Lo sport racconta la società. Per quanto possiamo immaginarlo come qualcosa di altro rispetto alle dinamiche sociali, una via di fuga dal logorio della vita moderna, ebbene è pure fantasia. Lo sport è giocato da persone e quelle persone sono inserite in contesti sociali ed economici. Lo sport stesso ci dice molto delle persone che lo hanno creato e che lo praticano.
In una recente intervista alla scrittrice di OlliOlli World, abbiamo parlato con lei di come gli sport siano anche naturalmente narrativi: un veicolo potentissimo di storytelling. Un strumento mal sfruttato dal videogioco, che al momento trova difficoltà nel raccontare uno sport senza escluderlo dal contesto. Quando ci siamo seduti a chiacchierare con Pietro Polsinelli, designer a Open Labs, gli argomenti sono stati questi, mentre attorno a noi la sala stampa della Milan Games Week continuava a riempirsi di persone, e il casino infernale proveniente dai padiglioni rendeva difficile anche una singola conversazione.
Tra poco Open Labs pubblicherà Roller Drama, la loro ultima fatica. Qualche anno fa hanno invece pubblicato Football Drama. Insomma, a Open Labs piacciono i drama, ma soprattutto allo studio fiorentino piace raccontare lo sport in un modo unico. E questa volta hanno deciso di concentrarsi sul Roller Derby, uno sport, per usare le parole dello stesso Polsinelli, «poco noto, ma molto diffuso».
Indice
L’idea
Il progetto è partito subito dopo Football Drama. «Un gioco molto sperimentale su un calcio che non esiste più. Un racconto un po’ eroico, un po’ poetico sul calcio degli anni ’60-’70. Un calcio fatto di allenatori, sigarette e solo esclusivamente di uomini» ci racconta Polsinelli. Football Drama è un progetto interessante, nonostante i suoi problemi evidenti a livello di meccaniche di gioco. Problemi di cui lo stesso designer e a conoscenza e che, in sede di intervista, ha ribadito. «Abbiamo fatto troppi errori in Football Drama nel rapporto tra meccaniche e la percezione del giocatore, è una cosa che abbiamo capito. Cioè i giocatori spesso non percepivano chiaramente cosa stava succedendo e come controllare la partita» ci confida.
«Purtroppo non avevamo il tempo giusto» racconta con rammarico. «I giochi, anche indipendenti, in realtà richiedono almeno due o tre anni di sviluppo e non i sei mesi di sviluppo indie».
Il fascino dello sport
Nonostante questi problemi, però, la fascinazione che Polsinelli ha per questo sport è facilmente riscontrabile nelle ore di gioco. Le sue influenze partono direttamente da Pasolini e dai suoi studi teorici sul calcio, e passano per Roland Barthes con i suoi studi antropologici e sociali sugli sport, nonché ad alcuni fatti di cronaca calcistica di quegli anni. Secondo Polsinelli, il calcio ha un fortissimo e non tematizzato contenuto poetico e il videogioco, come arte popolare, gli è servito per poter parlare anche di «temi non facili».
Il videogioco può essere usato per raccontare la complessità e, con questo mindset, Polsinelli ha cominciato la ricerca di uno sport che potesse unire la sua passione sportiva con le sue necessità artistiche. «Mi piaceva anche l’idea di tentare di parlare della contemporaneità. Guardando poi gli sport femminili, o prevalentemente praticati da donne, mi sono imbattuto per caso nel roller derby, uno sport abbastanza diffuso ma poco noto. Perché appunto, è uno sport totalmente “indie”, praticato dal basso e autorganizzato: gestito dalle giocatrici stesse».
Le origini
Le origini di questo sport affondano le radici negli anni quaranta, per poi diventare molto seguito nel corso degli anni cinquanta e sessanta. All’epoca però era sceneggiato, e i diritti di trasmissione passavano da varie emittenti americane. Dopo questo boom, però, il roller derby passa un po’ “sotto traccia”, fino a quando non viene ripreso da «un gruppo di ragazze del Texas non molti anni fa, e da lì si è diffuso» ci spiega Polsinelli. «Quello che si gioca adesso è un altro tipo di sport, si chiama precisamente Flat Track Roller Derby. Cioè non su piattaforme curve e sopraelevate, ma su un banalissimo terreno di una palestra, ovviamente molto più accessibile. Basta disegnare la pista completa e poi giocare».
