Il doppiaggio è sempre stato un mestiere che ha reso orgogliosi noi italiani, in quanto siamo sempre stati annoverati tra i migliori al mondo. Nonostante negli ultimi tempi sia diventato un lavoro più ambito e con la giusta risonanza mediatica, sono ancora molte le figure invisibili di cui conosciamo solo le voci. La situazione è ancora peggiore se si parla delle condizioni lavorative a cui sono sottoposti, a causa dei ritmi sempre più snervanti e tempi di lavorazione più brevi.
Continua la nostra rassegna delle interviste sui doppiatori. Ospite di oggi è Alessandro Lussiana, attore e doppiatore professionista.
Chi è Alessandro Lussiana
Alessandro Lussiana nasce in Perù nel 1980. Cresce a Torino e fin da subito si accorge di avere una particolare predisposizione per il teatro. Si diploma al Teatro Stabile di Torino nel 2006 per poi intraprendere stabilmente la carriera come attore e doppiatore.
Collabora attivamente con la compagnia dell’Elfo di Milano e del teatro Kismet di Bari.
Cosa ha doppiato
Alessandro Lussiana ha doppiato alcune pellicole cinematografiche, lo ricordiamo nei panni di Louis-David Morasse in Inside, aka Histoire de pen. Nelle serie animate ha vestito i panni di Menma in Naruto e Keenan Sharpe in Inazuma Eleven Go: Galaxy.
Per quanto concerne il mondo videoludico ha doppiato recentemente Chai in Hi-Fi Rush, il rhythm game sviluppato da Tango Gameworks.
Lo ricordiamo anche per aver doppiato Rufus in Fuga da Deponia, Caos a Deponia e Addio Deponia, Sergente Sullivan in Call of Duty: World at War, Hayen in Dark Sector, Bray in Mass Effect 3, Archimonde in World of Warcraft, Argent in Battleffield 3, Williams in Mafia II, Garret Barnes in Far Cry New Dawn, Bobby Bram in Walfenstein: the New Order, Vinnie in The Darkness II, Antonhy Carmine in Gears of War, Benjamin Carmine in Gears of War 2 e Clayton Carmine in Gears of War 3.
Ha contribuito con ruoli minori anche in altri titoli come Cyberpunk 2077, Metro Exodus, Dishonored 2 e Deus Ex: Human Revolution.
Intervista ad Alessandro Lussiana
- Come ti sei avvicinato al mondo del doppiaggio e della recitazione?
Mi sono avvicinato prima alla recitazione dello spettacolo dal vivo, che è il filone da cui provengo. Quando ero adolescente ho iniziato a interessarmi alla recitazione perché la mia famiglia mi portava a teatro. Fin da subito mi sentivo attratto da questo mondo, ma non con l’idea di farlo da professionista. Arrivato all’università ho deciso di seguire dei corsi amatoriali, aperti un po’ a tutti, per cominciare ad avere qualche rudimento. Una volta che mi ci sono trovato dentro ho capito che era qualcosa di cui non potevo fare a meno. Ho iniziato anche a lavorare subito, quasi come se l’universo ti volesse far capire qualcosa.
Nei primi due anni in cui ho cominciato ad annusare i principi delle assi del palcoscenico, ho deciso di farlo ad alto livello. Mi sono preparato per le accademie nazionali che sono prettamente teatrali ma ora si stanno accostando anche al mondo del doppiaggio.
Entro nell’accademia del teatro Stabile di Torino e per 3 anni, per 8 ore al giorno e per 6 giorni a settimana, mi sono formato tramite agli strumenti della dizione, dell’espressione corporea, della capacità di lettura a prima vista e ovviamente della recitazione. Sono molte le materie da studiare, come se fosse una sorta di università però strutturata come con le stesse modalità delle superiori. Uno dei primi lavori che imbroccai, dopo il diploma dell’accademia, fu per una serie TV. Capii fin da subito che volevo spaziare su tutti i fronti.
