Quando Bethesda decide di lavorare ad una nuova IP dopo ben 25 anni, non si può non considerare un evento. È questa probabilmente la miglior definizione possibile dell’annuncio di Starfield. Arrivato come un fulmine a ciel sereno, la presentazione del gioco è stata accolta molto positivamente dal pubblico, ancora prima che ci fosse qualcosa di concreto.
Ora che finalmente è arrivato sul mercato possiamo constatare che Starfield è una vera e propria Killer Application. Pubblicato su Xbox, PC e Game Pass, si è dimostrato sin da subito un successo commerciale, con milioni di preordini e acquisti nonostante la presenza sul catalogo.
Quello che Bethesda è riuscita a creare è un’opera che racchiude all’interno tutto il know how dell’azienda, la summa di tutto ciò che caratterizza giochi come Fallout e Skyrim. Il team di sviluppo è infatti famoso per queste due opere, specie Skyrim, un gioco pubblicato su tre generazioni differenti di console.
Nel bene e nel male Starfield rappresenta un punto di arrivo e, al tempo stesso, un punto di partenza. Immenso. Per questo motivo ci siamo presi tempo e soprattutto ore extra di gioco per arrivare alle nostre conclusioni. Bando alle ciance e addentriamoci ora nella nostra recensione su Xbox Series X.
Indice
Starfield: Storia ed esplorazione
I Primi Passi
C’è un topos narrativo che contraddistingue i videogiochi della serie di The Elder Scrolls e Fallout prodotti da Bethesda, quello di far compiere i primi passi al videogiocatore all’interno di ambienti chiusi. Questo escamotage è utilizzato principalmente per enfatizzare il momento nel quale osserviamo per la prima volta il mondo che ci circonda.
Questo approccio decisamente funzionale in Fallout 3 e Fallout 4 viene replicato anche in Starfield, difatti il nostro esordio, che definiremmo quasi claustrofobico, lo passiamo all’interno di una caverna mineraria. A dispetto delle apparenze però, per provare quella sensazione di impotenza e immensità, sarà necessario molto più tempo.
Gli sviluppatori decidono di buttarci immediatamente nell’azione, fornendoci le informazioni essenziali per riuscire ad orientarci nell’universo di gioco. Ci vengono mostrati i movimenti fondamentali del personaggio e dello shooting, viviamo il classico primum movens da cui prende il via la storia e ci viene addirittura mostrato come gestire e muovere un’astronave.
In tutto questo troviamo anche un momento per la creazione del personaggio. Al di là della personalizzazione in ambito estetico, alla pari con tutti gli altri videogiochi odierni, è interessante soffermarsi sulla parte relativa alle origini del nostro alter ego.
Dovremo scegliere tra 21 tipi diversi di background (con le relative abilità iniziali) e 17 tratti opzionali (con relativi bonus e malus). Potremmo avere un passato da chef o da canaglia spaziale, e al tempo stesso andare a trovare i nostri genitori mentre pende una taglia sulla nostra testa.
Affascinante nell’idea, molto meno nell’esecuzione, l’editor dal punto di vista narrativo è un colpo mancato. Fatta eccezione per alcune situazioni e qualche opzione di dialogo in più, la scelta proposta non ha un impatto sconvolgente nella nostra esperienza.
L’esplorazione, il cuore pulsante del videogioco
L’incipit narrativo di Starfield è piuttosto semplice, ma molto interessante. È l’anno 2330 e gli esseri umani hanno abbandonato da tempo la Terra, a causa di una calamità naturale che ha reso impossibile il mantenimento della vita. Dopo essersi lasciata alle spalle la culla della loro civiltà, uomini e donne sono partiti alla volta delle stelle, colonizzando in gran parte la galassia. Col passare degli anni però quello spirito pioneristico e avventuroso si è affievolito, declinando l’esplorazione ad una mera attività secondaria.
Nasce così Constellation, un’organizzazione che si prefigge l’obiettivo di scoprire cosa ci sia al di là dello spazio conosciuto. In questo grande e ambizioso progetto finisce quasi per caso il nostro protagonista che, entrato in contatto con un prezioso Manufatto, lega la sua esistenza all’ aspirazione dell’associazione.