Lo sport è prevalentemente femminile, ma ci sono anche squadre maschili e miste. Nonostante questa sua mancanza di notorietà, l’eredità lasciata dal roller derby ha influenzato cinema, fumetti e, adesso, videogiochi.
Il Roller Derby
Le Bloody Wheels si allenano ogni settimana, il giovedì sera. Le contattiamo dalla loro pagina Instagram e chiediamo di assistere a un loro allenamento e, se possibile, di fare qualche domanda sullo sport. Eravamo già pronti ad un “no” categorico, o ad essere ignorati completamente. In realtà erano solo nostre paure, poiché poco dopo Eloisa, una delle giocatrici, ci risponde e ci invita cordialmente alla pista da pattinaggio.
Con Simone Barbieri siamo quindi andati sul posto, nella periferia di Torino, armati di giacche pesanti, computer e tante domande. Fuori un freddo glaciale, il 22 di dicembre. Una volta varcata la soglia, una delle giocatrici ci raggiunge subito sui pattini, mentre si allaccia il caschetto.
Le regole
Marta vive e lavora a Bruxelles, il suo derby name è “La Tana”. Nella vita si occupa di sensibilizzare al tema del cambiamento climatico e lavora a stretto contatto con le istituzioni europee. Qualche volta passa da Torino e non resiste alla tentazione di indossare i pattini e di allenarsi per il Roller Derby. Passa quindi spesso a trovare le ragazze delle Bloody Wheels, anche se gioca attivamente nella squadra di roller derby di Bruxelles. Le compagne di squadra torinesi la definiscono una veterana dello sport ed è proprio lei a darci i primi rudimenti.
«Il Rollerd Derby è uno sport di contatto sui pattini, si gioca in una pista ovale che sta, più o meno, dentro ad un campo da basket. Ogni squadra schiera cinque giocatrici alla volta, quattro in posizione di difesa, le blocker, e una in posizione d’attacco e che può marcare i punti, la jammer» ci spiega. Durante la partita, i ruoli si riconoscono facilmente: la jammer è l’unica ad avere sul caschetto una grande stella.
Le regole del Roller Derby sono molto complesse e già ce lo aveva anticipato Polsinelli. Nonostante questa complessità, però, lo sport è incredibilmente dinamico da vedere: ricco di strategia, di carattere e suspense. Per marcare i punti «la jammer deve doppiare le blocker della squadra avversaria. La jammer fa dei giri dell’ovale e deve doppiare le altre, guadagnare giri sulle altre, ogni volta che doppia una blocker della squadra avversaria, fa un punto» ci racconta Marta che, vedendoci un po’ persi, semplifica: «una jammer contro quattro blocker, ogni giro di pista sono quattro punti».
Gli arbitri
Il passaggio della jammer può essere fermato con una barriera fisica e Marta ci conferma che ci sono «zone di contatto legale». Insomma, non si può menare dove si vuole, per fortuna. Arbitrare una partita non deve essere cosa facile. Marta concorda, spiegandoci che ci sono moltissimi arbitri in campo. Circa 17, di cui 7 sui pattini e 10 no. Inoltre, poco prima di farci entrare in pista per assistere all’allenamento, ci tiene a precisare che non ci sono limiti per giocare a roller derby, men che meno di età. «Una che mi ha picchiato fortissimo aveva 60 anni» ci racconta ridendo.
Il “gameplay” dello sport
Vista la consapevolezza maturata con Football Drama, Polsinelli e il collega Pino Panzarella si sono messi alla ricerca di una meccanica di gioco che potesse trasporre in modo più veritiero possibile il Roller Derby. I due hanno prima prototipato un sistema a turni che, poco dopo, si sono accorti non funzionare. Da un sistema a turni sono passati all’estremo opposto, cioè a uno completamente in tempo reale. Anche questo, però, non funzionava: non permetteva di capire le meccaniche e «troppe cose succedevano assieme».
La soluzione l’hanno trovata nel mezzo, smontando man mano i loro prototipi precedenti e costruendo un sistema sì in tempo reale, ma che permettesse anche di interrompere l’azione di gioco. «Si apre un pannello di strategie in cui si scelgono le proprie tattiche, e poi si continua a giocare» chiarisce.
