Intervista ad Alessandro Budroni, voce di Jim Hopper in Stranger Things e Higgs in Death Stranding

Informazioni sul gioco

Alessandro Budroni nell’intervista di oggi ci fa comprendere quanto sia complesso per i giovani intraprendere una carriera nel mondo del leggio. Tra condizioni lavorative sempre più stringenti a causa di un processo di industrializzazione del settore e a causa delle major che impediscono la presenza di esterni nelle proprie lavorazioni, i giovani fanno fatica a ottenere un provino.

Ospite di oggi nella nostra rubrica delle interviste è dunque Alessandro Budroni, doppiatore professionista che negli ultimi tempi ha doppiato lo sceriffo Jim Hopper in Stranger Things.

Alessandro BudroniChi è Alessandro Budroni

Alessandro Budroni nasce a Livorno il 13 settembre del 1972. Si avvicina al mondo del doppiaggio intorno ai 30 anni.

Formatosi in teatro intraprende un corso di doppiaggio a Bologna, che lo porterà a lavorare stabilmente come doppiatore.

Cosa ha doppiato

Alessandro Budroni ha doppiato numerose pellicole cinematografiche lo ricordiamo nei panni di Taika Waititi in Jojo Rabbit, Tego Calderón in Fast & Furious – Solo parti originali, Fast & Furious 5, Fast & Furious 8, David Harbour in The Equalizer – Il vendicatore, Gran Turismo – La storia di un sogno impossibile (di cui abbiamo intervistato il campione del mondo di Gran Turismo, ovvero Valerio Gallo).

Per quanto concerne le serie tv ha prestato anche in questo caso la voce a David Harbour nei panni Jim Hopper in Stranger Things, Jonathan Kite in 2 Broke Girls , Reed Diamond in Agents of S.H.I.E.L.D. e Scoot McNairy in Narcos: Messico.

Nei videogiochi ha doppiato Russell Adler in Call of Duty: Black Ops Cold War, Nozar in Horizon Forbidden West, Max Schnell in Cars 2, Henry in Cyberpunk 2077, Higgs Monaghan in Death Stranding, Lapo in Martha is Dead e Taron Malicon in Star Wars Jedi: Fallen Oder.

Alessandro Budroni

Intervista ad Alessandro Budroni

  •  Come ti sei avvicinato al mondo del doppiaggio?

Mi sono avvicinato al mondo del doppiaggio a una certa età. Ho fatto il primo turno che avevo 31 anni, c’è gente che iniziò a doppiare quando addirittura aveva 6 anni. Ho dei colleghi che entrarono in sala di doppiaggio che erano così piccoli che non sapevano leggere. Facevo l’attore a livello locale, in Toscana. In un momento di grave crisi personale un mio amico mi ha consigliato di seguire un corso di doppiaggio. Sono andato a fare una scuola di doppiaggio a Bologna e ricordo che facevo tutti i fine settimana avanti e indietro da Livorno.

Come maestri ho avuto Rodolfo Bianchi, Massimo Giuliani e la compianta Susanna Javicoli. Massimo Giuliani cominciò a chiamarmi per fare qualche turno. Prima di trasferirmi a Roma e intraprendere definitivamente questo percorso dissi a Massimo Giuliani: “Se io mollo tutto a Livorno e vengo qua, ce la posso fare?”. Lui mi disse che dovevo a tutti i costi pulire le mie imperfezioni nella dizione.

Facendo l’attore a livello locale la mia dizione non era perfetta, in un ambiente come il doppiaggio questo è inammissibile. Ho studiato e mi sono esercitato tantissimo e poi mi sono trasferito a Roma. I miei colleghi di prima fascia erano già professionisti molto affermati e già doppiavano protagonisti, ma serviva qualcuno della mia età che coprisse ruoli minori. Non ho pedigree, non ho fatto accademie, sono un attore fai da te. Ho iniziato fin da ragazzo, da quando avevo 16 anni e di conseguenza ho imparato sul palco molti segreti del mestiere grazie a dei colleghi.

