Ospite di oggi della nostra rubrica delle interviste è Davide Marzi, doppiatore professionista. Davide Marzi è stato la voce di Mads Mikkelsen in Death Stranding, titolo di Kojima, di cui ne è stato anche annunciato un film.
Nella testimonianza raccolta oggi sono presenti alcuni dei nomi più iconici della storia del doppiaggio. Una vera miniera d’oro per tutti gli appassionati. Nell’intervista comprendiamo anche alcuni meccanismi di questo mestiere davvero interessanti e inediti.
Chi è Davide Marzi
Davide Marzi, pseudonimo di Davide Bottiglieri, nasce a Palermo e compie gli anni il 20 marzo.
Si avvicina al mondo della recitazione fin da giovane come scopriremo anche all’interno dell’intervista.
Cosa ha doppiato
Davide Marzi ha doppiato numerose pellicole cinematografiche, lo ricordiamo nei panni di Rufus Sewell in The Illusionist, Adrien Brody in The Experiment e Mads Mikkelsen in Rogue One: A Star Wars Story, Polar.
Nelle serie televisive ha prestato la voce a Vincent Piazza in Boardwalk Empire – L’impero del crimine e Patrick Fabian in Better Call Saul. Nei cartoni animati è stato la prima voce di Otto Disc e Julius Hibbert nei Simpson. Attualmente è la voce del giardiniere Willie, sempre nei Simpson, a partire dalla sedicesima stagione.
Per quanto concerne il mondo videoludico ha doppiato Vezreh in Horizon Forbidden West, Ryder in Knack, Saul Bright in Cyberpunk 2077, Grouse in Borderlands 3 e Mads Mikkelsen nei panni di Clifford Unger in Death Stranding.
Intervista a Davide Marzi
- Come ti sei avvicinato al mondo del doppiaggio?
Mi sono avvicinato al mondo del doppiaggio in periodi diversi. In giovanissima età ho lavorato per delle radio private in quanto avevo una grande passione per la musica. Al tempo stesso avevo il desiderio di parlare bene e quindi ho studiato dizione. Mi trovavo con la mia famiglia a Milano e decisi di andare a lezione da un attore al Teatro Piccolo, appunto di Milano. Mi ricordo che con molti sacrifici iniziai a frequentare queste lezioni. Il mio insegnante si rese conto dei miei progressi e quindi mi consigliò di fare teatro e doppiaggio.
Passano gli anni e nel frattempo ho degli avvicendamenti con Mediaset, ma a un certo punto decido di prendermi un anno sabbatico. Abbandono tutto e torno a Palermo. Sempre a Palermo vengo assorbito dal mondo della musica e della radio. Per riprendere un po’ di contatti mi tuffo di nuovo nel mondo delle radio e del teatro. Comincio a frequentare questo corso di teatro su consiglio di un mio amico speaker. Mi nota il capocomico della compagnia, anche perché avevo studiato dizione ed ero abituato a leggere. Tra l’altro era il direttore del personale del Teatro Biondo di Palermo. In pratica, il direttore mi disse: “hai delle qualità, perché non le sfrutti?”. Entrai nella sua compagnia e cominciammo a lavorare.
Poco più tardi vengo invitato dal titolare di una radio di Cefalù a fare un programma. Una volta arrivato mi confida di essere il compare d’anello (in pratica il testimone di nozze NdR) di Pino Locchi. All’epoca ero poco informato e non mi era familiare questo nome. Pino Locchi tanto per intenderci era la voce di Sean Connery. A un certo punto la realtà siciliana mi sta stretta, nonostante lavorassi con la RAI e presentassi spettacoli. Decido di fare il grande salto andando a Roma e fare dei provini come attore e doppiatore. Le paure e i timori erano tanti, soprattutto all’idea di presentarmi al cospetto di questi grandi artisti.
Decisi di telefonare il signor Locchi per andare a trovarlo. Mi invitò ad andare in uno stabilimento dal nome I villini, che adesso non esiste più, in quanto realizzavano parecchi film. Mi presento una mattina in questo stabilimento e vedo entrare personaggi dal calibro di Ferruccio Amendola e Rita Savagnone. Aspetto e vedo entrare un signore piccoletto con un cappelletto in testa. Mi presento e mi invita a seguire il turno di doppiaggio in assoluto silenzio. Mi misi in un angolino e vidi al Leggio: Vittoria Febbi, Ferruccio Amendola, Alessandro Rossi e Roberto Chevalier. Alla fine di questo turno di doppiaggio Pietro Locchi si avvicinò e mi disse: “Senti perché non vai a leggio? Voglio sentire la tua voce”.
