Saints Row: un sintomo, non il problema – La cultura dell’hype

Saints Row, reboot dell’omonima serie sviluppato da Volition e pubblicato da Deep Silver, è uscito ormai da mesi e qualunque recensione è stata abbastanza unanime nel dare al videogame una risicatissima sufficienza, veramente troppo poco anche solo per farci venire voglia di avvicinarci di nuovo a questo action a mondo aperto.
Eppure, incredibilmente, abbiamo deciso di accendere la nostra Xbox Series S. Siamo pronti a raccontarvi come vanno le cose a Santo Ileso e alla sua sgangherata banda di criminali.

Ma se pensate che questa sia solo una recensione fuori tempo massimo, vi sbagliate.
Sì, perché cosa ci insegna questo videogioco, tanto pompato ben prima della release, tanto pubblicizzato prima ancora che lo potessimo provare?
Ci insegna a diffidare dell’hype e della sua cultura, anzi del suo culto. Ma, prima di tutto, vediamo quanto sono ridotti male protagonisti e co-protagonisti del titolo.

Anni di onorata carriera ma senza pensionamento

Con Saints Row stiamo parlando di una serie che nel suo piccolo ha dato tanto, ma che certamente poteva dare di più. Dal 2006 al 2015 (uscita dell’ultimo gioco legato alla saga) ha provato a dire la sua per quel che riguarda gli open world di azione.
Ce l’ha fatta? Beh, più o meno.

Nota ai più come clone di GTA per il suo avere come focus un gruppo di criminali che prova a farsi largo a suon di esplosioni e rapine, in un contesto vagamente realistico, con il tempo ha provato a reinventarsi. Lo ha fatto spingendo sempre di più l’acceleratore della follia, finendo per essere comunque etichettato come copia cheap dei GTA, ma pure per scontentare i fan di lungo corso.

Chi scrive, sia chiaro, è riuscito ad apprezzare pure alcune scelte di trama decisamente discutibili. E parliamo di superpoteri, invasioni aliene, viaggi nell’aldilà, realtà fittizie.
Questo perché appunto, in un mondo di gioco che prima rischiava di essere prevedibile in quasi ogni suo elemento, in quanto ancorato agli stilemi del generico action criminale, il soprannaturale introduceva l’imprevisto e l’imprevedibile.

E poi venne il reboot

Possiamo quasi immaginare il publisher e il team di sviluppo parlare del riesumare Saints Row. Possiamo sentirli discutere di come tirare fuori dal cassetto un franchise molto buono (ma che non aveva mai brillato purtroppo a livello di notorietà), potesse sembrare loro una buona idea.
Per di più, appunto, non per proseguire là dove era rimasta la storia, là dove avevamo lasciato la banda dei Saints. No, riprendere la saga per riavviarla dal nulla.

E certamente hanno avuto le loro buonissime ragioni. Basta appunto tornare all’elenco di elementi soprannaturali inseriti negli ultimi episodi della serie, assieme alla Terra andata totalmente a ramengo e gente che doveva fuggire dall’Inferno, basta tutto questo per comprendere come servisse un nuovo punto di partenza.

Per cui ecco una nuova città, Santo Ileso. Ed ecco un nuovo gruppo di outcast pronti a metter su la loro impresa criminale e diventare ricchi, potenti e famosi.
Tutto sotto la guida del loro boss, noi.

Tante missioni, tanto diverse, tutte già viste

Una nuova ambientazione e tanti personaggi, tutti nuovi. E poi le moltissime missioni che ci spingono a trovare nuove basi per la nostra organizzazione criminale, e nuovi modi di guadagno, oltre al doverci difendere dalla concorrenza a dir poco spietata dei gruppi che già dominavano Santo Ileso.

Messa così, sembrerebbe che Saints Row potesse darci tantissimi nuovi spunti di divertimento rispetto a un passato che qualcuno avrebbe potuto trovare stantio. Peccato che questa sia solo una mera sensazione: non c’è stata alcuna novità né guizzo in quel che ci viene proposto o richiesto di fare dagli NPC del videogame. Si tratta nella stragrande maggioranza di casi (leggasi: la quasi totalità delle volte) di un “andare dal punto A al punto B”, “uccidere target X”, “recuperare oggetto Y” o “accompagnare tizio in quel luogo”. Da notare fra l’altro che la mole di queste missioni è tanta e tale da riuscire a portare il concetto di more of the same su di un altro livello.