Higgs Death Stranding

Il doppiaggio di Death Stranding

  • Sappiamo che hai doppiato Troy Baker nei panni di Higgs in Death Stranding. Trattandosi di una personalità enigmatica e controversa, com’è stato doppiare un’opera così significativa e particolare?

Doppiare Higgs è stato bellissimo. Mi spiace ammetterlo ma non sono un videogiocatore, non sono un gamer. Anzi, sono un boomer (NdR ironizza). Ve l’avranno già spiegato mille volte, quando si doppiano i videogiochi raramente si vedono dei filmati, solitamente doppiamo su un’onda sonora. Sentiamo in cuffia quello che ha fatto l’ attore originale e dobbiamo recitare entro quel tempo. Visto queste modalità di doppiaggio i videogiochi non mi coinvolgono così tanto. Discorso a parte va fatto per Death Stranding perché ho avuto la fortuna di poter doppiare direttamente dei video, tradotti benissimo e adattati meglio.

Abbiamo fatto un vero una vera e propria opera di doppiaggio, come si fa col cinema. Sono riuscito a vedere dei gameplay e ho notato che addirittura il labiale era perfetto. Abbiamo avuto la possibilità di fare un doppiaggio egregio, almeno secondo me. Per quanto mi riguarda è stato un ottimo lavoro. Higgs era un personaggio assolutamente fantastico, divertente ma con queste corde di pazzia e cattiveria per un certo senso logica. Questo personaggio mi permetteva di giocare con la voce.

Troy Baker ha trasmesso al personaggio delle sfumature meravigliose, andargli dietro è stato un piacere. Da parte nostra era essenziale un giusto passaggio verso l’italiano per non recuperare delle sonorità inglesi che ovviamente sull’italiano stonano. Io non avevo capito cosa stessi facendo, quando andiamo a doppiare prodotti di questo calibro le lavorazioni sono blindatissime. Pensate che mi è stato riferito il titolo alla fine del lavoro. Ringrazio Angela Paoletti per avermi contattato per doppiare questo personaggio.

Russell Adler Call of Duty: Black Ops Cold War

Il doppiaggio di Call of Duty

  • Ultimamente hai doppiato Russell Adler in Call of Duty: Black Ops Cold War, cosa puoi raccontarci del doppiaggio di questo storico e blasonato brand?

Ho tanti colleghi giovani e ogni tanto parlano fra di loro e quindi sapevo che cosa fosse. Quando sono stato contattato era una bella responsabilità impersonare questo ruolo. Credo che noi doppiatori abbiamo una sorta di compito sociale, una vera responsabilità linguistica. Quando mi scelsero per questo ruolo ero convinto che volessero un’impostazione vocale sulla falsa riga di Jim Hopper di Stranger Things. Invece scelsero un’impronta vocale simile a Walt Breslin in Narcos: Messico.

Rispetto a Death Stranding dove appunto avevo i video, su Call of Duty ho avuto meno questa possibilità. Ho dovuto seguire la sonorità dell’attore originale. Per certi versi è stato più creativo perché ero “libero nella gabbia” come direbbe mia moglie (NdR Alessandro Budroni è sposato con la collega doppiatrice Valeria Vidali). Io faccio un mestiere di servizio, in questo caso avevo la possibilità di spaziare ma rimanendo fedele a ciò che sentivamo all’originale.

Ho una forma di rispetto nei confronti di chi ha fatto il lavoro prima di me, io sto svolgendo un servizio linguistico di una mediazione fra l’originale e chi vuole godere invece di una versione doppiata. Un lavoro più creativo ma meno stimolante perché il personaggio era un militare con tutti i suoi cliché.

Jim Hopper Stranger Things
Jim Hopper in Stranger Things doppiato da alessandro Budroni

Il doppiaggio di Stranger Things e Jojo Rabbit

  • Qual è stato il personaggio più difficile da doppiare, e a quale sei più affezionato?

