La quarantena: il coronavirus ci ha insegnato cosa sia la paura. Il COVID-19 ci ha insegnato cosa sia la paura nella vita vera, dopo decenni in cui magari abbiamo provato terrore solo attraverso uno schermo, che fosse per un film o per un videogioco. Pensiamo a tutta la lunghissima lista di opere, videoludiche e non, che ci hanno trasportato in un universo post-apocalittico, dopo un attacco nucleare, dopo un’invasione aliena, dopo un’epidemia.
E adesso invece temiamo di uscire, temiamo l’assenza di una mascherina, temiamo persino la presenza di una persona vicino a noi.
Indice
Days Gone
Poco più di un anno fa usciva in tutto il mondo, grazie ai ragazzi di Bend Studio, Days Gone. Seguendo i passi (anzi, le sgommate) del motociclista Deacon St. John, ci siamo ritrovati a vagare per le strade dell’Oregon, dopo una pandemia che ha reso gli infetti dei predatori assetati di sangue. E con Deacon, il suo amico “Boozer” e il resto dei protagonisti di questa vicenda post-apocalittica, abbiamo amato chiuderci alle spalle il cancello dell’accampamento, abbiamo adorato scendere dalla moto e sapere che, da quel cancello alle nostre spalle, non sarebbe entrato nulla che avrebbe potuto ferirci.
Abbiamo riposato, abbiamo mangiato, abbiamo lavorato e abbiamo cazzeggiato nell’accampamento. Tuttavia sapevamo anche che, prima o poi, saremmo dovuti uscire: c’è sempre bisogno di scorte di cibo, di medicine, di carburante. Dunque, di nuovo in sella alla nostra moto, siamo dovuti tornare là fuori, nell’Incubo, lasciandoci dietro le nostre certezze.
Là fuori abbiamo trovato esseri umani come noi, ma in grado di ucciderci se avessimo permesso loro di avvicinarsi troppo. Gli infetti, i “Furiosi”, ci hanno atteso a ogni angolo, in ogni cespuglio, pronti a inseguirci in orde, pronti a farci a pezzi. Dove non c’erano i Furiosi, abbiamo trovato chi si è piegato a questo mondo di paura: i folli “Ripugnanti” e la loro setta e chiunque altro si sia adeguato al post-apocalisse, rispondendo con la violenza alla violenza del mondo.
La fiducia verso il prossimo è svanita, anche nei sicuri accampamenti serpeggia il dubbio e si alzano in continuazione sguardi di sfida e di sospetto. Ipotizzare la fine della quarantena e il ritorno alla normalità è divenuto utopico e perfino dannoso.
The Last of Us
Qualche anno prima di Days Gone, originariamente su PlayStation 3, abbiamo invece imparato a conoscere e ad amare quella che forse è la creazione meglio riuscita dei pluripremiati Naughty Dog. Stiamo ovviamente parlando di The Last of Us, del cui imminente sequel si sta parlando tantissimo in questi giorni.
Siamo sempre negli Stati Uniti, ma stavolta a Boston. Prima di essere la storia del disilluso e cinico Joel e della giovane e idealista Ellie, The Last of Us è la storia di un altro mondo andato in malora a causa di un’infezione: una versione mutata del Cordyceps (un genere di fungo) è infatti capace di diventare ospite degli esseri umani, fino a prendere il controllo delle loro funzioni cerebrali. In poco tempo, tutti coloro che entrano a contatto con le spore di Cordyceps diventano deliranti, perdendo pian piano il senno. Poco tempo ancora e il fungo prende il sopravvento, controllando totalmente il suo ospite, fino alla mutazione fisica che trasforma il malcapitato in una creatura mostruosa, in cui la sua precedente umanità è a malapena riconoscibile.
L’unica soluzione per l’umanità, quella ancora “viva”, è stata di chiudersi e blindarsi in alcune zone delle città ritenute sicure. È questo il caso anche della zona che vediamo nelle fasi iniziali di The Last of Us: l’area abitata è circondata da recinzioni e muri di cemento, rinforzati dai presidi dell’esercito, pronti a sanzionare con la violenza e la reclusione chiunque tenti di fuggire dalla quarantena. Ci sono i razionamenti, la povertà fa da padrona, così come la delinquenza e la corruzione. Ma almeno possiamo essere sicuri che non ci ammaleremo, in quarantena. Forse.
