Le accuse ad Activision Blizzard e al mondo dei videogiochi: la situazione finora [IN AGGIORNAMENTO]

activision blizzard riot

Un uragano di proteste e accuse ha investito nei giorni scorsi Activision Blizzard (e ora anche Riot Games, come vi riportiamo in fondo all’articolo). Sono infatti molte le testimonianze di dipendenti ed ex-dipendenti che parlano di violenze verbali, sessismo e sfruttamento.
Non è certamente il primo caso in cui certi dettagli e certe situazioni incresciose e inqualificabili dell’industria videoludica si rivelano al grande pubblico.

Tuttavia ciò che colpisce è la quantità di persone pronte a farsi avanti per rivelare un ambiente a dir poco tossico di una delle principali software house. Inoltre queste accuse hanno portato a un inevitabile crollo in borsa delle azioni e anche a proteste organizzate dai dipendenti di Activision.
Vediamo nel dettaglio ogni fase di questa vicenda.

Le accuse

Grazie a Bloomberg abbiamo scoperto della denuncia depositata presso il California Department of Fair Employment and Housing. In questa denuncia si fa riferimento a un sistema di costanti molestie sessuali, paga ineguale e ritorsioni, il tutto a danno delle donne impiegate di Activision Blizzard.

Con un’indagine proseguita per due anni, il California Department of Fair Employment and Housing ha dato seguito alle accuse relative a un ambiente di lavoro da confraternita, in cui vige la cosiddetta bro culture.
Con un numero di impiegate donne in Activision Blizzard pari a circa il 20% della forza lavoro, queste hanno in molti casi denunciato comportamenti decisamente inappropriati (quando non apertamente illegali) da parte dei colleghi e dei superiori maschi.

I comportamenti discriminatori

A livello di compensi fra maschi e femmine vi sarebbero state forti differenze, così come nel caso di licenziamenti e promozioni.
Infatti la compagnia avrebbe promosso con più facilità impiegati uomini rispetto alle omologhe femminili. E, allo stesso tempo, sarebbe stata più propensa a licenziare le donne rispetto agli uomini.
Tutto ciò si lega anche alla possibilità per le donne di rimanere incinte, il che sarebbe stato un danno in termini di tempo e spese per l’azienda.

Strettamente connessi con il tema della maternità, abbiamo le accuse relative a critiche alle madri che necessitano di tempo per passare a prendere i figli a scuola. O, ancora peggio, accuse di madri fatte uscire forzatamente dalle sale adibite all’allattamento, affinché quelle stanze venissero usate dai colleghi per meeting.

Inoltre molto spesso gli uomini si sarebbero dedicati ad altre attività rispetto al lavoro, come bere alcolici e giocare ai videogiochi, delegando i loro compiti alle colleghe femminili.

Il problema sessuale

Activision Blizzard accuse

Infine vi è l’annosa questione delle molestie sessuali.
Se infattisi parte da battute a sfondo sessuale, si passa però infine a battute su stupri, come le vecchie foto con vertici della compagnia (come il noto Alex Afrasiabi) in cui questi si mettevano in posa con immagini di Bill Cosby (che sappiamo essere stato condannato per molteplici stupri).
E proprio Afrasiabi, precedentemente senior creative director per World of Warcraft, è uno degli elementi centrali del procedimento penale. Infatti l’uomo si sarebbe reso partecipe, negli anni, di comportamenti scorretti, battute inappropriate e perfino veri e propri tentativi di approcci quasi sfociati in assalti sessuali.

A quanto pare, tuttavia, stando al documento dell’agenzia californiana questi comportamenti sarebbero stati all’ordine del giorno in Activision Blizzard.
Si parla di ubriachezza molesta, con uomini in stato di ebbrezza che, di ufficio in ufficio, si lasciavano andare ad approcci spesso esagerati ai danni delle colleghe.

Addirittura si fa riferimento al suicidio di una dipendente di Activision mentre era in viaggio di lavoro con un superiore. Questo tragico evento sarebbe connesso con la diffusione di immagini intime della stessa durante un party aziendale.

Infine il California Department accusa Activision Blizzard di non aver preso alcun provvedimento in difesa delle donne. Né per quel che riguarda la situazione economica e lavorativa, né da un punto di vista di comportamento e molestie sul luogo di lavoro.

Le reazioni dei vertici di Activision Blizzard

Immediata è stata la replica di un portavoce della consociata, che ha parlato di “descrizioni distorte, e in molti casi false, del passato di Blizzard“. A ciò ha aggiunto che “l’immagine che l’agenzia dipinge non rispecchia ciò che Blizzard è oggi“.
Inoltre lo stesso portavoce ha fatto riferimento al valore dato alla diversità e all’inclusività all’interno dell’azienda. Ciò significa che “non c’è spazio nella nostra compagnia […] per cattiva condotta sessuale o molestie di qualunque tipo“, e annuncia che vi sarà un’investigazione interna per andare a fondo riguardo la questione.

Oltre alle parole del portavoce ufficiale, ci sono state poi le dichiarazioni dei vertici della compagnia, affidate a e-mail dirette ai dipendenti e trapelate grazie a insider e newser.

Cosa ha detto il presidente di Activision

Questa è la mail riportata da Nicole Carpenter e scritta dal presidente di Activision Rob Kostich. Ecco alcuni punti salienti della mail.

[…] Queste accuse sono profondamente disturbanti.
[…] Non c’è alcuna tolleranza per questo tipo di comportamento nel nostro posto di lavoro o, francamente, nella nostra società.
Noi, come compagnia, prendiamo seriamente questo tipo di accuse e investighiamo su ogni caso […].
I comportamenti descritti non riflettono i valori della nostra compagnia […]. E questi valori non sono soltanto parole su di un documento […].
Come sempre, se avete bisogno di parlarne con qualcuno, rivolgetevi al vostro manager, al vostro collaboratore delle risorse umane, a un superiore di cui vi fidate o a me direttamente […].

Dichiarazioni a confronto: J. Allen Brack

Queste sono invece le due mail riportate da Jason Schreier e che rimandano al presidente di Blizzard J. Allen Brack e all’executive di Activision Blizzard Fran Townsend, recentemente approdata nella compagnia dopo anni nella politica.
Le due dichiarazioni risultano di senso diametralmente opposto, come possiamo appurare leggendone alcuni stralci.
Vediamo la mail scritta da J. Allen Brack.