Inutile dire che Stranger Things ce l’ho nel cuore. La prima stagione si svolge nel 1983, i ragazzini dichiarano di avere undici anni, quindi, sono nati nel 1972. Io sono nato nel 1971, capite bene che mi rivedo in quell’epoca. Oltre Stranger Things, sono molto affezionato al mondo di Harry Potter e aver interpretato Oliver Masucci in Animali fantastici – I segreti di Silente mi ha emozionato. Quando in sala di doppiaggio parte la musica della saga a me vengono i brividi.

Ho un bel ricordo del doppiaggio di Adolf Hitler in Jojo Rabbit, di Oleg in 2 Broke Gilrs dove mi sono divertito come un pazzo. Non ringrazierò mai abbastanza Francesca Draghetti per avermi messo su quel personaggio. Ricordo di uno sceneggiato che andava sulla Rai dal nome Velvet. Io doppiavo Asier Etxeandía che nella serie si chiamava Raul ed era fantastico. Questo attore aveva la capacità di passare dal macho alla pazza in un attimo. Per quanto concerne la difficoltà sicuramente Hitler in Jojo Rabbit perché doveva essere un Hitler giocoso in quanto era l’amico immaginario di un bambino di dieci anni.

Ovviamente un personaggio negativo però visto attraverso gli occhi di un bambino. Una sorta di unicorno ma con la svastica. In quel doppiaggio c’era sempre il pericolo di scivolare nella macchietta e di andare fuori dal personaggio. Ogni attore ha le sue peculiarità e noi dobbiamo andare a prenderle.

È difficilissimo quando ti chiamano per fare magari dieci righe di un personaggio secondario. Dove non conosci nulla del suo background. Quando Segui un protagonista riesci a stargli dietro e vivi la sua vita, mentre nel personaggio residuale non riesco sempre a dargli una precisa caratterizzazione. A volte sono più difficili quelli di cui si conosce poco rispetto ovviamente al protagonista di cui hai più informazioni.

Di una cosa però sono certo, i buoni mi divertono poco nel senso che sono un po’ stereotipati e seguono quell’archetipo tradizionale. Sono quasi tutti uguali. Gli antagonisti sono più interessanti perché sono macchinosi e si permettono di fare svolazzi con la voce e di conseguenza ci puoi giocare. La mia voce non è che si presti particolarmente a fare l’eroe.

Ultimamente quando in sala mi hanno detto che avrei doppiato un serial killer, mi sono girato verso la direttrice dicendole: “n’artra volta?” e lei: “con questa voce che vuoi doppiare? il principe azzurro?”. Meno male, mi divertono molto di più.

  • Quali sono i consigli che daresti a nuovi e aspiranti attori?

Avete un piano B? No, scherzo. Si può consigliare solo una cosa, ovvero studiare. Entrare nel mondo del doppiaggio non è facile. Sfatiamo subito un mito, non è un mondo chiuso e non lavorano solo fra di loro. Io sono figlio di un maresciallo della Guardia di Finanza e di una casalinga, non ho nessun tipo di collegamento con il doppiaggio. Ci sono colleghi che sono di primissima fascia che vengono non provengono da Roma e non hanno niente a che fare con questo mondo, eppure doppiano i protagonisti.

Mi viene in mente Gianfranco Miranda, Andrea lavagnino, Benedetta Ponticelli (che abbiamo intervistato per il doppiaggio di Lara Croft in Tomb Raider NdR), Benedetta degli innocenti, che hanno semplicemente dimostrato di essere ottime attori e attrici.

Ci sono anche i figli d’arte ma questo è un mestiere artigianale, ora gli stanno dando una dimensione industriale ma alla fine si riduce sempre a noi. Come un tempo si tramandavano i mestieri artigianali tra padre e figlio, lo stesso capita nel doppiaggio. Chi si priverebbe mai di Alessia Amendola, nipote d’arte di Ferruccio Amendola, di Ilaria Stagni o Gaia Bolognesi. Sarebbe un crimine, anche perché, se non migliorano almeno tengono altissimo il livello.

