Intervista a Gabriele Marchingiglio, voce di Tommy in The Last of Us

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Ospite di oggi della nostra consueta rubrica delle interviste è Gabriele Marchingiglio, doppiatore di professione e voce di uno dei personaggi più rilevanti di The Last of Us, ovvero Tommy Miller, fratello minore di Joel. Tommy ha un ruolo chiave nella psicologia di Ellie, soprattutto quando decide di andare alla fattoria, dove Ellie e Dina hanno scelto di riprendersi dopo il calvario contro Abby. Oggi siamo qui per scoprire qualche retroscena sul doppiaggio del videogioco.

 

  • Cosa ti ha spinto a entrare nel mondo del doppiaggio?

Tutto parte da quando ho 10 anni, inizio a prendere lezioni di chitarra, durante quel periodo mia madre decide di acquistare A Kind of Magic dei Queen, quindi per casa aleggiano queste note e io canto a squarciagola, avvicinandomi così al canto. Quando avrò i mezzi inizierò un corso di canto con una grandissima cantante lirica degli anni ’60 e mi formerò in questa maniera, intanto canto con dei gruppi rock, organizzando serate per il Nord Italia. Poi si presenta l’occasione di fare un jingle per uno spot per le caramelle Alpenliebe per il quale canto la cover dei Counting crows, ovvero Big Yellow Taxi. In pratica quando sento in onda questo mio jingle la sensazione è bellissima, chiedendomi perché non provare a fare anche la parte parlata?

Di conseguenza decido di prendere lezioni di dizione da un’attrice, che poi mi chiederà se voglio entrare a far parte della sua compagnia teatrale, nel frattempo mi appassiona l’arte della recitazione cosi decido di iscrivermi a un corso piuttosto intensivo di recitazione a Milano al Centro Teatro Attivo, per cui saranno due anni in cui quotidianamente mi allenavo 5-6 ore al giorno. Il secondo anno mi viene proposto da un teatro stabile di fare il provino per Il fu Mattia Pascal. Vinco il provino e per due o tre mesi vado in tournée in giro per il Nord Italia con questa compagnia.

Professionalmente mi cimento in una esperienza impegnativa e quando torno a metà del secondo anno di studi, effettivamente sono già proiettato verso il mondo del lavoro nello spettacolo. Il doppiaggio mi ha sempre affascinato in quanto avevo già iniziato a seguire i colleghi di Milano che lavoravano su quella piazza e da lì iniziai anche io a lavorare in questo mondo.

 

  • Puoi raccontarci qualche aneddoto e retroscena dietro il lavoro svolto per The Last of Us Parte 2?

The Last of Us Parte 2 è un titolo bellissimo, e io sono onorato di essere tra le voci che interpretano questa questo videogioco. Anni fa venni chiamato da Simone Savogin che, non conoscendomi, mi vede a teatro, invitato da dei colleghi, e sorpreso mi disse: come mai non ho avuto il piacere di conoscerti? E visto che curava una nota azienda di doppiaggio nel campo videoludico, mi fece andare a fare questo provino o addirittura, ora non ricordo, mi scelse direttamente per poter fare il personaggio di Tommy.

Ho notato una differenza tra il primo capitolo e quest’ultimo nel senso che sembra siano cambiati gli attori, difatti nel primo capitolo il personaggio sembrava quasi che fosse una sorta di Sawyer di Lost, molto determinato, molto graffiante nella recitazione anche spocchioso a tratti irriverente; mentre questa volta devo dire che la voce mi sembrava più delicata, molto più morbida la recitazione. Il bello di questa seconda tornata e che tutto il lavoro è iniziato appena dopo l’estate del 2019 e si è protratto per diversi mesi, addirittura fino all’inizio del 2020.

La cosa bella dei videogiochi è che si usano alcune tecniche pazzesche, per cui questi attori vengono vestiti con delle tute con dei sensori, ovvero in motion captures, che praticamente registrano tutti i loro movimenti e li trasformano nelle cutscenes che verranno poi inserite nei videogiochi. La cosa particolare e che mi è capitato di doppiare sia la figura umana piena di questi sensori, che il videogioco già finito. In tutti e due i casi è molto stimolante perché quando ci sono lavori così impegnativi, c’è sempre molto più tempo, c’è sempre molta più cura e ci si diverte tanto.

Inoltre, devo precisare che gli attori sono bravi e questo è un valore aggiunto per cui quando devi prestare la tua voce a degli attori bravi, non puoi fare altro che seguirli e cercare di dare il meglio riproducendo nella tua lingua quello che viene fatto dall’altra parte.

  • Qual è stato il personaggio più difficile da doppiare? E a quale sei più affezionato?
Il cast della serie Suits, serie interamente disponibile su Netflix.

Il doppiaggio più difficile è stato quello di un personaggio della serie televisiva Suits, ovvero una serie di avvocati dove praticamente Giuppy Izzo, doppiatrice di uno dei personaggi principali, mi ha indicato di doppiare un uomo alto un metro e novanta, in pratica una branda, con una voce che viene da sottoterra e, benché abbiamo la stessa età, ho trovato veramente molto impegnativo doppiare questo personaggio per la mia vocalità. Lei mi ha messo alla prova e mi ha guidato in una maniera straordinaria, facendomi arrivare a fare una cosa che io non pensavo sarei riuscito a fare.

Uscire dai propri canoni è molto difficile, i personaggi in giacca e cravatta faccio un po’ difficoltà a seguirli, soprattutto quando c’è molta linearità nella recitazione, io faccio molta fatica, quindi questa lavorazione è stata veramente difficile perché il genere si distacca completamente da quello che mi sento. Ringrazio la mia collega perché è riuscita a insegnarmi veramente tanto, sono molto contento di questa ulteriore sfida vinta.

Per l’altra domanda, in realtà sono affezionato a tutti indistintamente, perché si impara sempre da tutte le persone che ti guidano e che ti accompagnano nel lavoro, quindi ci si affeziona a ogni lavorazione.

  • Che consiglio daresti a nuovi e aspiranti doppiatori?

Partiamo dal presupposto che io non posso dare consigli, non mi sento in grado di poter dare suggerimenti ad aspiranti doppiatori perché ho iniziato molto tardi. Penso che la cosa che possa fare la differenza, oltre alla dedizione, possa essere soprattutto l’umiltà.

Bisogna entrare in un’ottica in cui ci sono colleghi che hanno imparato tecniche dai migliori professionisti che, grazie alle loro performance, rimangono nella storia per sempre, queste persone sono degli esempi di professionalità. Quindi, l’umiltà, l’impegno e la costanza sono gli elementi essenziali per formarci all’interno di questo campo professionale.

In conclusione, recepire bene i consigli da chi ha una certa esperienza, se non si sta a contatto con i colleghi che ne sanno di più, non si può fare niente, perché solo da lì proviene la conoscenza. Con questo ringrazio la redazione di Videogiochitalia.it per avermi dato questa opportunità, ovviamente spero di continuare a far parte del cast per i prossimi The Last of Us nel caso in cui la saga dovesse proseguire, e di fare ancora meglio, questo è il vero carburante per chi aspira a fare bene questo lavoro, a presto.

 

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