Abbiamo tratteggiato nei suoi punti chiave la trama di Starfield, non vogliamo però entrare troppo nello specifico per non rovinarvi la sorpresa. Il tema centrale nel videogioco è senza dubbio l’esplorazione, l’umanità ha perso la voglia di conoscere l’ignoto e di rispondere alla fatidica domanda “cosa c’è là fuori?”. In questo senso, quindi, sarebbe un delitto raccontare troppo, e preferiamo invece fornire e chiarire il contesto del mondo di gioco.
Bethesda ha scelto di raccontare un futuro non troppo distante da quello che pensiamo l’umanità possa avere. In passato per definire l’estetica del gioco si scelse di utilizzare il termine NASA-Punk. Con questa parola l’intento era quello di descrivere un mondo sì fantascientifico, ma più concreto e riconoscibile. Questa definizione trova la sua massima espressione però, non tanto nell’aspetto delle astronavi o delle strutture tecnologiche, bensì nell’immaginario generale.
In molte opere fantascientifiche il genere umano – da solo o in alleanza con altre razze aliene – è costretto spesso a lottare contro una minaccia esterna. In Starfield invece gli alieni sono animali senza capacità intellettive particolari. Un universo così grande e al tempo stesso così vuoto è quanto di più plausibile ci possa essere. L’enorme mosaico di corpi celesti che compongono la nostra galassia ha delle ottime possibilità di ospitare la vita aliena, ma allo stesso modo sono molteplici le possibilità di non trovare nessuna forma senziente.
Per quanto particolare possa essere, questa scelta rappresenta appieno la volontà degli sviluppatori di portare nella sua essenza più stretta l’animo dell’esplorazione, e noi ci sentiamo di appoggiarla in pieno. Chiaramente questa decisione ha delle forti ripercussioni nell’ambientazione e nel gameplay, ma rappresenta una presa di coraggio in un panorama di prodotti purtroppo troppo simili tra loro.
Il Mondo, la guerra e i compagni
L’esplorazione viene intesa diversamente quando parliamo invece dello spazio conosciuto. Messo da parte il percorso della trama principale, essa si lega ad un altro tema ricorrente delle produzioni di Fallout.
“La guerra… la guerra non cambia mai”
La guerra infatti ritorna prepotentemente anche in Starfiled e, seppur come tema secondario, è un elemento importantissimo all’interno della narrazione. Il conflitto, che noi nel videogioco sentiamo solo nominare, ha plasmato l’intera civiltà dell’universo. Ogni luogo che noi visitiamo è sotto la giurisdizione di un governo o collettivo, determinando odio, antipatie o in alcuni casi un completo distacco.
Nuova Atlantide, Neon e Akila City sono le città più importanti e riflettono le conseguenze di cui parliamo. Pur non essendo il tema centrale, il conflitto caratterizza comunque in maniera peculiare l’universo del gioco. Peccato non poter usufruire di una mappa della superfice decente. A differenza della mappa stellare, quella cittadina, non è quasi comprensibile: uno sfondo blu con punti di interesse evidenziati, utile solo ed esclusivamente per i viaggi rapidi nei vari distretti della città.
Ma Starfield è più di una manciata di luoghi da visitare, è un universo vivo che cerca realmente di replicare un futuro possibile. Corporazioni, tecnologiche potentissime che cercano di farsi strada nel commercio con ogni espediente, gruppi religiosi, commercianti, pirati e contrabbandieri, banche, forze dell’ordine spaziali e molto altro affollano il mondo creato.
A tenerci compagnia durante le nostre scampagnate c’è anche il nostro equipaggio. Da sempre peculiarità dei GDR sono i comprimari, che ci seguono ovunque nel gioco e che spesso fanno da grillo parlante nelle nostre scelte. In Starfield, molto più che in altre IP di Bethesda, è stata dedicata più attenzione nella caratterizzazione di questi, ma nulla di veramente eccezionale.
Per quanto si possa entrare in intimità con alcuni personaggi e scoprire quindi la loro storia, nessuno è caratterizzato in modo da diventare iconico. Badate bene, nessuno sta cercando una scrittura in grado di eguagliare quella di Mass Effect, che nominiamo semplicemente perchè i punti di contatto tra le due opere sono evidenti a livello tematico.