Ci sono dei figli d’arte che hanno smesso o fanno piccole cose. Per fortuna è un mestiere ancora meritocratico. Se non ti incolli il doppiaggio è venuto male, se non stai su quella faccia, la resa finale non è delle migliori. Anche io ho rovinato dei film perché sono stato messo su delle cose quando ero ancora troppo inesperto. Quei film sono orrendi.

Bisogna essere attori perché le persone che andiamo a doppiare sono attori, molto spesso di categoria eccellente. Come posso pensare di sostituire la sua voce con la mia se non padroneggio gli stessi strumenti professionali che ha l’attore. Il doppiaggio è un aspetto tecnico del mestiere dell’attore. Ci sono degli attori che non sono prettamente doppiatori entrano in sala e fanno dei lavori eccellenti. Mi viene in mente Zingaretti, Claudio Bisio, Carla Signoris, Gassman e Brignano che imparano un minimo di tecnica e poi fanno dei lavori eccellenti. Pensate ai Talent che entrano in sala e non essendo attori rovinano il film, perché non è il loro mestiere.

Ci vuole molta pazienza ragazzi, purtroppo il doppiaggio è serrato non solo a causa delle regole imposte dal periodo Covid, ma anche dalla paura delle major degli spoiler del furto di materiali. Non si può entrare negli stabilimenti dove viene trattato un prodotto particolare. Se c’è un prodotto della Lucas Film o di Netflix, come nel caso di Stranger Things, non ci si può nemmeno avvicinare allo stabilimento. Molti ragazzi si mettono fuori e attendono con pazienza che esca un direttore per consegnare loro del materiale. I turni sono talmente pieni che è difficile riuscire a ricavare anche solo cinque minuti per fare un provino a questi ragazzi. Provo una ammirazione sconfinata.

Se volete entrare in questo ambiente dovete dimostrare che siete all’altezza di chi questo mestiere lo sa già fare. Noi doppiatori siamo una manodopera altamente specializzata per cui bisogna saperlo fare bene questo mestiere. Ci vuole tanta dedizione e tanta pazienza. Sento dei ragazzi oggi che hanno l’articolazione di un ottantacinquenne perché magari hanno fatto due o tre turni e spesso si sentono già arrivati. Non pretendo che siate veloci come Oreste Baldini (NdR il doppiatore di Ciuchino e Stewie Griffin) però ci vuole un’articolazione veloce e precisa.

Hitler Jojo Rabbit

  • Noi ti ringraziamo per la tua disponibilità, ma prima di andare vorremmo conoscere un curioso aneddoto sulla tua carriera.

Aneddoti ne ho tanti. Una volta abbiamo doppiato in mutande perché avevamo preso un temporale estivo e non potevamo entrare in una sala dove ci sono dei comandi elettrici. Vent’anni fa andai ad assistere Francesco Vairano e l’assistente disse che mancava un uomo e lui indicò me. Sinceramente volevo fare come Homer Simpson con Ned Flanders, ovvero scomparire nella siepe.

Per Jojo Rabbit ho fatto un doppio provino, l’ho fatto sia in italiano che con l’accento tedesco. Io sono praticamente bilingue e quindi mi riesce molto facile parlar con l’accento tedesco. Mi chiamano per dirmi che ho vinto il provino. Una grande soddisfazione perché ero in concorrenza con due colleghi eccezionali. Ero sicuro che avessi vinto il provino con l’accento tedesco. Vado a fare il primo turno, inizio con i primi due anelli che erano quelli del trailer e comincio a farlo con l’accento tedesco. Appena inizio, la direttrice: “ma che c**** fai? Guarda che l’hai vinto in italiano il provino”. Ero assolutamente incredulo. Altre spero di raccontarvele di persona. Sono un po’ logorroico.

Pensate che fortuna, faccio un lavoro dove mi pagano per parlare.

Grazie davvero a tutti per questa intervista, a presto.

Ringraziamo Venti Blog per la pubblicazione dell’estratto di questa intervista sul Quotidiano del Sud

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