In tre parti
Polsinelli e collega hanno inoltre approfondito il sistema di gioco, stratificandolo in tre parti e permettendo ad ognuna di essere di influire nella partita. La prima riguarda il bilanciamento di energia delle giocatrici, valutando non soltanto la resistenza in campo ma raccontando anche la psicologia dei personaggi. «Il livello energetico di partenza delle ragazze dipende da quello che sta succedendo, quindi con che stato mentale arrivano alla partita».
Ci sono poi azioni speciali che supportano tutta la progressione durante le jam (i tempi in cui si svolge l’azione, della durata di due minuti), delle strategie che il giocatore o la giocatrice imparano man mano ad utilizzare nel corso del gameplay. «Per esempio, le ragazze fanno muro per bloccare la jammer, oppure assumono una particolare formazione e questo consente a chi sta imparando il gameplay di raffinare le tecniche per gestire la partita stessa». C’è poi un’ultima parte che riguarda le carte speciali acquisibili in base alla storia, una meccanica «ponte» tra la storia visual novel strutturata dai designer e il sistema della partita vero e proprio. «E ovviamente poi c’è un altro ponte che è dato dai risultati, che influiscono. Anche se non è che nel gioco trionferai semplicemente vincendo le partite nè sarà una catastrofe perché perdi qualche partita» conclude Polsinelli.
L’azione del Roller Derby
Giulia è un’educatrice e lavora nelle scuole superiori. È capitana delle Bloody Wheels e gioca anche nella nazionale italiana. Il suo derby name è “Charlie”, nato per caso, ci dice, quando andava alla superiori. «È un po’ come avere un personaggio: è una parte scenica del gioco. Lo sentirai all’inizio della partita, gli announcer lo chiameranno ed è anche un modo per identificarti come parte della squadra».
Giulia ha conosciuto il roller derby grazie ad un amica, prima faceva danza classica ma non le piaceva l’ambiente. Per lei rappresenta uno sfogo, e la squadra per lei è come una seconda famiglia, un ambiente sicuro e solidale in cui «impari sempre qualcosa». «Da quando sono entrata, che non sapevo pattinare, imparo qualcosa di nuovo ad ogni allenamento».
Gioca nel ruolo di Pivot, ovvero «una blocker che può diventare jammer» ci spiega. «Se la jammer è stanca, si toglie la stella e me la passa. Le mie abilità sono diventare jammer quando meno te lo aspetti. È un ruolo di offense, nel senso che vado a rompere le palle agli altri». Il suo ruolo, per semplificarci ulteriormente il concetto, è quello di «menare l’altro muro per far passare la jammer».
La catapulta
In una partita, ci racconta, ha svolto un’azione che ricorda tuttora. «Lala era la mia jammer» ci dice indicando la sua compagna di squadra che risponde al derby name “Lala”. «Era in mezzo alle blocker avversarie. Cercava di spingere e uscire dal muro, ma non ci riusciva. Così sono andata a fare offensiva e non ho toccato nessuna delle blocker avversarie» spiega entusiasta, mimando l’azione con tutto il corpo. «Ho preso Lala per i fianchi. Ho usato il muro come perno e l’ho lanciata fuori».
Ricreando l’azione poco dopo, facendosi aiutare dalla compagna Lala, Giulia ha praticamente catapultato la sua compagna di squadra oltre al muro avversario, al pelo con la linea di demarcazione dell’ovale di gioco. Lala, nella dimostrazione, ha compiuto un balzo, lasciandosi guidare dalla pivot. Tutto questo per poi poggiare i pattini sul tracciato e continuare tranquillamente la corsa.
Il roller derby come movimento
Entrambe ci raccontano che Lala si affida molto alle altre compagne di squadra, cerca l’aiuto. E questo spirito di totale affidamento e solidarietà abbiamo potuto notarlo in Lala, ma è un tratto distintivo di tutto il gruppo. Si evince dalla loro dedizione durante l’allenamento, dal loro modo di porsi nei confronti delle altre in campo, ma, soprattutto, fuori dal campo.