Mentre ero ancora in accademia mi capitò di avere un contatto per andare a vedere un turno di doppiaggio. Arrivai alla Videodelta, che è uno studio storico di doppiaggio di Torino, dove incontrai Mario Brusa (abbiamo intervistato il figlio, Stefano Brusa NdR) che mi disse: “Ti ascolto volentieri”. Fui colto quasi in contropiede perché non ero andato lì per farmi ascoltare, ma per cominciare ad osservare un mondo che era affine al teatro. Per essere doppiatore devi per forza essere un attore. Molti colleghi non calcano le assi del palcoscenico per scelte professionali individuali, ma di fatto devi essere un attore.
Al microfono devi recitare un doppio passaggio, perché interpreti un attore che ha interpretato un personaggio. Un doppio passaggio che è ancora più stringente, ma da un certo punto di vista è anche più stimolante.
In conclusione, una volta completato il provino in cui sudavo freddo e non capivo assolutamente nulla, Mario mi disse: “puoi cominciare a collaborare con noi fin da subito”. I primi mesi furono molto tosti perché non avevo la preparazione che avevano i miei colleghi, ho imparato lavorando. Quando impari tramite un corso hai il tempo di comprendere, quando impari lavorando ci sono meccanismi produttivi che ti richiedono di essere abbastanza veloce. Sono 15 anni che faccio il doppiatore, devo dire che quella formazione è andata bene.
Il doppiaggio di Chai in Hi-Fi Rush
- Sappiamo che hai interpretato Chai in Hi-Fi Rush, il protagonista del rhythm game firmato Tango Gameworks, cosa puoi raccontarci del doppiaggio di questo titolo?
Chai di Hi-Fi Rush è stato uno di quei personaggi che a volte ti capitano nella vita, l’ho sentito proprio nelle mie corde. Avevo già doppiato personaggi simili, abitualmente mi assegnano queste personalità un po’ sopra le righe, che riescono a passare dal darsi un tono a essere completamente fuori dal contesto. Chai ha un carattere variegato, da questo punto di vista è scritto molto bene.
La cura che stanno riponendo nel descrivere i personaggi nei videogiochi è veramente ammirevole. Quando feci il provino per capire se la mia voce potesse andare bene su Chai, speravo di passarlo perché era divertente. La grafica era molto particolare perché ricordava un disegno fatto a mano, quasi come un fumetto. Mi sono subito affezionato a Chai, tra le cose il tipo di pasta vocale che mi appartiene si sposa perfettamente con personaggi con un briciolo di follia.
Ho una voce che ha delle particolarità contrastanti, perché ha sia delle tue tonalità calde sia delle sfumature molto metalliche. Non ho una voce rotonda, da doppiaggio pulito. Mi hanno anche detto che la mia voce può risultare sgradevole, ma è funzionale al personaggio che devo interpretare.
- Nel gioco Hi-Fi Rush avete doppiato su un’onda sonora ho avete avuto modo di attingere a qualche cinematica di gioco?
Nei videogiochi generalmente si lavora su un’onda sonora, ovvero in sound-sync, con delle reference del primo doppiaggio, in questo caso quello statunitense. Avevo delle referenze in inglese che mi davano un’idea per la frase o la resa finale. In Hi-Fi Rush devo dirti che molte parti sono state doppiate su video, quindi in lip-sync. Alcune cose sono state proprio doppiate con la presenza delle cinematiche di gioco, in pratica con il prodotto era praticamente finito.
La presenza di alcuni video aiuta tantissimo a immergerti perché capisci che hai intorno. Personalmente mi aiuta molto anche solo i colori che sono stati scelti per la grafica. Un elemento fondamentale nel doppiaggio, per quanto in questo caso sia un disegno, è lo sguardo. Non è soltanto una questione di vicinanza tecnica, ma attingere uno sguardo può portare ad avere un’intuizione per la recitazione di quell’esatto momento.
