Nel weekend di early access è stato finalmente possibile provare la nuova e attesa Diablo experience. Il franchise torna, e questa volta con un capitolo canonico, che si distacca notevolmente non soltanto dall’iterazione Immortal, i cui sistemi di monetizzazione sono un’area grigia impervia da esplorare senza dispositivi di protezione individuale, ma anche dal suo predecessore diretto: un terzo capitolo che ha diviso un po’ gli appassionati dello storico franchise Blizzard e con uno stile artistico più cartoonesco e meno azzeccato.
Non ci giriamo troppo attorno, e non facciamo finta che il problema non esista: la compagnia di Irvine sta affrontando una crisi culturale come mai nella sua storia. Sono anni che l’azienda fatica a trovare una direzione chiara e a proporre qualcosa di nuovo dal punto di vista creativo. Durante le ultime BlizzCon abbiamo assistito a presentazioni che volevano in qualche modo riproporre un passato trionfale, con un pizzico di nostalgia e di retorica mirata ai ricordi felici dei primi fan.
All’orizzonte si trovavano, infatti, solo remaster, remake o riproposizioni più o meno funzionanti: WoW Classic e Diablo II: Resurrected decisamente più sul pezzo rispetto al travagliatissimo Warcraft III: Reforged. Ma queste problematiche sono solo la superficie di una struttura che era pronta a crollare. Tutti gli scandali che sono emersi nel 2021 (qui riepilogati da Simone Barbieri), le battaglie per la sindacalizzazione e gli ostacoli della dirigenza sono le ragioni più profonde della crisi culturale di Blizzard. Ricordiamo che i tester di controllo qualità dello studio di Blizzard Albany, che ha lavorato direttamente al gioco, hanno vinto il loro sindacato a inizio dicembre.
Tutto questo preambolo per sottolineare quanto Diablo IV sia un prodotto importantissimo per la software house di Irvine. Insomma, non possono sbagliare. E dai primi 25 livelli disponibili nell’early access, possiamo tranquillamente affermare che le premesse per un gioco di proporzioni mastodontiche ci sono tutte. Riuscirà a mantenerle nel gioco completo?
La prova è stata effettuata su un PC con configurazione i5-6500, GTX 1070 da 8GB e 16 GB di RAM.
Indice
Ritorno a Sanctuary
Il male è tornato a Sanctuary. La classica narrativa con dicotomia bene e male tipica del fantasy gotico torna, prevedibilmente, senza rivoluzioni culturali di sorta. L’atmosfera che si respira nella regione è mefitica: soltanto il nostro eroe o la nostra eroina può salvare la regione, sconfiggendo la temibile Lilith e il suo esercito di demoni. Torniamo a salvare il mondo, come sempre. Per semicitare l’agente Smart nella sfortunata serie del 1995 (sequel della sitcom anni ‘60): oggi abbiamo sconfitto il male, ma potrebbe sempre tornare domani. Lunedì al massimo.
In questo caso, per cominciare a salvare il mondo nell’early access abbiamo scelto la classe del barbaro, con il desiderio di provare con mano il gameplay spacca e squarta che già abbiamo imparato ad apprezzare e che qui si presenta in una veste sì tradizionale ma comunque più strutturata e fluida. Il grosso del lavoro in questa iterazione di Diablo è stato fatto, e si nota fin da subito, sul comparto grafico (più realistico e cupo), sui livelli e sulla storia. In fondo, uno dei problemi insiti nel design hack ‘n’ slash è che da solo regge il colpo per un po’, ma se non supportato adeguatamente rischia di diventare ripetitivo molto facilmente, risultando per lo più la parte dinamica all’interno di un continuo andirivieni per completare il quest log, salire di livello e ottenere il loot.
Insomma, una sfiancante maratona di Boston per finire una storia che spesso non viene resa accattivante. Diablo, e i giochi Blizzard in generale, si sono sempre distinti per la componente narrativa e per la costruzione del mondo. Quest’ultimo capitolo non sembra interrompere la piacevole tradizione. Anzi, i movimenti di camera, la scrittura e la costruzione di livelli vivi coinvolgono e tengono alta l’attenzione sull’epica avventura. Ambienti vivi nel senso che sono curati nella costruzione, labirintica, interconnessa e con un accenno di verticalità. Vivi soprattutto per la distruzione degli elementi della scenografia, per le trappole che si attivano e cambiano la carte in gioco negli scontri. Piccole accortezze che però sono fondamentali al completo coinvolgimento delle giocatrici e dei giocatori. Trasformando il convulso cliccare in un’attività avvincente.