Darianna nella vita è un’educatrice, affidataria di minori. I suoi genitori accolgono nella propria casa dei minori in affido, sono una famiglia comunità. Il suo derby name è “All You Can Hit”, nato, ci dice, dalla sua tendenza a voler colpire tutto ciò che è a tiro. Sul campo però tutti la chiamano col suo nome e gioca, come Giulia, nel ruolo di Pivot. Fuori dall’ovale si occupa anche del direttivo della squadra (un ruolo per lo più burocratico), intrattenendo i contatti con la federazione e, in aggiunta, fa anche da arbitro. Essendo uno sport molto underground e ancora in parte sconosciuto, il roller derby non ha ancora un corposo assetto arbitrale che si occupa solo di quello. Le giocatrici stesse, infatti, si offrono di aiutare ad arbitrare le partite ufficiali (soprattutto visto il numero necessario di arbitri a partita) per altre squadre in giro per l’Italia.
Per Darianna, il roller derby non è solo un gioco. «Sarebbe riduttivo. Il Roller Derby si vive. Perché lo si crea giorno per giorno, si collabora con altre skater di tutta Italia e del mondo per crescere insieme al movimento. Il Derby ti richiede sudore dentro e fuori dal track» racconta.
Dissidenza sociale e sport
Dalla demo resa disponibile di Roller Drama, e che abbiamo giocato, sembra che Open Labs abbia perfettamente colto questa particolarità del roller derby come movimento, con un suo assetto valoriale e identità politica. «C’è un legame forte, fortissimo, tra il bisogno di esprimere una dissidenza sociale e il praticare lo sport. Questa è una consapevolezza chiarissima» afferma Polsinelli.
Darianna è altresì chiara nelle sue risposte: in questo sport si trova una rivalsa. «Nel derby vinci se ti spingi oltre. Non vinci se sei elegante, ma se sei tosta, e questo è positivo per chi, come me, per tutta la vita si è sentita sgraziata. Nel derby trovo un luogo in cui posso essere me stessa senza maschere, in cui so che la comunità che mi sta attorno farà lo stesso».
Estetiche punk e fumettistiche
Il roller derby richiama molto delle estetiche punk, esagerate e provocatorie. L’aspetto visivo, artistico e scenografico ha affascinato il team di Open Labs, che per il gioco ha lavorato assieme a Vittoria Macioci, illustratrice italiana attiva anche nel mercato francese e che ha pubblicato, assieme allo sceneggiatore Lorenzo Palloni, il fumetto Gravity Level per Éditions Sarbacane.
Per risaltare lo stile artistico e visivo, il team ha studiato anche l’evoluzione della regia narrativa nei videogiochi indipendenti. Questa ha avuto, secondo Polsinelli, «un’evoluzione spettacolare». Il team ha svolto uno studio anche sul linguaggio del fumetto, integrando animazioni e baloon all’interno della narrativa di Roller Drama. In un fumetto, ci spiega il designer, “si cerca di caratterizzare il più possibile, perché la vedi e poi passi a quella successiva”.
Il videogioco, invece, ha un linguaggio differente e specifico: il “lingering” (in italiano “persistente” o “indugiare”). “Il fatto di rimanere a lungo, per quanto vuoi, in una situazione per capire cosa c’è lì intorno. Oppure c’è il fatto che gli NPC ritornano spessissimo e magari sono parte dell’interfaccia utente. Quando un elemento fa parte dell’interfaccia utente, se è troppo caratterizzato diventa fastidioso, invece che gradevole: sono cose che vanno mediate, chiedendo ad esempio un personaggio annoiato ma non troppo. Questa è una cosa che non esiste nei fumetti, se vuoi fare un personaggio annoiato, è annoiatissimo, o arrabbiato è arrabbiatissimo».
La narrativa dello sport
Rollerball è un film del 1977 diretto da Norman Jewison e ambientato in un futuro distopico. I giocatori (nel film sono tutti uomini), si scontrano ad uno sport sui pattini violentissimo e che richiama il roller derby. Con il flat track roller derby, Rollerball non c’entra niente (men che meno il remake del 2002). Il messaggio del film, nonostante diverse problematicità di rappresentazione, richiama comunque una lotta e dissidenza politica contro corporation senza scrupoli.
La stessa narrativa può essere ritrovata anche nel recente Rollerdrome, videogioco sviluppato da Roll7 e che trasporta i giocatori nei panni di Kara Hassan, una giocatrice di questo violentissimo sport fatto di arene da pattinaggio, nemici pericolosi, e fiumi di proiettili a rallentatore. Max Payne su pattini a rotelle e con una narrativa che permette ai giocatori di acquisire consapevolezza sullo sport che stanno praticando, proprio mentre la multinazionale che controlla il gioco sta finendo un accordo per acquistare le forze di polizia. C’è quindi una rappresentazione di una battaglia dal basso, in cui i giocatori sono al giogo di avide multinazionali. Una critica al capitalismo e allo status quo.