[…] Le accuse e il dolore dei dipendenti passati e presenti sono estremamente preoccupanti.
So che molti di voi vorrebbero una maggiore chiarezza. Non posso commentare gli specifici casi essendoci un’indagine aperta, tuttavia ciò che posso dire è che il comportamento descritto nelle accuse è totalmente inaccettabile.
[…] Chi ne ha bisogno, può parlare apertamente senza paura di ritorsioni, e molte volte prendo in carico io direttamente queste dichiarazioni assieme agli altri vertici.

[…] La lotta per l’uguaglianza e la parità è sempre stata incredibilmente importante per me. Persone con differenti background, punti di vista ed esperienze sono fondamentali per la Blizzard e […] detesto la bro culture.
[…] Una compagnia è molto più di un costrutto legale che esiste come pezzo di carta in un archivio nel Delaware […].

Dopo queste parole, il leader di Blizzard segue i passi del suo omologo di Activision, invitando i dipendenti a rivolgersi a persone fidate per rivelare cosa succede all’interno dell’azienda. Inoltre, qualora non ci si sentisse al sicuro con nessuno in Activision Blizzard, invita comunque eventualmente a rivolgersi a persone esterne alla consociata.
Conclude poi facendo riferimento a quanto si senta triste e arrabbiato per questa scoperta in seno alla sua azienda.
Vi rimandiamo al termine dell’articolo per ulteriori aggiornamenti.

Activision Blizzard

La voce fuori dal coro: Fran Townsend

Vediamo invece cosa ha avuto da dire l’executive Fran Townsend. Come dicevamo, ha utilizzato un tono decisamente diverso nella sua lettera ai dipendenti.

[…] Una recente denuncia ha presentato un’immagine distorta e non veritiera della nostra compagnia, con narrazioni errate, fuori contesto e vecchie (alcune risalenti a più di dieci anni fa).

L’Activision di oggi, l’Activision che conosco io, è una grande compagnia con valori sani. Quando sono entrata nell’Executive Leadership Team, ero sicura di star entrando in una compagnia in cui sarei stata valorizzata, trattata con rispetto e in cui avrei avuto accesso alle stesse possibilità concesse agli uomini.
Per me è stato così fin da quando sono arrivata. Come leader, è mio obbligo far sì che la mia esperienza sia la stessa per il resto dell’organizzazione […].

Sono orgogliosa di esser parte di una compagnia che prende sul serio la lotta agli ambienti di lavoro ostili e ai problemi di molestie sessuali […]. Ci sforziamo tremendamente per creare politiche di compensi giusti e non discriminatori […].

State sicuri che i vertici della compagnia sono intenzionati a mantenere un posto di lavoro giusto, sicuro e inclusivo.
Non possiamo permettere che le disdicevoli azioni di alcuni, assieme a una denuncia veramente immotivata e irresponsabile, danneggino la nostra cultura di rispetto e uguali opportunità per tutti gli impiegati […].

Le parole del veterano di Blizzard

Dunque tanta confusione e indecisione nelle dichiarazioni dei vertici di Activision Blizzard. Come se non fosse abbastanza, a queste si aggiungono le lapidarie parole di rammarico di Mike Morhaime, co-fondatore di Blizzard. Vediamole insieme.

[…] Mi vergogno […]. Sono stato in Blizzard per 28 anni. Durante quel periodo ho cercato di creare un ambiente che fosse sicuro e accogliente per tutte le tipologie di persone. Sapevo che non era perfetto e che eravamo lontani dall’obiettivo. Il fatto che tante donne siano state maltrattate senza alcun supporto significa che le abbiamo deluse […].

Le molestie e la discriminazione esistono. Sono diffusi nella nostra industria. È responsabilità dei nostri vertici di far sentire tutti i dipendenti al sicuro, supportati e trattati in maniera corretta […].
Mi rivolgo alle donne di Blizzard che hanno provato queste esperienze: sono estremamente dispiaciuto di avervi deluse.
So che queste sono solo parole, ma voglio rivolgermi alle donne che hanno avuto orribili esperienze. Vi ascolto, vi credo […].

Voglio ascoltare le vostre storie, se siete intenzionate a raccontarle. Come leader nel nostro settore, posso e userò la mia influenza per spingere verso un cambiamento positivo contro la misoginia, la discriminazione e le molestie […].
Credo che la gaming industry possa essere un posto in cui le donne e le minoranze possano sentirsi accolte, incluse, supportate, premiate e ricompensate, e in generale non venga impedito loro di dare il loro contributo all’intera industria […].

Le opinioni delle altre software house

I Tweet di Bungie

Fra coloro che, all’esterno di Activision Blizzard, hanno fatto sentire per primi la loro voce per prendere posizione, segnaliamo Bungie. Dopo aver collaborato con Activision fino al 2019, se ne è discostata per tornare a lavorare in proprio.
Adesso, in occasione di questa brutta situazione, Bungie ha pubblicato una serie di post su Twitter dedicati alla vicenda, che viene condannata in ogni suo dettaglio. Ecco alcuni significativi Tweet dell’azienda.

Fra le cose che leggiamo nei commenti di Bungie, troviamo alcune dichiarazioni d’intenti.

Non facciamo finta che Bungie sia perfetta o che nessuno abbia avuto esperienze di molestie lavorando presso di noi. Ma non tolleriamo certi comportamenti e li affrontiamo di petto […]

È nostra responsabilità assicurare che questo tipo di comportamenti non venga mai tollerato ad alcun livello […].

In Bungie abbiamo una politica di tolleranza zero per gli ambienti che supportano questa cultura tossica, e abbiamo l’obbligo di eradicarli per difendere coloro che sono a rischio.

La lettera dei dipendenti di Ubisoft

Oltre a Bungie, a schierarsi apertamente con i dipendenti di Activision Blizzard troviamo i lavoratori di un altro colosso del gaming, ovvero Ubisoft. Lo fanno con una lettera aperta firmata da circa 500 dipendenti, da 32 studi di Ubisoft sparsi fra tre continenti. In questa lettera sono molti gli elementi salienti che i firmatari mettono in mostra.

Intanto la vicinanza con i colleghi dell’azienda rivale, con il chiaro “Noi vi crediamo. Siamo dalla vostra parte e vi sosteniamo“.
E, forse ancora più importante, la seguente frase: “Non dovrebbe più sorprendere nessuno. Impiegati, dirigenti, giornalisti e fan sanno che questi atti atroci avvengono continuamente. È il tempo di finirla di essere scioccati. Dobbiamo pretendere dei veri passi per prevenire questi atti […]“.