A questo totale appiattimento delle missioni e degli obiettivi aggiungiamo un gameplay altrettanto insipido.

Il gameplay di Saints Row: un reboot senza reboot

Dicevamo del gameplay insipidoSaints Row porta con sé, nella sua lista di elementi negativi, anche un gameplay decisamente standard, mediocre nel senso etimologico del termine.
Non volevamo certo uno stravolgimento della mappatura del controller così come invece ci viene proposto in qualunque sparatutto in terza o in prima persona, ovviamente. Ma allo stesso tempo c’è stata una standardizzazione totale e apparentemente senza alcuna volontà di innovazione. Ci esimiamo dal volerci inoltrare in un discorso sul gaming in generale e sulla facilità di sfruttare sempre gli stessi pattern di comandi in ogni diamine di videogioco: proviamo a mantenere il focus sulla disgraziata banda di Santo Ileso e su ciò che rappresentano per tutto il medium videoludico.

Dicevamo della standardizzazione dei comandi. Se già questa ci ha dato quelle vibe da feel old yet, riportandoci a quel 2015 in cui uscì Saints Row: Gat out of Hell, ci hanno pensato pure dei feedback di risposta a volte lenti, con un input lag mai invalidante ma spesso fastidioso.

Passatempo che non fanno passare il tempo

Se le missioni sono magari eccessivamente simili, le attività secondarie non sono state purtroppo da meno. Anche queste infatti sono risultate essere fin troppo fini a se stesse e troppo uguali le une alle altre.
Che si tratti di recuperare veicoli, affrontare orde di nemici e il resto che Saints Row ha da offrire, queste attività sono comunque un ennesimo riempitivo privo di guizzi. Nel giocare al titolo, non abbiamo mai avuto quella volontà di provare un’altra attività aggiuntiva, e poi un’altra e un’altra ancora.

Potremmo dire che le attività dei vecchi giochi della serie in molti casi potessero essere fin troppo sopra le righe, come nel caso di Professor Genki’s Super Ethical Reality Climax (sorta di reality show ultraviolento presente nel terzo episodio della saga). Eppure in questo Saints Row abbiamo sentito la mancanza di quelle attività che facevano partire la sospensione dell’incredulità dell’utente verso la tangente.

Saints Row: un gioco di legno

L’espressione gioco di legno si presta bene per descrivere ciò che si prova guidando le auto a Santo Ileso. È come comandare un auto su dei binari e costringerla forzatamente a uscire da quei binari ogni volta che dobbiamo fare una curva.

E la stessa cosa purtroppo vale anche per i combattimenti e lo shooting. Difficilmente, negli ultimi anni, abbiamo provato così fastidio nello sparare: il mirino scattoso, un feedback per nulla soddisfacente, un input lag che fa capolino ogni tanto, effetti sonori estremamente basilari. È abbastanza ovvio come difetti del genere, in un gioco che di base si pone come sparatutto in terza persona, siano estremamente gravi.

saints row recensione hype

Se poi mettiamo nel calderone il fatto che l’intelligenza artificiale sia pari a quella di un fagiano, la delusione per il titolo di Volition non può che farsi ancora più cocente.

Volevate il reboot?

E allora preparatevi a riavviare il gioco molto spesso

Fosse solo per i difetti di cui abbiamo scritto finora, comunque il videogame potrebbe pure risultare godibile, giusto per qualche ora caciarona ogni tanto. Peccato che ci siano stati anche i tanti difetti tecnici.
Una delle azioni che potreste dover compiere ogni tanto durante le missioni potrebbe essere riavviare il videogioco. Questo perché, ad affliggere il titolo di Volition, abbiamo trovato una quantità assai diversificata (ma molto presente) di problemi e bug invalidanti.