Appunto in questa prima fase del gioco, assistiamo a una delle scene più crude dell’intero videogame: le forze di polizia e un’equipe medica costringono un gruppo di cittadini a inginocchiarsi a terra; una volta al suolo, i malcapitati vengono scansionati dai medici, che dovranno controllare che fra di loro non ci siano infetti.
Purtroppo non sono tutti sani, una donna fra di loro è positiva al Cordyceps, e la soluzione è il bene di tutti. La donna viene terminata all’istante dagli agenti di polizia. Stessa sorte tocca a chi prova a sottrarsi alla scansione, con una fucilata nella schiena.
Nell’universo di The Last of Us, questo è il prezzo che bisogna pagare per avere la seppur minima speranza che l’umanità nella sua totalità possa avere un futuro, a spese dei molti individui singoli che invece soccombono all’infezione o alla violenza altrui.
Mass Effect
Il nostro viaggio nella quarantena continua con la saga di Mass Effect della software house BioWare, iniziata nel 2007 con una trilogia e terminata con lo spin-off Mass Effect: Andromeda del 2017. Quella di Mass Effect è una serie di sparatutto in terza persona dalla forte componente da gioco di ruolo, in cui i videogiocatori interpretano il comandante Shepard (personalizzabile in tutte le sue caratteristiche). Con un setting futuristico, spaziale e fantascientifico, la trilogia originale segue le avventure dell’eroico equipaggio della nave spaziale nota come Normandy. Fra i membri dell’equipaggio c’è anche Tali’Zorah, aliena della razza dei quarian, esseri umanoidi per molte cose simili ai terrestri.
Ed è proprio a loro che vogliamo rivolgere la nostra attenzione. I quarian infatti hanno dovuto abbandonare il proprio pianeta natale Rannoch dopo che i geth, macchine senzienti create dai quarian, si sono ribellati ai loro padroni. Già su Rannoch i quarian mostravano un sistema immunitario assai più debole rispetto a quello degli umani, ma gli eventi che li hanno costretti ad abbandonare il proprio pianeta hanno reso le loro difese fisiche ancora più fragili. Infatti la fuga da Rannoch ha reso i quarian una razza nomade, con decine di migliaia di navi in viaggio per la Via Lattea, note con il nome di Flotta Migrante.
Questa è stata la vita dei quarian per interi secoli, il che ha reso, di generazione in generazione, le loro difese immunitarie sempre più basse: costretti infatti a vivere sulle loro sterili astronavi, senza più alcun contatto con microbi o malattie, i quarian sono diventati estremamente sensibili a qualunque tipologia di batterio o virus.
Ciò li ha costretti a una particolare e perenne tipologia di quarantena: impossibilitati a evitare qualunque contatto con le altre specie della galassia, si sono ritrovati a dover indossare perennemente delle tute di contenimento, dai molteplici strati di gomma e plastica e dai vetri spessissimi.
Il commercio è possibile per i quarian, così come è possibile portare avanti la politica e i trattati. Le amicizie possono esistere, così come può esserci anche l’amore, ma praticamente ogni contatto, ogni tatto, ogni carezza e ogni bacio è precluso; anche se uno di loro dovesse imbottirsi di antibiotici, medicinali e integratori, la minima apertura al mondo esterno potrebbe significare la morte.
Uno sguardo al futuro
Dicevamo del timore e della paura, all’inizio. Abbiamo parlato di ciò che questi mesi di pandemia ed emergenza ci hanno insegnato su quello che è la paura di avvicinarci a una persona, sfiorare uno sconosciuto o perfino toccare una persona cara.
Abbiamo parlato di come i videogiochi, alla fine, un po’ ci avevano già parlato di questa paura, fra quarantena, virus e sopravvivenza. Forse, quando potremo uscire dalle nostre case e ricominciare ad avere una parvenza di normalità, i videogiochi ci insegneranno qualcosa di nuovo sulla paura, magari ci insegneranno come esorcizzarla.