Ma questa lettera non è solo per Activision Blizzard, poiché i firmatari guardano anche in casa propria, non nuova a situazioni simili in passato, anche recente.
E lo fanno quando scrivono “Siamo stati a guardare mentre licenziavate solo i principali colpevoli. Avete lasciato il resto dimettersi o peggio, li avete promossi, li avete spostati da uno studio all’altro, da un team all’altro, dando loro seconde possibilità senza alcuna ripercussione. Tutto questo deve finire“.

I vertici di Ubisoft fanno sapere di prendere molto seriamente questa lettera aperta e che faranno di tutto per andare incontro alle esigenze dei dipendenti, come quella di partecipare al modo in cui muoversi nel prossimo futuro.

L’intervento di Phil Spencer

Anche il capo di Xbox e vicepresidente della sezione gaming in Microsoft Phil Spencer ha detto la sua sulla situazione attuale e più in generale sulla condizione femminile.

Sono appena uscito da un’importante discussione con Xbox Women in Gaming, da cui ho imparato così tanto nel corso degli anni. Voglio condividere il mio personale supporto per chiunque abbia subito molestie sessuali o discriminazione. Vi vedo. Sto dalla vostra parte.

Le reazioni della stampa

Oltre a Bungie alle condanne in seno agli sviluppatori di videogiochi, non sono mancate anche reazioni dure nella stampa specializzata.
Come vediamo dai Tweet qua sotto, infatti, sono diversi gli editori di testate giornalistiche che si stanno imponendo contro Activision Blizzard. In particolare questa forma di protesta pare che prenderà la forma di una mancata copertura delle news sulla consociata, fin quando l’azienda non si sarà ripulita dagli elementi e dalle situazioni disturbanti.

Le proteste

Dopo il primo botta e risposta fra dipendenti e azienda, è arrivata una lettera di protesta formale da parte dei dipendenti di Activision Blizzard.
Con questa lettera, firmata da più di 2500 dipendenti ed ex-dipendenti, arriva una risposta di condanna univoca in generale dagli impiegati della consociata. Di seguito trovate le parti salienti della lunga lettera.

Noi firmatari concordiamo che le dichiarazioni di Activision Blizzard e dei loro legali, così come la successiva missiva interna di Frances Townsend, sono disgustose e sono un insulto per tutto ciò che questa compagnia dovrebbe difendere. […] I nostri valori come impiegati non sono stati riflessi chiaramente nelle parole e nelle azioni dei nostri capi.

[…] Categorizzare le dichiarazioni che sono state fatte come “distorte, e in molti casi false” crea un’atmosfera di colpevolizzazione delle vittime. Inoltre mette in dubbio l’abilità delle nostre organizzazioni di punire chi abusa per le proprie azioni, e invalida la possibilità per le vittime di farsi avanti in futuro […].
[…] Non crediamo più che i nostri leader mettano la sicurezza dei dipendenti prima dei propri interessi. Dichiarare che si tratta di una “denuncia infondata e irresponsabile” […] è semplicemente inaccettabile.

Chiediamo dichiarazioni ufficiali che riconoscano la serietà di quese accuse e dimostrino compassione per le vittime […]. Chiediamo che Frances Townsend paghi per le proprie parole e lasci il posto di Executive Sponsore per l’Activision Blizzard King Employee Women’s Network […]. Chiediamo che l’esecutivo aziendale lavori su nuovi e significativi sforzi […].
Stiamo dalla parte di amiche, colleghe e chiunque altro nella nostra community abbia subito maltrattamenti e molestie di qualunque tipo.

Non saremo ridotti al silenzio, non saremo messi da parte, non ci arrenderemo finché la compagnia che amiamo non sarà un posto di lavoro di cui ci sentiremo orgogliosi di farne parte. Noi saremo il cambiamento.

Lo sciopero

Dopo la lettera di protesta, è arrivato lo sciopero del 28 luglio. Organizzato in loco a Irvine, California, presso una delle sedi della consociata, e virtualmente ovunque siano i dipendenti, ha come scopo l’accettazione da parte di Activision Blizzard di alcuni punti espressi in una dichiarazione concordata dagli organizzatori. Ecco di seguito questi punti.

1. Fine delle clausole arbitrali obbligatorie su qualunque tipologia di contratto, presente e futuro. Queste clausole proteggono i molestatori e limitano la capacità delle vittime di avere un risarcimento.

2. L’adozione di politiche di reclutamento, colloquio, assunzione e promozione che migliorino la rappresentazione fra gli impiegati di qualunque livello […]. Le pratiche attuali hanno portato ad avere meno donne, in particolare donne di colore e transessuali, meno persone non-binary e altri gruppi marginalizzati assunti meno facilmente in nuove posizioni rispetto agli uomini.

3. La pubblicazione dei dati relativi ai compensi (includendo sussidi e partecipazioni agli utili), percentuali di promozione e range salariali per i dipendenti di qualunque genere ed etnia della compagnia. Le pratiche correnti hanno infatti portato a compensi e promozioni non equi per le categorie appena citate.

4. Dare potere a una task force per assumere una società esterna che controlli la struttura gerarchica, il dipartimento delle Risorse Umane e lo staff esecutivo. È imperativo identificare quanto i sistemi attuali abbiano fallito nel prevenire le molestie e nel proporre nuove soluzioni.

Il comunicato del CEO

A dare risposta ai dipendenti ci ha pensato in questi giorni anche Bobby Kotick, CEO di Activision Blizzard. Il capitano della nave lo fa con un comunicato ufficiale, che vi riportiamo qui sotto e nel quale tenta di riprendere le fila di tutta la vicenda.

[…] Voglio dare merito e ringraziare chiunque si sia fatto avanti in passato e in questi giorni. Apprezzo molto il vostro coraggio. Ogni voce conta […].
È necessario che esaminiamo ogni punto di vista ed esperienza, e che rispettiamo i sentimenti di coloro che sono stati maltrattati in qualunque modo. Mi dispiace che non abbiamo mostrato la giusta empatia e comprensione.
[…] Non c’è posto nella nostra compagnia per discriminazione, molestie, trattamenti diseguali di qualunque tipo.
Insieme faremo in modo di migliorare e costruire quel tipo di posto di lavoro inclusivo che è essenziale per stimolare la creatività e l’ispirazione.

Ho chiesto allo studio legale WilmerHale [che in passato ha evitato la formazione di un sindacato in seno ad Amazon, n.d.r.] di condurre una revisione delle nostre politiche e procedure per assicurare che abbiamo e manteniamo le pratiche migliori per promuovere un posto di lavoro rispettoso e inclusivo […].
Incoraggiamo chiunque [ne senta il bisogno] a mettersi in contatto con lo studio legale […]. Le vostre dichiarazioni saranno confidenziali. E non sarà tollerata alcuna ritorsione.
Ci impegnamo a cambiamenti sul lungo periodo […].