Con quella incoscienza che accompagna i giovani mi avvicinai al leggio e doppiai una scena di un attore francese. Ero così emozionato che chiesi un bicchiere d’acqua. Pietro Locchi mi disse che avevo una voce dolce e che comunque dovevo continuare con il teatro. Dopo quella piccola parentesi tornai a Palermo perché avevo un contratto RAI. Passata l’estate, tornai a Roma e ricominciai a frequentare le sale di doppiaggio e a fare dei provini.
- Nel corso della tua lunga carriera contornata da molteplici lavori, qual è il ricordo più intenso legato al mondo del doppiaggio?
Affronto tutti i personaggi con una certa passione. Ci sono degli attori che prediligo e dei generi che preferisco. Spesso vengo identificato come l’antagonista, ma in realtà io ho un’anima romantica, mi piace doppiare gli attori teneri. Fra gli attori che mi hanno emozionato posso citare Rufus Sewell in The Illusionist dove sono stato diretto magistralmente da Roberto Chevalier. Ho doppiato Adrien Brody con Manlio de Angelis nel film The Experiment, che era una riproposta di un vecchio film tedesco. L’attore è stato bravissimo, mi è bastato semplicemente seguirlo. Un altro attore che amo particolarmente è Mads Mikkelsen, anche perché sono molto vicino al suo stile recitativo. Mads Mikkelsen l’ho doppiato in Star Wars: Rogue One.
All’epoca ho fatto un provino con Carlo Cosolo. Poi ho doppiato nuovamente Mads Mikkelsen in un film Netflix dal nome Polar. Ho doppiato Goran Višnjić in Extant, in questo caso è venuto fuori un personaggio più umano con le sue fragilità. In questa serie uno scienziato crea un bambino che desidera avere e che condivide con la moglie. Ho amato ognuno di questi attori. Ogni volta che sono al leggio mi immedesimo nel doppiare quell’attore che devo interpretare e di cercare di fare un buon servizio.
Ultimamente grazie a Riccardo Rossi sono stato scelto per doppiare un attore di una serie dal nome Hotel Portofino. La particolarità è che doppio un attore italiano, il suo nome è Pasquale Esposito. Questo attore interpreta la parte di un gerarca fascista, devo dire che è stato molto bravo. Non è stato difficile ricalcare le sue emozioni, anche se recitava in inglese.
- Sappiamo che hai doppiato Mads Mikkelsen in Death Stranding. Trattandosi di una personalità enigmatica e controversa, com’è stato doppiare un’opera così significativa e particolare?
Questo progetto era nell’aria, speravo mi chiamassero perché come ho detto prima avevo già doppiato Mads Mikkelsen. È un attore che mi piace tanto e quindi speri di poterlo seguire nel suo percorso, purtroppo non sempre è così. Ci sono stati casi della storia del doppiaggio dove non sempre viene scelta la stessa voce per lo stesso attore. Venni chiamato da una società di doppiaggio, ovvero la Local Transit, per fare alcuni provini.
Venni preso in considerazione perché il cliente voleva sentire le voci degli attori che avevano già doppiato Mads Mikkelsen. Nel provino vedo davvero poco, tra l’altro è una cosa che accade sempre più spesso. Ci tengono all’oscuro da quello che è il prodotto finale, firmiamo degli accordi di riservatezza. Insomma, fa parte del sistema.
Passa qualche mese, la società mi chiama per informarvi che avevo vinto il provino per Death Stranding. Anzi, non mi dicono neanche il titolo della lavorazione. Inizio a fare alcuni turni e devo dire che mi è piaciuto tantissimo perché ho avuto modo di doppiarlo in presenza di alcuni video, al contrario di altri videogiochi in cui era presente solo un’onda sonora.
Essendo un prodotto dalla forte impronte cinematografica, mi sono sentito tranquillo e ho cercato di seguirlo nel miglior modo possibile. Ce l’ho messa tutta e spero davvero di aver fatto un buon lavoro. Mi auguro che in qualche modo questa mia lavorazione possa anche essere arrivata a Mads Mikkelsen.
- Nella tua lunga carriera, qual è stato il personaggio più difficile da doppiare?
Io non credo che la mia sia una lunga carriera, ho ancora molto da imparare dal punto di vista professionale e artistico. Ho avuto grosse difficoltà a capire esattamente come funzionava il sistema del doppiaggio.
Oltre agli attori che ho citato prima sono legato ad alcuni documentari dove sono un presentatore. Nella versione originale è condotto da Ant Anstead, il programma si chiama Affari a 4 Ruote. Mi sono subito incollato a questo presentatore abbastanza bizzarro. Mi è piaciuto, ho sentito in lui una personalità che mi ha attratto.