Nei personaggi di Starfield manca profondità, una buona sfumatura morale e delle motivazioni forti, che rendano le loro missioni degne di essere vissute. I retroscena e il passato di ognuno di loro non contengono quell’elemento sbalorditivo capace di spalancare l’animo del giocatore
Una lore immensa
Bethesda è riuscita a creare una lore imponente, fatta di eventi e personaggi che ancora oggi scuotono gli animi di chi popola l’universo di Starfield. La costruzione narrativa dalla storia, sia quella nascosta che quella che viviamo nella nostra avventura, è mastodontica, probabilmente la più grande che Todd Howard e compagnia abbiano mai creato. C’è però un grosso problema, ed è il modo in cui tutto questo ci viene raccontato e mostrato.
Introduzione dispersiva
L’introduzione è la prima delle due grandi insufficienze che questo titolo si porta dietro.
Successivamente al nostro incontro con Constellation, diventiamo del tutto autonomi. Siamo pienamente liberi di seguire la trama principale o possiamo semplicemente girare in lungo e in largo. Possiamo decidere di intraprendere altre missioni, entrare nelle fazioni o darci alla pirateria più sfrenata. Non abbiamo vincoli e ci è concesso fare ciò che più ci aggrada. Per molti questo potrebbe essere considerato un punto a favore, e senza dubbio chi è abituato ad approcci del genere non avrà problemi a destreggiarsi per il mondo di gioco. Per i più inesperti però il rischio di perdersi nell’enorme mole di attività presenti, e di conseguenza sentirsi fuori dal mondo costruito da Todd Howard, è decisamente reale.
Inoltre, non ci viene fornito un quadro limpido della situazione, e per avere un contesto ben delineato dovremo aspettare di giocare un bel po’ di ore. Nell’editor troviamo infatti diverse mancanze: la scelta di alcuni tratti è legata ad alcune corporazioni o gruppi, senza però fornirci nessuno ragguaglio su cosa effettivamente siano. Questi, dunque, vengono completamente ignorati a beneficio di un tratto più utile e chiaro o scelti alla cieca.
Per conoscere la parte nascosta di Starfield saremo costretti ad avventurarci nell’oceano immenso di missioni secondarie, per lo più legate alle fazioni. Per quanto queste possano essere affascinanti e interessanti, stiamo comunque parlando di incarichi del tutto opzionali. Non si pretende certo che il giocatore debba essere accompagnato per mano all’interno del gioco, ma non è pensabile nemmeno costruire una narrativa di questo tipo e non fornire adeguato supporto nelle fasi iniziali.
Facciamo presente a tutti i lettori che anche Starfield è dotata di una modalità New Game Plus, quindi occhio a non sottovalutare questa importante feature anche al completamento della storia principale.
Starfield: il Gameplay nel complesso
L’altra grande criticità del gioco riguarda il gameplay. Questo si basa sulla forte correlazione fra gli elementi ludici, legati tra di loro a doppio filo. Tutto è connesso e nessuno di questi può prescindere dall’altro, rendendo necessario progredire in ogni campo se si vuole ottenere un vero avanzamento nel gioco. Qui però deriva la grossa mancanza: la difficoltà quasi assente, o comunque tarata troppo verso il basso, non rende obbligatori questi intricati passaggi per raggiungere l’obiettivo finale.
Al giocatore basterà un po’ di logica nella scelta dei dialoghi e una discreta abilità col joypad. Di fatti, escluso l’albero della abilità, non esiste nulla di necessario. Cerchiamo di esplorare ora bene l’intera struttura di gioco.
Esplorazione e avamposti
Facce della medesima medaglia, e complementari molto più di tutti gli altri aspetti, troviamo l’esplorazione e gli avamposti. L’esplorazione può essere intesa come fine a se stessa o come mezzo per la ricerca delle risorse. Spostarsi in giro per il pianeta ci consente di trovare tutti i minerali che questo può offrirci. Ma, una volta padroni del gameplay, possiamo notare però come prelevare minerali direttamente dagli avamposti sia decisamente più funzionale – benché meno affascinante – del mero girovagare.
Le potenzialità degli avamposti sono innumerevoli, con la giusta dose di pazienza saremo in grado di creare una rete commerciale privata, mediante cui rifornirci continuamente di risorse. Un intero sistema solare può essere colonizzato dalla nostra attività d’estrazione.