Gli impegni del CEO

1. Supporto ai dipendenti. Continueremo a indagare su ogni dichiarazione e non esiteremo a prendere decisioni drastiche. Per rafforzare le nostre capacità in questo campo, aggiungeremo staff supplementare e altre risorse […].

2. Sessioni di ascolto. Sappiamo che molti di voi hanno idee su come migliorare la nostra cultura. Creeremo degli spazi sicuri, moderati da terze parti, in cui parlare liberamente e condividere modi per migliorare.

3. Cambiamenti nel personale. Valuteremo immediatamente manager e capi di tutta la compagnia. Chiunque venga trovato colpevole di aver intralciato l’integrità dei nostri processi di valutazione […] verrà licenziato.

4. Pratiche di assunzione. All’inizio di quest’anno ho inviato un’e-mail a tutti gli addetti alle assunzioni per assicurarmi che ci fosse la giusta diversità per tutte le posizioni aperte. Istituiremo delle risorse per la conformità, per assicurare che i nostri addetti stiano di fatto aderendo a questa iniziativa.

5. Cambiamenti in game. Abbiamo ascoltato l’input dalla community di dipendenti e giocatori riguardo alcuni contenuti inappropriati all’interno dei nostri giochi. Rimuoveremo tali contenuti […].

Questi sono i punti su cui Bobby Kotick vuole improntare il cambiamento interno ad Activision Blizzard.

La postilla di World of Warcraft

Assieme al lungo comunicato di Bobby Kotick, segnaliamo anche quello del team di World of Warcraft. Nel messaggio, affidato a Twitter e che trovate qui sotto, si fa ovviamente riferimento alla situazione a dir poco incresciosa venuta a crearsi, alla vicinanza alle vittime e ai propositi futuri.
Anche in questa comunicazione, c’è un rimando ai cambiamenti in game che verranno apportati il prima possibile al loro famosissimo e tutt’oggi giocatissimo MMORPG.

L’ulteriore risposta dei dipendenti

I dipendenti, dopo il comunicato del CEO Bobby Kotick alla vigilia del loro sciopero, sono tornati alla carica con un altro documento ufficiale e senza giri di parole. Per completezza vi riportiamo la trascrizione delle parti più importanti anche di questo.

[…] Se da un lato siamo felici che la nostra voce collettiva (con una lettera aperta con migliaia di firmatari fra i dipendenti attuali) abbia convinto la leadership a cambiare il tono delle loro comunicazioni, questa risposta fallisce nel puntare contro gli elementi critici, focus dei problemi degli impiegati.

La risposta di Activision Blizzard infatti non ha dato risposta ai punti seguenti:
– la fine dell’arbitrato forzato per tutti i dipendenti;
– la partecipazione dei lavoratori alla supervisione delle politiche di assunzione e promozione;
– il bisogno di una maggiore trasparenza nei compensi per assicurare uguaglianza;
– la selezione da parte dei dipendenti di un ente esterno per controllare i processi interni alla compagnia (Risorse Umane e altri reparti).

Lo sciopero di oggi dimostrerà che non si tratta di un evento singolo che i nostri capi possono ignorare […].
Questo è l’inizio di un movimento permanente in favore di migliori condizioni per tutti i dipendenti, specialmente donne, in particolare donne di colore e transessuali, persone non-binary e altri gruppi discriminati.
[…] Guardiamo avanti per un dialogo costruttivo su come costruire una migliore Activision Blizzard per tutti i dipendenti.

Il Tweet di Fran Townsend

Come se non bastasse la lettera interna che vi abbiamo riportato più in alto, l’executive di Activision Blizzard Fran Townsend ha fatto parlare di sé su Twitter con un intervento che ha fatto scalpore e ha infiammato gli animi dei dipendenti ed ex-dipendenti dell’azienda.

Infatti Townsend se l’è presa senza giri di parole contro i cosiddetti “whistleblowers. In pratica, l’accusa di Fran Townsend è che le dipendenti e i loro colleghi maschi non avrebbero dovuto denunciare gli avvenimenti interni alla compagnia.

Ovviamente questo Tweet ha scatenato nuove polemiche. E molti impiegati di Activision Blizzard avrebbero rispondere direttamente all’executive, per scoprire soltanto di essere stati bloccati su Twitter dalla leader della compagnia.

Un’ulteriore testimonianza

Per questa ennesima, tremenda testimonianza, bisogna tornare al 2015. In quell’occasione, a Las Vegas, era in svolgimento una conferenza incentrata sulla cybersecurity.
Quella fu l’opportunità, per molte persone dell’ambiente, di farsi notare e ottenere un posto di lavoro ai vertici. Emily Mitchell provò a ottenere un colloquio proprio con Activision Blizzard, con tre vertici dell’azienda.

Tuttavia il colloquio non andò come sperato, tramutandosi presto in un’occasione di sessismo e umiliazione.
Infatti il campo di specializzazione di Mitchell è la cosiddetta penetration testing (o “pentesting“), dunque il controllo dei tentativi di accesso illegali.
Stando alle parole della donna, i rappresentanti di Activision Blizzard partirono dapprima questionando le capacità di Mitchell. Questo dubitando che conoscesse davvero la materia, per usare un eufemismo. Infatti a questo aggiunsero pure il chiederle se si fosse persa o se si trovasse lì perché aveva accompagnato il fidanzato.

Come se questo non fosse già abbastanza, i tre rincararono la dose con commenti decisamente fuori luogo e molesti. Mitchell indossava infatti, in rappresentanza dell’azienda SecureState, una maglia con la descrizione del suo ruolo come “Penetration Expert“.
Purtroppo i tre di Activision Blizzard si lasciarono andare a una sequela di battute inequivocabilmente squallide. Come riportate da Emily Mitchell, queste riguardavano “quando fosse stata l’ultima volta in cui ero stata penetrata, se mi piacesse essere penetrata, e quanto spesso io venissi penetrata“.
Per alcuni anni rimase in silenzio, per paura di non trovare lavoro in quanto mamma single. Dopodiché iniziò a parlarne in maniera confidenziale con i vertici della sua società, trovando fortunatamente conforto.
Intanto si attende una risposta ufficiale da parte di Activision Blizzard.