Doppiaggio di Rufus in Addio Deponia
- Hai doppiato anche il protagonista di Addio Deponia, ovvero Rufus, tramite la campagna crowdfunding su Eppela. Che aneddoto puoi raccontarci di quel lavoro?
Rufus è stato un personaggio che ho amato particolarmente perché l’ho doppiato per anni. Non ho doppiato soltanto Addio Deponia, io ho fatto tutti i capitoli della saga. Quando inizialmente mi chiamarono per il provino di Chai in Hi-Fi Rush mi chiesero degli estratti della mia voce. Di solito cerco sempre di indagare sul personaggio che dovrei doppiare o comunque sul prodotto in generale.
Cerco di ottenere il maggior numero di informazioni possibili perché questo aumenta le possibilità di vincere i provini. Mi diedero delle indicazioni, anche se non molte, e quelle poche che ebbi mi ricordarono il personaggio di Rufus. Mandai proprio dei sample da Rufus è questo mi permise di vincere il provino perché c’è un assonanza tra i due personaggi incredibile. Sono molto simili sotto il profilo caratteriale, anche per quanto riguarda l’ironia.
Ho passato tanto tempo in sala di doppiaggio in compagnia di Rufus, mi ci sono molto affezionato. Ogni volta che tornavo a interpretarlo era davvero un piacere. Ho ricevuto tantissimi complimenti sui social per il doppiaggio di Rufus in Deponia. C’era una completa adesione con il personaggio, probabilmente nella vita di tutti i giorni sono un po’ Chai e un po’ Rufus. Ovviamente sono stato molto contento che siano riusciti, tramite la campagna crowdfunding, a portare il doppiaggio nel terzo capitolo.
Non solo doppiaggio, l’esperienza del teatro
- Nel corso della tua carriera, qual è il ricordo più intenso legato al mondo del teatro?
Ho cominciato a fare teatro 20 anni fa. Ho iniziato quasi subito a lavorare sui palcoscenici. Ho affrontato tantissimi personaggi oltre che a crearne di nuovi. Ogni personaggio ti lascia qualcosa e ti porta via qualcosa. Come quando incontri una persona nel tuo percorso, con la quale condividi un grande legame che sia d’amore o di amicizia. Le persone ti lasciano qualcosa delle proprie abitudini, lo stesso succede a teatro.
Ho vestito i panni di alcuni personaggi profondamente negativi e nonostante tutto, attraverso di loro, ho potuto provare anche queste emozioni. Tutti ti trasmettono qualcosa. Ultimamente sono due i personaggi che mi hanno lasciato tanto a livello emotivo, oltre che a livello professionale. Il primo è Belize di Angels in America dal testo di Tony kushner. In questo spettacolo vestivo i panni di un infermiere omosessuale portoricano che sembrava molto tagliente ma che in realtà nascondeva un’umanità pazzesca. Questo infermiere era a stretto contatto con l’avvocato Roy Cohn, quest’ultimo è un personaggio realmente esistito.
Roy Cohn è stato un avvocato spietato, un personaggio negativo per la storia americana, colui che in un certo senso ha “creato” Trump. Per me è stato un sogno poter recitare in Angels in America. Lo è stato ancora di più farlo con il teatro dell’Elfo di Milano, con cui collaboro da 10 anni.
Angels in America è un’opera teatrale importante, non solo perché parla della comunità LGBT di cui faccio parte, ma perché è un testo che diventa universale a prescindere da quello che possa essere l’orientamento del pubblico. È una storia dolorosa, ma anche molto divertente che sa mischiare diverse tinte. Lo spettacolo è diviso in due parti che solitamente vengono alternate perché sono molto dense, durano tre ore ciascuna. In alcune occasioni si faceva la maratona, una sorta di happening teatrale. In una di queste maratone chiesi al mio attuale marito di sposarmi. Un aneddoto personale molto bello.