Per poter apprezzare realmente l’esplorazione, bisogna abbracciare in toto la visione degli sviluppatori. La morfologia del territorio viene generata in maniera procedurale, atterrando su un qualsiasi corpo celeste si materializza una grossa porzione di terreno, da visitare liberamente. Di viaggio in viaggio ci troveremo davanti biomi declinati in maniera diversa, ma sostanzialmente simili.
L’idea centrale dei creatori è quella di esaltare l’esplorazione nella sua concezione più pura, vagare di pianeta in pianeta senza necessariamente aspettarsi qualcosa di sorprendente, ma assaporando semplicemente le diversità del bioma e accontentandoci di godere della resa scenica del panorama. Tuttavia, se non si apprezza questo pensiero, tutto potrebbe risultare alla lunga noioso. Ogni mondo presenta qualche luogo di interesse, ma, dopo averne visitati alcuni, risulteranno per lo più tutti uguali, escluse alcune location uniche. In compenso, gli appassionati della fotografia, troveranno nella modalità foto un’ottimo strumento. Se non vi basta infatti vivere il momento, potrete catturarlo, modificando a vostro piacimento alcuni parametri.
Occhio a tenere sempre sotto controllo l’ossigeno ed il peso dell’inventario. Entrambi sono essenziali per un movimento veloce e fluido del personaggio, l’ossigeno rappresenta la classica stamina, mentre il carico di peso se superiore al limite causerebbe un maggiore consumo di ossigeno. Dopotutto l’unico mezzo di trasporto sui pianeti sono le vostre gambe.
Un nuovo albero delle abilità
L’albero delle abilità funziona esattamente come ogni altro GDR, si accumulano i punti esperienza mediante le attività presenti e si utilizzano come meglio si vuole per potenziare il nostro personaggio. La particolarità sta però nella presenza dei gradi. Sbloccare le abilità significa solamente scalfirne le potenzialità, per ottenere il massimo risultato dovremo quindi arrivare sino al quarto e ultimo grado. Per riuscire in questa impresa dovremo però superare delle sfide, che chiaramente saranno specifiche per ognuna di esse. Ad esempio, se vogliamo utilizzare le astronavi di classe maggiore, dobbiamo riuscire a superare le prove che ogni grado dell’abilità pilotaggio ci propone.
Questo sistema rende molto più interessante e soprattutto fondamentale l’albero delle abilità. Molte delle azioni che intraprendiamo nel gioco sono soggette ad un’abilità precisa. Modificare le armi e le armature, costruire avamposti migliori, potenziare e utilizzare astronavi di classe maggiore, addirittura utilizzare il boostpack o poter borseggiare gli NPC, tutto passa dall’albero delle abilità.
Questo giochino fa sì che questo elemento del gameplay sia effettivamente l’unico che non dipende dalla difficoltà del titolo.
Shooting e armi
Starfield è comunque contraddistinto da una forte componente sparatutto, specie in prima persona. Il primissimo trailer che mostrava questo aspetto non ci aveva lasciato un’impressione positiva. Siamo felici quindi di constatare che il feedback dello shooting sia decisamente buono. Non è certo paragonabile a quello dei grossi nomi degli altri shooter, ma è senza dubbio un giusto compromesso.
La componente sparatoria per forze di cose è influenzata dalla tipologia di armi e dalla loro utilità in combattimento. Queste si dividono a seconda delle munizioni, e chiaramente creano un danno maggiore o minore a seconda del nemico che ci troviamo di fronte.
Inoltre, va tenuto in considerazione anche il contesto nel quale si sceglie di combattere. Sparare in un ambiente senza gravità non è la stessa cosa che farlo in uno in cui è presente, la scelta della pistola potrebbe fare la differenza negli scontri. La modifica delle armi invece è subordinata alle nostre abilità e alle risorse in nostro possesso. Sicuramente curare questo aspetto potrebbe rendere ancora più efficace il nostro arsenale.
Il feeling con le astronavi
In Starfield l’editor delle astronavi è quanto di più vicino all’eccellenza. Nei limiti imposti dagli sviluppatori possiamo creare ogni tipo di astronave, privilegiando un aspetto piuttosto che un altro. Ad esempio, possiamo costruire una nave cargo oppure un carro armato volante, possiamo dedicare anima e corpo all’aspetto esteriore, oppure trovare il classico compromesso. Non possiamo non fare quindi un enorme plauso a chi in Bethesda si è occupato di questo aspetto.