La situazione economica

Il tracollo in borsa

Tutta questa situazione non poteva non avere ripercussioni sulle quotazioni in borsa della consociata. Per rendercene conto, basta guardare il grafico sottostante. Questo ci mostra in maniera chiara il tracollo del valore delle azioni di Activision Blizzard dopo l’annuncio dello sciopero.

La perdita degli sponsor

Altro risultato dannoso per l’azienda sul fronte economico è ciò che sta succedendo sul lato e-sport. Infatti uno degli sponsor, la compagnia telefonica T-Mobile, ha ritirato la sua partnership con Activision Blizzard per quel che riguarda Overwatch League e Call of Duty League.

Non ci sono state ulteriori dichiarazioni, tuttavia è chiaro che T-Mobile non si riavvicinerà a breve alle due consociate. Il logo dello sponsor è sparito da ogni evento e dichiarazione ufficiale: non compare più nei Tweet, nella lista dei partner e infine è pure stato coperto con del nastro adesivo sulle divise degli atleti.

Anche gli azionisti fanno causa ad Activision Blizzard

In seguito alle vicende per le quali Activision Blizzard è finita sotto l’attenzione di tutti, molti investitori dell’azienda si sono sentiti imbrogliati dalla compagnia. Questo perché la società ha nascosto o mentito in merito a ciò che stava avvenendo all’interno della stessa.
Come promotori della causa si è fatto avanti lo studio legale Rosen Law Firm, specializzato in questa tipologia di problemi giudiziari.

Nella causa Activision Blizzard viene definita “terreno fertile per molestie e discriminazione ai danni delle donne“.
In riferimento al fatto che la compagnia non ha resi noti i problemi e non ha informato gli azionisti riguardo l’investigazione in atto, lo studio Rosen Law Firm è intenzionata a ottenere un sostanzioso risarcimento. Questo è connesso agli enormi danni economici e d’immagine dovuti a questo scandalo.

Le parole di Bobby Kotick agli azionisti

Proprio in questo ennesimo momento di tensione interna ed esterna, Bobby Kotick, il CEO della compagnia di cui abbiamo parlato più sopra, ha avuto un meeting con gli investitori, che è servita al leader di Activision Blizzard per fare il punto sul futuro delle consociate.

Oltre all’intenzione di perseguire tutti i colpevoli, qualunque ruolo nell’azienda essi ricoprano, Kotick ha aggiunto il proposito più importante per la compagnia.

Potete contare sulla mia più solida promessa che continueremo a focalizzarci sul metterci al servizio dei nostri giocatori. Così garantiremola crescita duratura che vi aspettate, e porteremo avanti le azioni necessarie per favorire una cultura che sia di supporto e accogliente per tutti i nostri impiegati.
Ci aspettiamo di diventare il miglior esempio possibile per altre compagnie.

I giocatori di Blizzard

Oltre alla situazione sul fronte economico, c’è la questione del numero di giocatori dei videogame di Activision Blizzard.
In particolare, Scott Johnson (presentatore del podcast The Instance dedicato a World of Warcraft) ha parlato riguardo a ciò che sarà il futuro di WoW nei prossimi mesi.

Infatti, partendo da un calo fisiologico dovuto all’estrema longevità del titolo online (con 17 anni sulle spalle), c’è anche la competizione con altri nuovi e vecchi titoli, come Final Fantasy XIV, che ne sta scalzando la supremazia.
E, appunto, c’è la tempesta attuale. Secondo Johnson questa potrebbe essere la pietra tombale sulla testa di World of Warcraft. Sono moltissimi i giocatori che hanno già deciso di boicottare e abbandonare il videogame di Blizzard.

L’abbandono di J. Allen Brack

Vi abbiamo riportato le parole del presidente di Blizzard J. Allen Brack sul disastro che ha investito la sua compagnia e Activision.
A quanto pare, Brack ha ora deciso di prendere misure drastiche in merito al proprio futuro.

Come riportato anche nel Tweet di Jason Schreier, a prendere il posto di Brack saranno in due: Jen Oneal e Mike Ybarra.
La prima, Oneal, dopo un lungo periodo alla guida di Vicarious Visions, è diventata a gennaio vice-presidente esecutiva dello sviluppo in Blizzard. Per quel che riguarda Ybarra, invece, dopo un lunghissimo stazionamento in Xbox è diventato anche lui vice-presidente esecutivo in Blizzard (dedicato all’area del “platform and technology“). Insomma stiamo parlando di due veterani ed esperti dell’industria.
In merito al ruolo che ricopriranno, non avranno il titolo di CEO o presidenti, ma saranno solo co-leader della compagnia.

Jen e Mike hanno più di 30 anni di esperienza nella gaming industry fra tutti e due […].
Entrambi sono profondamente rivolti […] a trasformare Blizzard il miglior luogo di lavoro possibile per le donne e le persone di qualunque genere, etnia, orientamento sessuale o background. Rinforzeranno i nostri valori e ricostruiranno la vostra fiducia […].

Queste sono le parti salienti del comunicato ufficiale di Blizzard in merito ai due nuovi leader.
Ovviamente non sono mancate anche le parole del precedente presidente di Blizzard J. Allen Brack: eccole qui sotto.

Sono sicuro che Oneal e Ybarra daranno a Blizzard ciò di cui ha bisogno per realizzare il suo pieno potenziale e accelerare la via del cambiamento. […] Possiamo fidarci della loro guida […].

Il passato di J. Allen Brack

Nonostante abbia abbandonato il suo ruolo, dobbiamo però parlare ancora di Brack e del periodo in cui è stato in forze a Blizzard.
Dobbiamo farlo per via delle sue dichiarazioni durante i primi giorni di caos. In quell’occasione ha dichiarato “detesto la bro culture“.
Tuttavia internet non dimentica e, proprio in questi giorni è tornato a galla un vecchio video relativo al panel di World of Warcraft durante il BlizzCon 2010.

Come si vede nel video, Xantia (nome di fantasia utilizzato dalla fan all’interno di WoW, non avendo voluto rivelare il proprio nome reale) pone al team di Blizzard una semplice domanda. Questa verte su temi di genere, in particolare se è possibile che le eroine dell’MMORPG non sembrino usciti da un catalogo di Victoria’s Secret (in riferimento agli abiti succenti di queste ultime).

Se una parte del pubblico si dimostra d’accordo con Xantia, in moltissimi si lasciano andare invece a fischi e urla di protesta.
Ed è qui che entrano in gioco i vertici di Blizzard, in primis proprio J. Allen Brack. Davanti all’occasione di dare una risposta sensata e, magari, evitare che l’audience si scagli contro una fan che ha fatto una semplice domanda, l’ex-presidente di Blizzard si mette a ridere e scherzare.
Di fronte a battute su quale altro catalogo potrebbe essere adatto a un personaggio come Sylvanas, o sul fatto che avrebbero scelto fra altri cataloghi, Xantia, visibilmente in imbarazzo, sorride e se ne va.

