapevo usarla correttamente. Casualmente ho scoperto che c’erano delle voci bellissime in televisione e che erano quelle dei doppiatori. Ho continuato quello che facevo in radio ma studiando recitazione a teatro.

Inoltre, oltre al teatro frequentavo l’università. Andavo all’università di giorno e la sera andavo a scuola di teatro. Ho terminato la formazione teatrale e la formazione universitaria insieme. Io ho studiato, mi sono laureato come biologo che non c’entra assolutamente nulla con il mondo del doppiaggio però mi è servito per avere una forma mentis un po’ diversa da quella di tanti colleghi. I miei colleghi doppiatori hanno un’impronta prettamente artistica, mi piace definirla in maniera dispregiativa “artistoide”.

Io invece mi definisco più schematico. Ho iniziato seguendo i turni di doppiaggio, cosa che adesso è molto difficile, ed è per questo che nei miei video presenti nel mio canale Youtube consiglio anche di scegliere scuole di doppiaggio che ti permettano di assistere. Un po’ alla volta ho iniziato sia a doppiare e sia ad adattare, ovvero la fase che anticipa il leggio.

  • Nel corso della tua carriera contornata da molteplici lavori, qual è il ricordo più intenso legato al mondo del doppiaggio?

Ci sono state ovviamente occasioni belle e occasioni  brutte. Entrambe sono legate alle lacrime. All’inizio della mia carriera alcuni direttori bulli e idioti avevano la tendenza a insultarti e farti sentire male. Ricordo che ero in macchina e mi assicuravo di non essere visto perché piansi dal nervoso. Da una parte non ero riuscito ad esprimere quello che avrei voluto dimostrare, dall’altra mi trattarono male. Al tempo stesso le  lacrime mi ricordano anche momenti positivi.

Stavo doppiando una serie televisiva dal nome Halt and Catch Fire, dove doppiavo uno dei protagonisti. A un certo punto succedono delle situazioni molto intense dove leggo una lettera molto toccante. Mi misi a piangere e con me anche l’assistente e il direttore.

Questo è un lavoro che, se non lo fai solo da un punto di vista tecnico, tocca delle corde intime. Spero che il doppiaggio sia arrivato agli spettatori.

  • Sappiamo che hai doppiato moltissimi videogiochi, torneremo a sentire la tua voce in un futuro titolo?

Ho appena finito di doppiare un videogioco dove sono il protagonista. Un piccolo videogioco che serve a educare i bambini in ambito musicale. Sono presente in molti videogiochi anche se in parti minori, tipico dei doppiatori caratteristici.

Io insieme ad altri colleghi abbiamo la capacità di cambiare molto la voce. Possiamo interpretare tanti personaggi. Siamo utili perché riusciamo a coprire tanti personaggi nell’arco di una narrazione. Ci sono doppiatori che hanno una voce più riconoscibile e non sanno mutarla bene. In questi casi vengono utilizzati come protagonisti.

Kurama Naruto

Doppiare le urla e le morti

  • Qual è stato il personaggio più difficile da doppiare, a quale sei più affezionato?

I giochi di guerra sono sempre quelli che mi mettono un po’ in difficoltà. Sono lunghi e urlati. Le sessioni di doppiaggio urlate sono faticose. Le morti dei personaggi sono tra i momenti che i doppiatori odiano. Tra le morti, la peggiore è quella per ustione.

Ci vuole molto volume, oltre a essere una scena prolungata. Secondo me ci sono situazioni tecniche e recitative. Dal punto di vista tecnico farei rientrare Kurama in Naruto. Per questo personaggio utilizzo una fonazione che riguarda le false corde e le aritenoidi. Per fare questa voce non mi faccio particolarmente male ma è faticosa.

L’altra difficoltà invece è quella recitativa. In tutti i prodotti c’è quella battuta che non riesci a raccogliere o a esprimerla. Mi viene in mente il film Love Liza dove doppio Philip Seymour Hoffman. In una scena ride per 30 secondi, in questa risata esprime il suo malessere per aver perso sua moglie senza sapere perché. Quella scena è stata particolarmente pesante.

Rico Rodriguez Just Cause

Rico Rodriguez e il doppiaggio di Just Cause

  •  Sappiamo che hai doppiato Rico Rodriguez in Just Cause, cosa puoi raccontarci del doppiaggio di quel videogioco?

Sono un po’ offeso perché mi hanno sostituito nel terzo capitolo. L’ho scoperto molto tardi grazie a un appassionato di videogiochi che mi ha chiesto perché non fossi più il doppiatore di Rico Rodriguez. Il collega non mi ha chiesto, non è stata una mossa carina. Non sapevo avesse così tanto seguito questo videogioco.

Ricordo che avevo visto su YouTube una scena dove lui si lancia dall’aereo e quando l’ho visto ho detto: “Mannaggia, se l’avessi saputo che si stava lanciando da un aereo la battuta l’avrei fatta diversamente”. Nei videogiochi non vediamo quello che succede, abbiamo solo l’onda sonora. Nonostante l’assenza dei video è uscito fuori un buon prodotto. Se così tanta gente è affezionata vuol dire che comunque è andata bene.

  • Quali sono i consigli che daresti a nuovi e aspiranti attori?

Per tutti i consigli sul mondo del doppiaggio vi invito a seguirmi sul mio sito rivettiwalter.com, dove riporto tutti i problemi e i trucchi di questo mestiere. Tratto solo questi argomenti, sono pochi i video dove mi riprendo mentre faccio il doppiaggio. Io non sono figlio di doppiatori, non arrivo da un ambiente di artisti. Mio padre lavorava per la SIP e mia madre all’Enel. Nella mia famiglia non si sapeva assolutamente nulla di doppiaggio.

Una caratteristica che consiglio è quella di essere ostinati e organizzati. C’è molta gente di talento che non riesce ad avere spazio perché sono sorpassati da altri che hanno meno talento ma sono ossessionati dall’organizzazione. Bisogna sapersi anche organizzare da un punto di vista economico perché è dispendioso spostarsi per andare ad assistere o a partecipare a dei provini. Senza dimenticarci i costi per seguire dei corsi specializzati. Tutte queste cose le faccio rientrare nella fase organizzativa che mi piace definire “ossessione sana”, che può essere d’aiuto. Questa è una delle mie caratteristiche che mi hanno portato avanti nella mia carriera.

Un altro consiglio è quello di continuare a bussare alla porta dei direttori, creare un “dolce assedio”. Ovviamente non bisogna diventare rompiscatole, ma con l’educazione fargli comprendere che siamo disposti a trasformare questo mestiere nel nostro lavoro.

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