C’è anche una piccolissima componente gestionale per quanto riguarda le astronavi. Combattere e muoversi nello spazio vuol dire saper gestire l’energia generata dal motore. Motore, gravimotore, scudo e le tre armi, sono queste le sezioni dove dirottare l’energia prodotta dal reattore. Tocca a noi fare da tecnici.
Nulla di esaltante invece per quanto riguarda il resto. Lo spostamento da un sistema all’altro è relegato al viaggio rapido. Non possiamo raggiungere manualmente un pianeta, ma solo selezionarlo nell’apposito menu e far passare la schermata di caricamento. I viaggi rapidi e i caricamenti sono onnipresenti in questo gioco: salire su una nave, andare in orbita, selezionare un punto qualsia in cui andare, atterrare su un pianeta, prendere un ascensore, entrare in un edificio, tutto questo vuol dire in sostanza aspettare un caricamento. Per quanto possano essere veloci, è decisamente tediante e soprattutto smorza l’entusiasmo del momento.
La natura delle missioni
C’è qualcosa nelle missioni di Starfield che lo rendono un classico senza tempo, un qualcosa che ha un tocco di retrò e vintage. Sarà per il fatto che buona parte di queste ci costringono a fare avanti e indietro, sarà che portare un pacco su un pianeta e ripetere la stessa azione mille volte non è proprio attuale. Sarà quel che sarà, ma le missioni di Starfield non brillano per novità, anzi sono troppo legate al passato. Questo non è per forza un difetto, né tantomeno un problema circoscritto al solo Starfield, tutti o quasi i giochi di ruolo condividono queste dinamiche.
È chiaro ed evidente però, che non tutti i giocatori potrebbero essere contenti di questo approccio.
Quelli che di voi riusciranno ad apprezzare le missioni di Starfield si troveranno quindi davanti un titolo mastodontico, colmo di attività da fare. L’universo di Starfield è vivo oltre ogni immaginazione. Camminando per le strade delle città potremo ascoltare alcuni dialoghi ed attivare così delle missioni. Parlare con le persone, leggere documenti o banalmente esplorare, potrebbe farvi scoprire un mondo di attività che rendono veramente speciale l’esperienza di gioco. Alcune di queste sono inoltre un piccolo gioiello, le missioni delle fazioni sono meravigliose e riescono a fornire un contesto narrativo altrimenti non presente.
Tutti questi dettagli, per quanto teoricamente funzionali, perdono nettamente di valore a causa dell’estrema semplicità nelle dinamiche del gameplay. Ogni elemento risulta fine a se stesso, ma non per volontà di Bethesda, quanto per una gestione fallata della difficoltà, facendo vacillare così quella che dovrebbe essere lo scheletro stesso del gioco.
Starfield: Comparto tecnico
Visto e considerato tutti i trascorsi con Bethesda, è lecito domandarsi “Come gira Starfield?”
I miglioramenti del Creation Engine
Graficamente Starfield è un gioco ben fatto, seppur con diverse sbavature, rappresenta un significativo passo in avanti rispetto alle precedenti produzioni. Abbiamo giocato Starfield su Xbox Series X e siamo rimasti piacevolmente sorpresi per larga parte del titolo grazie al Creation Engine 2.0. I panorami dei pianeti e i dettagli delle astronavi sono da togliere il fiato. Anche la fisica costituisce un valore aggiunto al gioco, avrete sicuramente visto i video in cui gli utenti muovono migliaia di elementi senza far crashare il gioco. Utilizzare il motore Havok si è dimostrata come sempre un’ottima scelta. Frame Rate e stabilità nella norma, i 30fps vengono mantenuti costantemente, fatta eccezione per zone di alcune città. Buone anche le musiche di Inon Zur, evocative e perfette nei momenti più importanti del gioco.
Purtroppo però non possiamo sorvolare su diversi dettagli non riusciti: i molti bug e glitch che il gioco si porta dietro dal vecchio Creation Engine, le espressioni facciali non in linea con i dialoghi, le compenetrazioni tra gli NPC e i pavimenti, i giochi di luci ed ombre altalenanti. L’illuminazione nei diversi momenti della giornata non rende bene nelle città, mentre in alcuni pianeti vedere sorgere o tramontare il sole è un’esperienza coinvolgente.