Raggiunta telefonicamente per questa ritrovata notorietà grazie al video, diventato ora virale, Xantia ha dichiarato, fra le varie cose, che proprio questa clip può essere presa come modello di una certa cultura insita nella gaming industry.

Jesse Meschuk: Blizzard perde un altro pezzo

Non ci sono dettagli sulla partenza di Jesse Meschuk, un altro degli executive di Blizzard che ha abbandonato l’azienda.
All’interno di Blizzard, Meschuk ricopriva il ruolo di “senior vice president” e “senior people officer“. Di fatto si trattava di un ruolo di primo piano nel settore delle risorse umane.

L’uscita degli sviluppatori: il futuro di Diablo 4

Activision Blizzard, e in particolare quest’ultima, continua a perdere elemento dopo elemento. Questa volta, come riporta Kotaku, sono ben tre membri del team ad abbandonare l’azienda.
Stiamo parlando di Jonathan LeCraft, designer di World of Warcraft, e, ancora più grave, Luis Barriga e Jesse McCree, rispettivamente game director e lead designer di Diablo 4.
Se da principio Blizzard aveva mantenuto il silenzio in merito alla dipartita dei tre, è poi arrivata la conferma diretta.

Abbiamo un gruppo di talentuosi sviluppatori già al lavoro e nuovi leader sono stati assegnati ai loro nuovi ruoli. Siamo fiduciosi […] nell’assicurare un ambiente di lavoro produttivo e sicuro per tutte le persone.
Possiamo confermare che Luis Barriga, Jesse McCree e Jonathan LeCraft non fanno più parte della compagnia.

Ovviamente non troviamo conferma in merito al motivo dell’allontanamento dall’azienda, ma gli eventi di cui vi abbiamo parlato sopra potrebbero essere sicuramente il motivo principale. Infatti, almeno per quel che riguarda McCree e LeCraft, entrambi compaiono nella foto in apertura relativa a quella ormai nota come Cosby Suite.
In aggiunta a loro, resta da vedere cosa succederà a Cory Stockton, altro lead game designer Blizzard. Anch’egli presente in posa con le immagini di Bill Cosby, al momento risulta ancora che faccia parte della compagnia.

Il futuro di Diablo 4 e Overwatch

Per quanto siano ovviamente elementi marginali rispetto alla salute e alla sicurezza dei dipendenti della compagnia, resta da capire cosa ne sarà dei due franchise di punta di Activision Blizzard.
Infatti per Diablo 4, già atteso da moltissimo tempo da fan e non della saga, possiamo ipotizzare che subirà un ritardo più o meno indifferente, in base a quanto Blizzard saprà reinventarsi e rimettersi in sesto in fretta.

Non da meno per quel che riguarda Overwatch. Volutamente non stiamo parlando di Overwatch 2, che già sembrava ancora distante, ma del primo episodio del multiplayer online.
Infatti, come accennato sopra, Blizzard ha già iniziato a intervenire su World of Warcraft, rimuovendo elementi e rimandi sconvenienti. Fra questi citiamo i riferimenti all’ormai vituperato Afrasiabi (ex-senior creative director del videogame).
Allo stesso modo, in Overwatch è presente il pistolero McCree, che è proprio un omaggio al designer appena allontanato.

Jesse Mcree cambia nome

È proprio al personaggio di McCree di Overwatch che Blizzard ha dedicato un comunicato ufficiale. Infatti, visto il recente e odioso legame fra il nome del personaggio e la sua dedica al lead designer di Diablo 4, Blizzard ha deciso di cambiare il nome al suo eroe. Qua sotto trovate il comunicato.

Abbiamo costruito l’universo di Overwatch attorno all’idea che inclusività, uguaglianza e speranza fossero i mattoni con cui costruire un futuro migliore […].

[…] Noi crediamo che sia necessario cambiare il nome dell’eroe adesso noto come McCree in qualcosa che rispecchi meglio ciò che Overwatch rappresenta.

Sappiamo che un cambiamento di tale portata a un personaggio tanto amato e centrale nella finzione del gioco avrà bisogno di tempo per funzionare al meglio […]. Nel breve periodo, avevamo pianificato un arco narrativo a settembre con una nuova storia e contenuti in game, all’interno dei quali McCree era un elemento chiave. Visto che vogliamo integrare questo cambiamento [del nome, n.d.r.] nell’arco narrativo, quest’ultimo slitterà più avanti nell corso dell’anno […].
In generale, i personaggi in game non verranno mai più rinonimati come impiegati reali, e saremo più consapevoli e attenti riguardo i riferimenti al mondo reale nei prossimi contenuti di Overwatch.

Ciò aiuterà a rinforzare l’idea che stiamo creando un universo fittizio inequivocabilmente distante dal mondo reale, e aiuterà a illustrare meglio il fatto che le creazioni in Overwatch sono davvero un lavoro di squadra. […] Speriamo di farvi arrivare il nostro impegno nel rendere Overwatch un’esperienza migliore in game, oltre a rendere il nostro team il migliore possibile.

Ecco dunque l’ultimo Tweet della compagnia in merito al nome dell’eroe di Overwatch. Apprendiamo così che d’ora in avanti McCree si chiamerà Cole Cassidy. Come la transizione verrà gestita in game e nella lore del gioco, lo scopriremo nei prossimi mesi.

Le ultime rivelazioni a Kotaku: tra sfruttamento e discriminazione

In un recente articolo, il team di Kotaku ha raccolto molte testimonianze di dipendenti ed ex-dipendenti di Activision Blizzard. Questi hanno fatto riferimento al loro reparto, quello degli addetti al Controllo Qualità, tirando in ballo orari di lavoro interminabili e paghe molto basse.

Gli orari e la paga

Stando alle dichiarazioni arrivate a Kotaku, spesso le ore settimanali di lavoro arrivano a 50-60. Tuttavia, in momenti di lavoro particolare, queste possono arrivare a 70 ore alla settimana.

Per quel che concerne invece le paghe dei dipendenti, risultano essere decisamente basse. Ciò, ovviamente in riferimento alla tipologia di lavoro di alto profilo e specializzato, in un paese in cui il costo della vita risulta decisamente alto.
In base alle informazioni trapelate, il compenso medio oscilla fra i 14 e i 17 $ orari. In particolare, poi, un dipendente del Controllo Qualità ha riferito di aver subito un taglio allo stipendio di 7 $ l’ora (non ha tuttavia rivelato a quanto ammonti attualmente il suo compenso).