Ho cercato di dare il meglio e di rendere il prodotto non come un normale documentario ma farlo vivere come se fosse un vero doppiaggio. Discovery chiede sempre la mia voce ogni volta che c’è Ant Anstead, squadra vincente non si cambia. Quando sento che la battuta non è molto vera o magari è troppo impostata sono il primo a volerla rifare, sono abbastanza esigente.
Ho avuto la fortuna di lavorare con Tonino Accolla e Vittorio Di Prima, entrambi siciliani come me. Ho lavorato con alcuni miei coetanei che ora sono direttori di doppiaggio come: Alessandro Quarta, Riccardo Rossi, Roberto Gammino che sono dei veri maestri. Hanno una passione davvero straordinaria di questa professione. Io sono ancora in una fase di crescita, devo imparare tante cose.
Agli esordi della mia carriera ero andato a fare un provino da Vittorio Di Prima che aveva da poco doppiato Philippe Noiret in Nuovo Cinema Paradiso. Mi ricordo che disse che avevo una voce interessante ma che ancora dovevo crescere, mi dicevano tutti cosi. Dopo qualche mese, andai a scuola dell’accademia che mi impartiva lezioni in privato. L’inizio è stato molto faticoso. Il doppiatore prima di tutto è un attore, se non hai esperienza nel campo della recitazione non puoi andare avanti.
Per molti anni ho fatto per la Rai sceneggiati radiofonici in cui ho lavorato con bravissimi attori. Ho conosciuto Oreste Lionello, Solvejg D’assunta e Cristiana Lionello. Cristiana Lionello mi ha dato delle possibilità e per questo la ringrazio.
- Parlaci del rapporto con Tonino Accolla e i tuoi primi lavori nei Simpson.
Chiamala determinazione, fortuna, destino, ma riesco a conoscere Tonino Accolla, mentre facevo un provino con Vittorio di Prima. In pratica arriva in sala e appena inizia a parlare gli faccio: “Eddie Murphy?”. Ero veramente eccitato in quel momento perché seguivo con grande interesse i film di Eddie Murphy.
Fatto sta che trovandosi lì mi ascolta anche lui in quel provino. Una volta finito mi disse: “Bene, dai il tuo numero in società e riferisci che Tonino Accolla vuole che ti inseriscano nel suo prossimo film”. All’epoca facevo massimo due o tre turni al mese, non avevo nessuno che mi sponsorizzava, non ero un figlio d’arte. In conclusione, non credevo tanto a questa sua affermazione.
Invece, dopo solo tre giorni, venni chiamato per doppiare Il mio primo film in compagnia di Tonino Accolla. Ricordo che era un turno di brusio, ma che era a tutti gli effetti un piccolo ruolo, non era un mormorio di massa. Doppiai un barman e un poliziotto. Mi ricordo che mi incitò a cambiare voce, mi impegnai davvero tanto.
Per quanto riguarda i Simpson mi ricordo che aveva già scelto i personaggi principali, ma non ancora tutti quelli di contorno. Tra questi mi si presenta la possibilità di doppiare Otto Disc, l’autista della scuola. Visto che avevo vissuto per un periodo a Milano, lo improntammo con questa parlata Milanese, un po’ scanzonata. Dopo Otto Disc doppiai anche il Dottor Hibbert. Ricordo che dovevo assumere una tonalità di voce piuttosto bassa e per la famosa risata mi ispirai a quella di Tonino Accolla per Eddie Murphy.
Tonino Accolla aveva un grande dono, riusciva a far recitare anche i sassi. Da inesperto che ero lui mi dette delle giuste indicazioni. Lui prediligeva uno stile di recitazione che definiva poco borghese.
Negli anni ci sono stati sia amori e sia dissapori, come succede in tutti i rapporti. Per un certo periodo abbiamo avuto delle piccole discussioni e quindi decisi di abbandonare i Simpson e le sue lavorazioni. Devo ammettere che era cresciuto molto con lui, mi aveva dato diverse possibilità. Quando ci incontrammo qualche tempo più tardi, nei corridoi della Fono Roma, mi disse: “ce l’hai ancora con me?”. Ovviamente parlammo come se non fosse successo nulla. Tra l’altro aveva appena subito dei malori.
Inaspettatamente mi chiese la cortesia di andare a doppiare nuovamente i Simpson, ma questa volta nei panni del giardiniere Willie. Willie doveva avere l’accento sardo e noi ci siamo inventati questo accento che dovrebbe essere nuorese. In pratica sono ritornato a fare Simpson e poi ho cominciato a lavorare nuovamente con Tonino anche per alcuni film.