Per citare quelli in cui siamo incappati nel corso del tempo, abbiamo avuto il classico problema con missioni che non procedevano o neppure si attivavano. Per sbloccare il tutto, appunto siamo stati costretti a chiudere e riaprire il gioco.
A fianco a questo, abbiamo avuto bug decisamente più specifici e insoliti. Segnaliamo fra questi alcuni elementi dell’HUD che non spariscono, come la scritta a schermo che ci dice di premere A per compiere una derapata anche una volta scesi dall’auto.
Addirittura abbiamo avuto un problema di quasi totale mancanza di input da controller, a causa del quale potevamo utilizzare unicamente la levetta sinistra.

saints row recensione bug hype

Piccolo disclaimer in merito: sembra che, col tempo, questi problemi siano diventate più rari grazie ad alcuni aggiornamenti. Il che non significa che siano spariti del tutto, né che non vi siano altri problemi che persistono in game. Aggiornamenti che aumenteranno proprio nel corso dei prossimi mesi.

I soliti cari vecchi difetti

Con la buona compagnia dei precedenti, abbiamo infatti avuto difetti più noti e tipici di una marea fin troppo grande di titoli.
Si va dal pop-up di dettagli all’ultimo momento, associato agli immancabili cali di frame. Questo per quel che riguarda i problemi per così dire visivi, ma ovviamente non abbiamo ancora terminato il nostro listone di problemi.

Guardiamo un attimo il gameplay: anche una bella gita in auto per Santo Ileso, magari condita da inseguimenti con la polizia o investimenti di pedoni, ha rischiato di trasformarsi in un piccolo e frustrante viaggio.

Sia chiaro: post-lancio i problemi erano decisamente in maggior numero rispetto a ora. Per esempio, quando investivamo i pedoni, questi non venivano scagliati via o messi sotto la macchina, ma solo spostati di peso dalla nostra auto. Similmente, quando ci lanciavamo in corsa dal veicolo, il nostro avatar apriva normalmente la portiera e scendeva come niente fosse, il tutto mentre l’auto continuava a sfrecciare. Una volta terminata l’animazione, ci ritrovavamo istantaneamente sdraiati al suolo.

Ecco, dicevamo, in casi come questi le patch ci hanno messo una pezza. Il che comunque in parte non è comunque troppo accettabile. In primis perché non si possono aspettare mesi per ottenere cose che dovrebbero essere la base in un videogame di questo tipo. E secondariamente perché, nonostante le patch, per esempio le animazioni di salita e discesa dai veicoli continuano comunque a essere imprecise e dure.

Ma ciò non significa che permangano ulteriori e fastidiosi problemi.
Abbiamo, ancora oggi, nemici che corrono sul posto o che rimangono bloccati dal pur minimo ostacolo.
Così come i nostri compagni di avventure, gli NPC che dovrebbero aiutarci in missione, non ne vogliano sapere di muoversi e rimangano immobili. O magari si teletrasportano accanto a noi quando ci allontaniamo troppo da loro.

Saints Row: un gioco raffazzonato?

Che si voglia dare la colpa al denaro investito, al poco tempo di sviluppo, alle negligenze del team di developer o a chissà quale altra possibile causa ci possa mai venire in mente, in ogni caso alla fine dei giochi ci troviamo una riflessione astiosa per un Saints Row che chi sta scrivendo attendeva da tempo.
Il tutto per un videogame che non ha saputo rispettare le aspettative e non ha saputo farsi amare. E ci mancherebbe, visto il carico di difetti che si è portato dietro. Eppure il discorso, il problema, è ben più ampio e generale.

Saints Row è un sintomo, non il problema

Potremmo parlare di caso fortuito, la vittima di un investimento errato, o cercare qualche altra giustificazione di questo tenore. Eppure basta guardare la storia videoludica recente per trovare altri casi simili.

Possiamo partire da Marvel’s Avengers, con l’annuncio della fine del supporto fra qualche mese, a poco più di due anni e mezzo dall’uscita originale.
Oppure possiamo porre l’attenzione sull’uscita di Forspoken, arrivata con alcuni dubbi e con un gameplay che già nel provato di qualche mese fa ci aveva lasciati perplessi. Certo è che, se diamo uno sguardo su Metacritic (il noto aggregatore di recensioni di titoli videoludici), ci troviamo di fronte a una vera e propria disfatta.