Esperienza utente
Ormai hanno fatto notizia a sé, ma è importante riparlarne perché hanno reso l’esperienza utente decisamente problematica in alcuni punti. La grossa miglioria, come accennavamo poco sopra, è stata soprattutto tecnica e grafica. Un balzo in avanti che giustamente andava testato. Nelle nostre ore, il gioco è andato, per la maggior parte del tempo, fluido. Sono comunque emersi problemi tecnici di ottimizzazione, che hanno causato freeze o crash della build di gioco (noi ne abbiamo avuto uno). Diversi problemi con l’utilizzo della memoria grafica e con il caricamento delle texture, un po’ lento anche per questioni legate alla connettività. Quando questi due eventi avvenivano in simultanea, come lovecraftiani pianeti che si allineano, si aveva sia il crash che i problemi di connettività e di coda per entrare nei server: una combo imbattibile.
Ogni volta che esce un titolo con componente online al cuore dell’esperienza, la prima cosa che si fa è fotografare il tempo che si impiega ad entrare nel gioco, condividendo il comprensibile disagio sui social. La schermata di gioco che indica due ore di attesa è straziante, soprattutto se il tempo a disposizione per giocare all’early access è contato. Per quanto sia importante rimproverare su questo lato, dall’altra parte non ci viene in mente nessun videogioco con elementi MMO che non abbia mai avuto di questi problemi.
Ciò chiaramente non giustifica il fatto, anche perché stiamo parlando di un’azienda grossa come Blizzard. Ma, per parlarci chiaro, fu più eclatante la questione di New World: con decine di ore di coda per entrare nel server. Lì si che sembrava la coda alle poste.
Si presenta bene, ma…
Come dicevamo in apertura all’articolo, ci sono tutte le premesse per un gioco mastodontico. Un ritorno glorioso del franchise di Diablo. Qualsiasi giudizio ora, però, rischia di essere fin troppo azzardato e prematuro. Abbiamo ammirato i labirintici e tenebrosi dungeon; l‘immensa mappa di gioco, con ambienti dettagliati e ben scenografati; frammenti intriganti di storia e un accenno dell’ampio skill tree; nonché un gameplay solido e adrenalinico. Ma è il caso di fermarsi qui. Come altri colleghi fanno giustamente notare, è pressocché impossibile valutare queste tipologie di giochi con i primi 25 livelli.
È l’esperienza cosiddetta di end-game, ciò che c’è dopo la fine del gioco e che è creato per ampliare l’esperienza e consolidare l’attenzione per gli anni a venire, a essere fondamentale. Chiaramente è importante anche il come si arriva a questo contenuto: se il cosiddetto grinding non è giustificato da una bella storia? Se la curva di difficoltà è troppo ripida? Giochi come Diablo IV non possono essere sviluppati da un anno all’altro, e necessitano di cure certosine e di una lavorazione lunga.
Questa impostazione spiega il successo stesso che Blizzard ha avuto negli anni passati. Poiché, magari lo dimentichiamo, ma World of Warcraft ha quasi vent’anni ed è ancora un punto di riferimento per gli MMORPG occidentali. Al fine di una valutazione completa, è importante essere a conoscenza della roadmap di Blizzard: sappiamo che vuole fare espansioni frequenti, che avrà un sistema di microtransazioni (non pay-to-win secondo quanto segnalato dal Washington Post), ma tutto questo deve essere comunque provato con mano, a fondo e con i tempi necessari.
Chiaro che poi Diablo e WoW sono giochi con impostazioni diverse, ma la cura da impiegare non è tanto differente. Diablo IV, per ribadire e concludere, si presenta certamente bene, molto bene. Ma deve ancora dimostrare di essere un’esperienza matura e storicamente pivotale come lo sono stati altri capitoli della saga (Diablo II ad esempio). Soprattutto in un periodo di crisi culturale interna a Blizzard, soprattutto dopo Diablo Immortal.