Sony PlayStation accusata di sessismo

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Lo scorso novembre una ex dipendente di Sony PlayStation ha fatto causa alla celebre azienda videoludica in California (sede di Sony U.S.). Le accuse sono di discriminazione di genere e licenziamento non motivato, avvenuto peraltro subito dopo aver parlato apertamente all’azienda della discriminazione in un reclamo. La causa emerge in un contesto molto travagliato per l’intera industria, in cui si stanno esaminando con attenzione le culture degli ambienti lavorativi. Ma non si tratta solo di videogiochi, il settore Tech in generale è permeato da una diffusa cultura misogina, chiamata “frat boy culture” o “bro culture”.

Nel luglio del 2021 una gigantesca indagine giudiziaria e giornalistica svela una discriminazione sistemica delle impiegate e delle minoranze ad Activision-Blizzard, ma ci sono stati casi anche nell’ambiente Riot Games e Ubisoft. L’inchiesta sul caso PlayStation è stata riportata da Stephen Totilo e Magan Farokhmanesh di Axios ed è tuttora un processo in corso.

La causa

Emma Majo ha lavorato in Sony PlayStation come analista del reparto IT. Oltre alla sua causa specifica di discriminazione e licenziamento immotivato, Majo sta cercando di espandere la causa per renderla collettiva a nome di tutte le donne che hanno lavorato nell’azienda. All’interno del documento è affermato che PlayStation avrebbe violato la United States’ Equal Pay Act, una legge del 1963 che abolisce la disparità salariale basata sul genere. La ex dipendente dichiara, infatti, la presenza nell’azienda di una discriminazione nella retribuzione e nella possibilità di promozione per le donne e per chi si identifica nel genere femminile. Queste sono, infatti, soggette quotidianamente ad una “cultura di lavoro a predominanza maschile.”

Emma Majo ha dichiarato di essere stata spesso ignorata da un manager che rispondeva solo agli uomini. Inoltre è stata scartata per promozioni, nonché licenziata dopo aver presentato un reclamo. A detta di Sony, il licenziamento dell’analista di sicurezza è avvenuto a causa della chiusura di un dipartimento interno. Majo ha però specificato nel documento di non aver mai fatto parte del dipartimento interno citato da Sony.

Sony
Majo v. Sony Interactive Entertainment LLC, p.9

La svolta

Sony ha respinto le accuse. Qualche mese dopo, l’azienda nipponica ha chiesto la completa archiviazione del caso. Secondo i legali della corporation, l’ex dipendente non avrebbe indicato nella causa “alcuna policy, pratica o procedura che abbia posto le basi per una diffusa e intenzionale discriminazione”.

La scorsa settimana, il legale di Emma Majo ha raccolto le testimonianze di altre otto donne, una di queste attualmente impiegata a PlayStation. Le testimonianze raccolte parlano di una serie di comportamenti diffusi in più uffici della compagnia sul territorio statunitense. Le testimoni parlano di commenti avvilenti, avances sgradite e mancanza di attenzione per il loro lavoro o le loro idee. Ma anche di una sensazione di difficoltà per le donne nel ricevere promozioni dall’azienda, soprattutto per ruoli senior.

Marie Harrington, una veterana di Sony Online Entertainment e Sony PlayStation per 16 anni, ha raccontato di una riunione in cui unicamente quattro donne sono state considerate per una promozione, rispetto a 70 uomini. Ad ognuna di queste impiegate, aggiunge, sono stati fatti commenti inopportuni sulla loro vita personale che non sono mai stati rivolti agli altri candidati. Kara Johnson, ex Program Manager, afferma di credere che “Sony non sia attrezzata a sufficienza per gestire ambienti di lavoro tossici”. In una lettera inviata ad una collega a gennaio 2021, Johnson scrive dei suoi tentativi di denunciare un bias di genere in azienda, discriminazioni contro donne incinte e resistenza di un responsabile delle Risorse Umane ad agire sulla questione.

Sony
Majo v. Sony Interactive Entertainment LLC, p.11

La risposta di Sony

La settimana successiva alle nuove testimonianze, Sony risponde prendendo coscienza della situazione. “SIE (Sony Interactive Entertainment)”, scrivono i legali, “prende le nuove dichiarazioni presentate con molta serietà.” Si tratta sicuramente di un passo avanti, ma ciò non sembra aver cambiato le intenzioni dell’azienda, continuando a volere l’archiviazione della causa.”Sebbene la maggior parte [delle accuse] provenga da ex dipendenti che non lavorano più in SIE, SIE ha affrontato o affronterà le questioni sollevate a tempo debito. SIE apprezza le sue dipendenti donne e adotta misure proattive per garantire che abbiano tutte le opportunità di prosperare ed essere ascoltate.”

I legali della corporation affermano che le nuove testimonianze raccolte, che accompagnano la causa di Emma Majo, non cambiano la situazione. L’udienza per chiedere l’archiviazione e la caduta delle accuse è prevista per metà aprile.

Fonte: Axios, Documento Legale.

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