Non ho la possibilità di vivere da solo. Non ho prestiti di alcun tipo né figli. Vivo con il mio partner, quindi credo di essere più fortunato della maggioranza. Conosco molte persone che non possono prendersi una pausa dal lavoro, nonostante la loro condizione mentale, perché non sarebbero in grado di permettersi i beni di prima necessità come l’affitto e il cibo.

Devo vivere in una casa con almeno altre tre persone per poter sopravvivere senza saltare i pasti. Anche se siamo in quattro ad avere uno stipendio in casa, è comunque difficile arrivare in fondo al mese mentre siamo disponibili a lavoare per il Controllo Qualità di Activision.

Queste sono due dichiarazioni che provengono direttamente da due dipendenti della compagnia, e danno un’idea generale della condizione all’interno dell’azienda.

Le altre mancanze

Oltre alla paga e agli orari eccessivi, sono poi altre le mancanze aggiuntive per i lavoratori di Activision Blizzard. Questo almeno stando a ciò che hanno riportato degli anonimi dipendenti.
Facciamo riferimento a permessi e congedi per malattia retribuiti. Infatti i dipendenti non avrebbero accesso a queste forme di assistenzialismo. La causa di ciò è da ricercare nel fatto che molto spesso i tester del Controllo Qualità sono lavoratori a contratto, dunque non vengono trattati (legalmente e dall’azienda) come dei normali lavoratori full-time.
Ciò rende i dipendenti di Activision Blizzard ampiamente rimpiazzabili al termine del loro rapporto di lavoro. La loro richiesta sarebbe quella di un giusto compenso e condizioni di lavoro migliori.
Il già citato Bobby Kotick, ha avuto solo nel 2020 una donazione di 28 milioni di dollari per gli obiettivi raggiunti.

Le discriminazioni ai danni delle persone trans

Tecnicamente Activision Blizzard è dalla parte delle persone transgender interne all’azienda, permettendo loro di scegliere il nome (anche se ancora non modificato legalmente) con cui preferiscono essere chiamate.
Tuttavia, alla prova dei fatti, spesso nei server e nelle applicazioni della compagnia viene resettato il nome “originale” (il cosiddetto deadname). Per far sì che il cambiamento venga confermato, spesso le persone devono rivolgersi ai superiori o alle Risorse Umane.
Andrew, dipendente trans della compagnia, ha dichiarato quanto segue.

[…] Le Risorse Umane sono a conoscenza di questo problema e posso supporre che abbiano parlato fra di loro riguardo il risolvere questo problema. Tuttavia è da almeno un anno che questa situazione persiste.
Uno dei membri del team ha fatto la classica battuta del tipo ‘io mi identifico come un elicottero’ […].

Di tenore simile sono le dichiarazioni di Billy, che dopo qualche mese di lavoro ha richiesto che nei suoi confronti venisse utilizzata la coppia di pronomi they/them. I membri del team, tutti uomini, si sono rifiutati di assecondare la sua richiesta.

Un membro del team ha fatto la classica battuta ‘io mi identifico come un elicottero’ e nessuno ha detto nulla per correggerlo.

Billy ha dunque contattato il dipartimento delle Risorse Umane per organizzare delle sessioni di training che servissero a sensibilizzare in merito a questo tema. Purtroppo non ha ricevuto alcuna risposta per mesi.
Un altro impiegato ha dichiarato che Activision Blizzard fa sempre il minimo in merito a questi training.
Alla fine Billy ha fatto richiesta di essere spostato in un differente team.

‘Lavori per Blizzard, non ti senti fortunato?’
Ma la realtà è che abbiamo costantemente a che fare con persone difficili […]. L’unico modo per avere un vero cambiamento è cambiare la cultura [che si trova nell’azienda, n.d.r.] e l’attitudine delle persone a capo.

La risposta di Activision Blizzard

Ovviamente non è mancata la pronta risposta di Activision Blizzard. In merito agli orari di lavoro sfiancanti, il rappresentante di Activision Blizzard ha scritto a Kotaku riferendo che la maggior parte degli straordinari è volontaria.
Parlando invece delle paghe, lo stesso rappresentante dichiara che il compenso per lo staff del Controllo Qualità varia in base a luogo di lavoro, anzianità, esperienza e performance.

Offriamo a tutti i membri del team del Controllo Qualità che sono nostri dipendenti il congedo per malattia retribuito […]. Stiamo attivamente lavorando per implementare questa politica anche per coloro che lavorano in stati dove non è obbligatoria [non in tutti gli Stati Uniti è assicurata questa forma di assistenza, n.d.r.].

Questa è la parte della mail con cui Activision Blizzard ha comunicato la sua versione della storia in merito ai congedi e ai permessi. Per ciò che concerne invece la situazione delle persone trans in azienda, hanno scritto quanto segue.

Una volta assunto, ogni impiegato deve prender parte al nostro Codice di Condotta, che poi deve essere rivisto e confermato annualmente. Inoltre devono frequentare un corso su Uguaglianza e Diversità ogni due anni.
In aggiunta, hanno accesso al nostro sistema di apprendimento con vari training […]. Infine tutti i membri del Controllo Qualità sono invitati agli eventi live […].

L’insabbiamento

Stando a quanto riportato nientemeno che lo stato della California, Activision Blizzard avrebbe addirittura distrutto delle prove riguardo l’investigazione, come possiamo leggere nel Tweet che segue, a firma di CharlieIntel, che riporta i documenti ufficiali.

Il governo della California ha aggiornato le accuse contro Activision Blizzard, dichiarando che il reparto Risorse Umane della compagnia avrebbe distrutto documenti relativi all’investigazione. Inoltre le Risorse Umane non starebbero dando seguito alle richieste.
L’azione legale inoltre si è allargata fino a coprire anche le esperienze dei lavoratori a tempo determinato.

Gli ultimi sviluppi e i licenziamenti di massa

Dalle prime indagini e indiscrezioni sono passati mesi (se non anni), tuttavia ancora non è stata detta l’ultima parola in merito alla questione delle molestie e delle discriminazioni in Activision Blizzard.
In ordine di tempo, durante il settembre 2021 abbiamo visto i vertici della consociata accordarsi con l’Equal Employment Opportunity Commission. Si tratta di un ente statunitense che, come dice il nome, si occupa dell’uguaglianza sui luoghi di lavoro.
E, in merito al suo lavoro in Activision, la commissione ha investigato le accuse più volte citate qua sopra. Risultato di queste investigazioni è stato il prendere atto che la compagnia ha fallito nell’adottare misure correttive e preventive a tutela delle e dei dipendenti.