Purtroppo ci ha lasciato poiché la malattia ha avuto il sopravvento. Willie a volte diventa il personaggio di puntata. Molto spesso i ragazzi che iniziano a fare doppiaggio mi chiedono di fare qualche battuta nei panni di Willy.
Nelle ultime stagioni sono stato diretto da una magistrale Monica Ward che secondo me ha una marcia in più per quanto riguarda i cartoni. Monica è la nipote del grandissimo attore Carletto Romano, la voce di Jerry Lewis. Uno dei pionieri di questo mestiere.
Un grande maestro del passato con cui ho avuto modo di lavorare nei gli ultimi anni è stato Cesare Barbetti. Riascoltarlo in molti film dove ha doppiato Robert Redford ti rendi conto di quanto fosse bravo.
- Quali sono i consigli che daresti a nuovi e aspiranti attori?
Secondo me ci vuole una certa predisposizione. Molti attori di presa diretta hanno delle difficoltà quando si trovano a doppiare, a parte alcune rare eccezioni. Ci sono attori come Gigi Proietti, Giancarlo Giannini, Nino Manfredi e Alberto Sordi che spesso hanno doppiato. Erano personalità che facevano di tutto, dalla prosa, alla radio e spesso appunto doppiavano. Per essere un attore di doppiaggio devi avere una preparazione che ti permette di comprendere i personaggi che ti trovi al leggio.
Noi dobbiamo riproporre al meglio quello che vediamo su schermo, cercando di essere il più fedele possibile. Questo meccanismo si innesca solo se sei un attore. Nei corsi di doppiaggio si presentano ragazzi che dicono di voler fare il doppiatore perché hanno una bella voce o perché amano i cartoni. Capita di assistere a proposte amatoriali. Sconsiglio di cimentarsi, dopo poche lezioni di doppiaggio, in tentativi che poi vengono diffusi via internet. C’è il rischio di farsi cattiva pubblicità.
A chi si avvicina a questo mestiere bisogna fargli comprendere che l’offerta è altissima e che questo lavoro non è tutto rose e fiori. La gavetta è tanta, quindi bisognerebbe avvicinarsi in giovane età e al tempo stesso avere un piano B.
In conclusione, bisogna studiare tanto ed essere estremamente preparati. Se da una parte è fondamentale seguire un corso di doppiaggio, al tempo stesso bisogna esercitarsi molto. Leggete tanto a voce alta e fate teatro. È importante, una volta arrivati in sala, essere credibili, perciò tanta pazienza e tanto lavoro.
- Noi ti ringraziamo per la tua disponibilità, ma prima di andare vorremmo conoscere un curioso aneddoto sulla tua carriera.
Agli inizi della mia carriera fui scelto da Pupi Avati per il doppiaggio del film Bix dove doppiavo Emile Levisetti che interpretava la parte di Joe Venuti. Mi scelsero in questa rosa di doppiatori esperti perché ero inesperto. Pupi Avati voleva questa sorta di contrapposizione. Man mano che si facevano i turni diventavo sempre più pratico e questa cosa lui non piacque. Cominciavo a diventare padrone del mezzo e quindi frenavano la spontaneità del personaggio.
Un altro aneddoto che posso raccontare lo devo a Renato Izzo perché mi dette molte possibilità. Un giorno per farmi lavorare mi chiamò per un film italiano di presa diretta dove c’erano delle integrazioni. Ricordo che era un film di Zeffirelli dove servivano tutti toscani. Io ingenuamente dissi di essere palermitano, mentre Renato Izzo mi disse: “no, tu oggi sei di Firenze”. Risposi di sì.
Approfitto di questi canali per diffondere un messaggio che ho a cuore. Ho un particolare interesse verso la natura e quello che desidero è che la gente abbia più rispetto per il mondo. Avere più rispetto per il prossimo ed essere un po’ meno individualisti, essere più aperti e cercare di aiutarsi l’un l’altro.
Stiamo vivendo un periodo difficile dove la guerra è molto vicina, ma non è l’unica guerra, ce ne sono tante nel mondo. Proviamo a cercare la pace, soprattutto nell’ambiente in cui viviamo, anche partendo dalle nostre città. Rispettate sempre la natura e rispettate gli animali.
Ringraziamo Venti Blog per la pubblicazione dell’estratto di questa intervista sul Quotidiano del Sud
Classe 93, dall'animo nerd, da sempre appassionato del mondo videoludico. Alcune leggende sostengono sia nato con un controller in mano. Negli anni scopre di avere una particolare predisposizione per le interviste. Odia più di ogni altra cosa la console war.