Roller Drama non è da meno e, attraverso le storie delle cinque protagoniste, lancia le sue critiche alla società narrata nel gioco. «Una società che non è proprio distopica, in realtà è semplicemente una prospettiva sulla nostra quotidianità. Sulla società che viviamo che è molto bizzarra e molto estrema, in modi che noi stessi non capiamo e non riconosciamo» afferma Polsinelli.
«C’è questa dimensione della socialità, ma il lavoro principale è sui personaggi, cioè sulle cinque ragazze, e su come le vite di queste cinque ragazze interagiscono con la società, le sue regole e le sue oppressioni. Quindi il gioco non è tanto sui fenomeni sociali, ma tramite la vita di queste cinque ragazze con cui tu convivi in unica casa e in ambientazione tipo sit com. Si creano queste situazioni tragicomiche, che però danno sempre anche un indizio su quello che succede intorno a loro: regolamenti assurdi, una società ipocrita, falsamente democratica» conclude.
Il Roller Derby non discrimina
I valori del roller derby sono chiari: non discrimina. Le giocatrici ci hanno confermato che non ci sono limiti di età, di etnia e di genere. La sua natura autorganizzata, anche in presenza di una federazione, e di ispirazione anarchica, rendono questo sport parte integrante della battaglia transfemminista. Lo sport, ci spiegano le atlete delle Bloody Wheels, è stato uno dei primi al mondo a redigere una Gender Policy (ora chiamata Inclusivity Policy), ovvero un documento che attesta la natura inclusiva dello sport, anche per le persone transgender e non binarie. «A seconda del genere in cui ti identifichi, puoi giocare dove vuoi. C’è l’idea dell’autodeterminazione» afferma Darianna.
«Per sua natura, il roller derby non discrimina» afferma la capitana Giulia. «Nelle squadre femminili, può giocare chiunque si identifichi come donna. Nella WFTDA, la bibbia del roller derby, è specificatamente scritto che chiunque è libero di sentirsi come vuole, identità di genere e orientamento sessuale. Ognuno deve essere accettato senza discriminazione alcuna».
Parlando con Polsinelli, l’argomento inclusività è stato uno dei motivi per cui è stato scelto il roller derby come soggetto per il loro prossimo videogioco, oltre che per l’elemento dell’autorganizzazione. «Nel creare i personaggi, partendo da Joan (l’allenatrice protagonista) e arrivando alle cinque atlete, abbiamo cercato di avere più varietà possibile di “body type” ed etnia (anche solo per accenni), come accade nello sport, e spero che le vicende narrative, senza fare troppi spoiler, riescano ad esprimere anche la varietà di orientamenti sentimentali e valori»
La situazione ideale, secondo il designer fiorentino, sarebbe stata ovviamente l’inserimento di una sorta di creazione personaggio che permettesse di personalizzare e configurare le atlete, «ma questo chiaramente è per giochi con budget diversi da un autoprodotto».
Conclusione
Il roller derby è affascinante e spettacolare. Il lato scenico, nello sport, è un elemento molto importante e nella nostra chiacchierata con la capitana delle Bloody Wheels, Giulia ci racconta che prima di entrare in campo è possibile chiedere di mettere una canzone, che dia la carica alla squadra e che la rappresenti. Ci racconta però che la canzone negli ultimi tempi cambia spesso, una volta era sempre la stessa.
«Prima nello spogliatoio c’ho il mio momento mentale e ascolto le mie tamarrate» ci racconta Giulia. Ma si ricorda una volta in cui la squadra è scesa in campo con in sottofondo Hollaback Girl di Gwen Stefani. Anche se non accompagnato dalla musica di una gigante della musica pop, Roller Drama è comunque pronto a scendere in campo il 26 gennaio 2023 su PC tramite Steam, Nintendo Switch, Apple Store e Google Play. Successivamente arriverà anche per PlayStation e Xbox.
Per la stesura di questo pezzo ringraziamo Pietro Polsinelli di Open Labs e la squadra delle Bloody Wheels, che hanno voluto condividere con noi la loro passione ed esperienza nel mondo del roller derby.