Ma basta andare indietro ancora di qualche mese o anno per riesumare veri e propri spettri videoludici. Il più famoso di questi non può che essere Cyberpunk 2077, i cui problemi addirittura (ve lo ricordiamo) portarono alla sua rimozione dal PlayStation Store. Ma basta spingerci un solo altro anno indietro per trovare relitti come Anthem e Fallout 76.

La mediocrità vince: il 6 politico

Cosa accomuna questi videogiochi?
Il fatto che, chiunque vi abbia messo mano per dar loro forma, pare che abbia tentato unicamente di portare a casa il classico compitino.

Chi se ne frega de “il videogioco è una forma d’arte” o “il videogioco è un medium al pari del cinema” (quasi poi come se fosse necessario sempre essere paragonato a qualcos’altro). No, molto meglio limitarsi a mettere insieme in maniera spesso convulsa e confusionaria trama, asset, elementi di gameplay, come se fossero orride chimere venute fuori decisamente peggio di quanto mostrato in bellissimi e cinematograficissimi trailer. E magari, se capita, per risparmiare, riprendiamo pari pari alcuni elementi e feature da capitoli e giochi precedenti (Bethesda, stiamo pensando a te).
Ed è così che nascono “opere” come Forspoken e il caro ma già decrepito Saints Row a cui abbiamo dedicato il titolo di oggi.

Poi, appunto, in barba a qualunque rispetto per la comunità di gamer, c’è chi va oltre e non ha paura di osare.
Tipo Bioware con Anthem. Parliamo di un videogioco senza endgame, con pochissime attività e spesso fin troppo simili le une alle altre. Ma poi salta fuori Anthem NEXT, l’opera di restyling e di rework che avrebbe dovuto ridare lustro e vita all’intera infrastruttura. Peccato che, dopo un sospettosissimo silenzio, cala il velo di Maya e tutto ciò che rimane è l’addio definitivo pure ad Anthem NEXT.
Oh, però quanto era figo il trailer diretto da Neil Blomkamp?

E se in Bioware sono stati maestri della cultura dell’hype, possiamo dire che in Bethesda non sono stati da meno.
Anni di teaser, annunci e controannunci, solo per creare quello che doveva essere un gioco immane, nato da sforzi altrettanto immani: Fallout 76, il primo Fallout multigiocatore online.
Hype su hype, il tutto condito da un altro po’ di hype.

Alla fine, però, oltre alle ceneri degli Ardenti che dominavano il West Virginia post-apocalittico, c’è rimasto ben altro. Insolite campagne di marketing che hanno regalato all’utenza merchandise di dubbia fattura o persino popolato da muffe, per non parlare di quel che si trovava in game: missioni devastate da bug e glitch, server perennemente malfunzionanti (quando non down), trama inesistente, giusto andando a memoria nelle decine di ore che chi scrive ha provato comunque a dedicare al titolo.
Paradossalmente (oppure no?), Fallout 76 ha ricominciato ad avere un minimo di senso quando ha abbandonato la sua natura da solo multigiocatore, con l’introduzione di NPC e missioni vere.

Addio, addio, amici addio

Cosa accomuna questi videogiochi (eccezion fatto ovviamente per Forspoken, appena uscito)?
La velocità con cui software house e publisher si sono liberati di loro. Li hanno sfruttati per il boost iniziale, si sono portati a casa l’incasso e poi sono svaniti nel nulla, in pieno stile prendi i soldi e scappa.

E a chi questi giochi ha provato ad amarli rimangono un pugno di mosche e videogame spesso tronchi, spezzettati, rotti.

Certo, ogni tanto c’è un aggiornamento, un barlume di speranza. Ma appunto sono solo vane speranze.
Non è stato un aggiornamento a salvare Cyberpunk 2077, né sono serviti a molto i blandi tentativi di Bethesda di mettere una pezza al crollo della propria reputazione. Tanto, alla fine, facciamo tutti la fine di Anthem.

Difficile trovare casi virtuosi com’è stato quello di Hello Games e No Man’s Sky: si sbaglia, ci si rimette in carreggiata, si torna alla ribalta, si dà al mondo un videogioco come quello che era stato promesso.

E Saints Row? Da che parte sarà?
Purtroppo abbiamo il sospetto di saperlo.

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