L’altro personaggio a cui sono legato è il Dio Mercurio, il messaggero degli dèi, all’interno della commedia Plautina Anfitrione. Una commedia di duemila anni fa, ma ora riscritta in chiave contemporanea dalla regista Teresa Ludovico e prodotto dei teatri di Bari.
Queste sono le due famiglie teatrali, ovvero il teatro Elfo di Milano e il Teatro Kismet di Bari, unendo nord e sud. Ho trovato sia da una parte sia dall’altra un terreno fertile per costruire dei personaggi molto belli. Mercurio mi ha permesso di esprimermi e di trovare una libertà incredibile sul palcoscenico. Essendo un Dio abbiamo dovuto lavorare su vari piani perché non è solo il messaggero degli dèi ma è anche il Dio dei confini.
- Futuri progetti? Puoi anticiparci qualcosa?
Mi piacerebbe parlarti di un altro personaggio di un videogioco a cui sono legato ultimamente, ma che purtroppo non posso espormi. Questo titolo doveva già essere disponibile, ma è stato rimandato. Ci sono dei contatti che sono di uno stringente incredibile. Posso solo anticipare che sono uno dei protagonisti. Sto lavorando anche per altri videogiochi, è un settore in cui mi diverto tantissimo.
Per quanto concerne il teatro si stanno definendo un po’ di cose all’orizzonte tra alcune riprese l’anno prossimo di spettacoli già fatti tra cui un Moby Dick in una versione di Orson Wells, tratta dal romanzo di Herman Melville. A maggio sarò in giro con uno spettacolo, tra Milano e Napoli, dal titolo Il Bacio della Vedova. Questo spettacolo è prodotto dei teatri di Bari. Il Bacio della Vedova è un dramma a tinte gialle, abbastanza crudo. Siamo soltanto tre insieme in scena, però è uno spettacolo intenso dalla durata di un’ora.
- Noi ti ringraziamo per la disponibilità, ma prima di andare vorremo conoscere un aneddoto sulla tua carriera
Racconto questo aneddoto per far capire un po’ come funziona il nostro mestiere. Nella mia carriera ci sono stati assurdi incastri sotto il profilo lavorativo, soprattutto per una persona come me che spazia dallo spettacolo dal vivo, all’audiovisivo e al doppiaggio.
Una volta stavo provando uno spettacolo teatrale a Macerata e chiesi un giorno di pausa dalle prove perché dovevo fare altri lavori. Mi ricordo che presi la macchina alle cinque del mattino e arrivai all’aeroporto di Ancona. ad Ancona presi un aereo, atterrai a Roma, cambiai l’aereo per arrivare fino a Torino. Una volta atterrato mi venne a prendere all’aeroporto il runner di una serie TV che mi accompagnò sul set per girare alcune scene.
Una volta che finii di mangiare arrivò una direttrice di doppiaggio con la quale mi ero messo d’accordo per un lavoro su una serie tv. Mi vennero a prendere con la macchina per raggiungere il centro di Torino in quanto lo studio si trovavi li. Dopo due ore ininterrotte di doppiaggio, presi un taxi e arrivai da mia madre che abita a Torino. Feci una doccia, ritornai verso l’aeroporto per prendere un aereo per Roma per poi prenderne un altro per Ancona. Una volta atterrato presi la macchina che avevo parcheggiato per ritornare a Macerata. Tutto questo in sole 24 ore. Il nostro mestiere è divertente, ma a volte davvero complicato.
Grazie per l’intervista, a presto.
Ringraziamo Venti Blog per la pubblicazione dell’estratto di questa intervista sul Quotidiano del Sud.
Classe 93, dall'animo nerd, da sempre appassionato del mondo videoludico. Alcune leggende sostengono sia nato con un controller in mano. Negli anni scopre di avere una particolare predisposizione per le interviste. Odia più di ogni altra cosa la console war.