I fan dello studio di sviluppo apprezzeranno sicuramente i passi in avanti fatti, ma un giocatore che si approccia oggi per la prima volta potrebbe non essere preparato alle stranezze grafiche di Starfield.
Gli sviluppatori hanno chiaramente dato più peso ad alcuni aspetti rispetto ad altri, la cura nei dettagli delle astronavi ad esempio non è la stessa delle animazioni dell’acqua.
Intelligenza artificiale da rivedere
Se le sbavature appena menzionate sono tutto sommato accettabili, diventano invece imperdonabili quando minano l’esperienza del gioco.
La facilità del gioco che abbiamo menzionato prima è accentuata ancor di più dalla scarsa intelligenza artificiale. Gli avversari non approfittano mai degli errori in combattimento, non sfruttano l’ambiente di gioco e si limitano ad osservare, approfittando solo di alcuni momenti di svantaggio piuttosto scontati e prevedibili. Si potrebbe pensare che alzando la difficoltà al massimo livello il gioco cambi radicalmente, ma la realtà è diversa. Anche i giocatori novizi dopo un svariate ore riescono a scavalcare questa criticità, livellandosi anche a quelli più esperti.
Non brilla nemmeno il comportamento dei cittadini, né soprattutto quello dei compagni, che spesso si lanciano sulla nostra linea di tiro durante i combattimenti. Le reazioni degli npc senza senso di fronte ad alcune azioni rasentano a volte il ridicolo e ciò può minare l’immersione nel titolo.
Localizzazione e sottotitoli
Non è un difetto in senso assoluto, ma la mancanza del doppiaggio è veramente una pecca. Innanzitutto per la mole di dialoghi presenti, questi sono veramente tanti e leggere i sottotitoli per tutto quel tempo è stancante.
In alcuni casi c’è il serio rischio di perdere alcune frasi. I compagni di viaggio durante le nostre scampagnate si cimenteranno in commenti, alcune volte inutili altre volte invece volti a fornire contesto narrativo. Succede piuttosto spesso però che i sottotitoli dei nostri compagni vengano coperti da dialoghi di npc che possiamo trovare in mezzo alla città. Sarebbe bastato non metterli l’uno in sovraimpressione dell’altro per evitare questa cosa.
In compenso, la localizzazione nella nostra lingua è riuscita bene, con una traduzione molto chiara e ben realizzata.
Starfield recensione: Conclusioni e voto
Giudicare Starfield è un compito arduo, non perché sia un gioco complesso da analizzare, ma più per la sua natura intrinseca. Starfield è un gioco Bethesda, nulla più. Un GDR ambientato nello spazio, e non un simulatore di viaggi spaziali, con buona pace di chi voleva un’esperienza più simile a No Man’s Sky. Chi voleva un Fallout nello spazio, troverà il suo santo graal. Alcune meccaniche un po’ vecchio stile, deluderanno gli utenti che speravano in più innovazione.
Le ambientazioni planetarie possiedono scorci incredibili, specie se si ha voglia di volgere il proprio sguardo al cielo per ammirare una luna o un pianeta incredibilmente d’effetto. Il miglior prodotto di Bethesda se guardiamo il lato tecnico, ma che si porta dietro ancora troppi problemi. Ci sarebbe piaciuto vedere una scrittura ed una caratterizzazione migliore nei comprimari e una narrazione più inquadrata, un’IA migliorata e un bilanciamento generale migliore.
Ci troviamo di fronte un qualcosa che non può e non vuole accontentare tutti, ma piuttosto offrire la migliore versione dell’idea di videogioco di ruolo di Bethesda. Noi siamo rimasti estasiati, ma non siamo riusciti a tenere da parte quelle carenze che probabilmente neanche gli sviluppatori considerano tali.
A nostro modo di vedere, questo è il nostro verdetto, a metà tra la qualità del titolo e la soggettiva e meravigliosa esperienza personale che il giocatore può vivere.
Lore imponente, la migliore per un singolo gioco Bethesda
Editor delle astronavi eccellenza assoluta
Abbracciare l'idea degli sviluppatori renderà l'esplorazione un'esperienza unica ed indimenticabile
La lore di gioco non è supportata da una narrazione adeguata
Introduzione manchevole sotto troppi aspetti
Difficoltà inesistente