Oltre alle dichiarazioni e alle parole, ci sono stati anche delle azioni.
Intanto delle linee guida e delle modalità su come risolvere i problemi e le lamentele nel migliore dei modi, così da fornire un luogo di lavoro più adeguato e in cui tutti possano sentirsi al sicuro.
Doopodiché, non sono mancati anche i licenziamenti. Sono stati ben 20 i dipendenti allontanati dall’azienda, e il motivo è proprio da ricercare nel loro evidente comportamento scorretto portato avanti sul luogo di lavoro. Activision non ha rivelato i nomi, tuttavia questo è comunque uno dei molti passi da fare per far tornare il pubblico e i lavoratori a fidarsi della compagnia.

Salta la BlizzConline 2022

Uno degli ultimi risultati di tutte le vicende di cui abbiamo scritto e di cui abbiamo sentito in questi mesi, è la cancellazione della BlizzConline 2022.
Con un comunicato ufficiale, infatti, Blizzard ha fatto sapere al mondo dei videogamer che il suo prossimo evento, ovvero la BlizzCon in formato digitale prevista per febbraio 2022, questa volta non si terrà.
Fra i motivi addotti dalla compagnia troviamo proprio, fra le righe, i riferimenti all’ambiente di lavoro ostile e tossico. Oltre a questo, leggiamo anche la volontà e la priorità di dedicarsi in primis a migliorare la vita dei dipendenti e i loro progetti.
Se siete interessati a leggere il comunicato nel dettaglio, vi rimandiamo alla nostra news dedicata.

 

Anche Riot Games nell’occhio del ciclone

Non solo Activision Blizzard, ma anche Riot Games, la compagnia che ha portato alla luce League of Legends, è stata presa di mira per comportamenti discriminatori e molesti ai danni delle donne dell’azienda.
A darne atto sono state nei mesi scorsi due agenzie governative della California: il California Department of Fair Employment and Housing e la Division of Labor Standards Enforcement. Dunque troviamo la stessa agenzia che si sta occupando anche di Activision Blizzard.
Anche le accuse sono più o meno le medesime. Si va da molestie sessuali sul luogo di lavoro, discriminazioni di genere in merito a compensi, assunzioni e promozioni, gli arbitrati obbligatori e infine ritorsioni ai danni delle donne che hanno provato a opporsi a questo sistema.

Dal 2018 a ora

La notizia, originariamente, non è delle più nuove. Infatti le prime avvisaglie si erano già avute nel 2018, con le prime accuse e denunce ai danni della software house californiana.
In quell’occasione, Riot Games aveva poi ammesso i propri limiti e le proprie colpe, con dichiarazioni d’intenti e l’istituzione di sistemi di educazione e prevenzione. Inoltre si era arrivati alla proposta di 10 milioni di dollari di risarcimento per le donne vittime di maltrattamenti, discriminazioni e molestie all’interno dell’azienda.
Tuttavia il Department of Fair Employment and Housing ha dichiarato questa cifra troppo bassa, stimando come cifra più ragionevole 400 milioni di dollari.

Ora intanto l’investigazione delle agenzie californiane prosegue.
In merito a ciò, un rappresentante di Riot Games ha dichiarato che “non c’è molto da dire in merito allo stato delle cose con il DFEH. La verità è che siamo di fronte a una materia legale legata al passato, ma il nostro team (fuori dall’area legale) è più concentrato sul futuro“.
Dunque, come nel caso di alcune dichiarazioni all’interno di Activision Blizzard, si pone l’accento sul fatto che questi siano eventi e situazioni relativi al passato più che alla condizione attuale della compagnia.

 

La situazione in Paradox Interactive

A seguito degli ultimi eventi, appunto con le scoperte e le rivelazioni in merito a molestie e discriminazioni in molteplici compagnie, anche le altre software house hanno iniziato a interrogarsi sulla situazione al proprio interno. È questo il caso di Paradox Interactive.
Il publisher svedese, finanziatore negli anni di titoli come Pillars of Eternity e il più recente Crusader Kings III, ha infatti visto da poco il diffondersi dei risultati di un sondaggio distribuito fra i suoi dipendenti, il cui scopo era appunto quello di saggiare la qualità del luogo di lavoro.
Ma andiamo con ordine: tutto è emerso da uno scoop della testata svedese breakit.se, che ha appunto ricevuto una dritta da un dipendente di Paradox. La vicenda è partita da un sondaggio creato e diffuso da due sindacati svedesi (Unionen and Sveriges Ingenjörer)

Dopo che i sindacati hanno ricevuto le risposte al sondaggio, hanno mostrato i risultati al gruppo dirigente. E proprio in quei giorni si è avuta la dipartita della presidente Ebba Ljungerud, per quanto le fonti interne smentiscano ogni legame con la vicenda.
Ciò che sicuramente è interessante sono le risposte al sondaggio.

Il sondaggio e il futuro di Paradox

Dei circa 400 dipendenti svedesi di Paradox, 133 hanno partecipato al sondaggio. Il 44% di questi ha dichiarato di aver subito maltrattamenti all’interno della compagnia.
Di quei 133 rispondenti, il 26% sono donne (dunque 35 impiegate). Fra queste, i numeri legati a molestie e maltrattamenti sono peggiori: il 69% dichiara di averne subiti (a confronto con gli uomini, fra i quali la percentuale si attesta al 33%).
Fra le conclusioni che troviamo nel report di Unionen and Sveriges Ingenjörer, leggiamo di una “cultura del silenzio” e che “trattamenti offensivi sono un problema sistemico e fin troppo comune in Paradox“. Inoltre, apprendiamo anche che “c’è la percezione che i colpevoli a livello manageriale siano protetti dalla compagnia“.

In risposta a tutto ciò, Paradox ha diffuso una lettera aperta, nella quale spiega come si muoverà nel prossimo periodo. In questa, il publisher vuole fare chiarezza su ciò che avverrà: “Paradox è ora alla ricerca di una compagnia esterna e neutrale, per condurre una revisione dei nostri processi e un sondaggio completo fra tutti gli impiegati“.
Intanto, al momento l’azienda ha anche un nuovo volto, con il nuovo CEO Fredrik Wester, già CEO della compagnia in passato e co-fondatore dellla stessa.

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