Quando si parla di doppiaggio, spesso ci si concentra sul personaggio, dimenticando chi gli dona vita. Maurizio Merluzzo non è solo è una delle voci più iconiche del panorama italiano, ma un artista poliedrico che ha saputo trasformare una passione in una carriera che abbraccia teatro, doppiaggio e intrattenimento.
In questa intervista Maurizio Merluzzo ci racconta non solo delle sue sfide professionali, ma anche della sua nuova avventura teatrale E se facessi un tour?, dove porta sul palco la sua essenza, al di là del microfono.
Indice
Chi è Maurizio Merluzzo
Maurizio Merluzzo nasce a Prato il 3 settembre 1986. Appassionato di recitazione fin da bambino, nel gennaio del 2007 si trasferisce a Milano per frequentare il C.T.A. (Centro Teatro Attivo).
Parallelamente all’attività come doppiatore diventa un vero e proprio punto ti riferimento tra i giovani grazie alla sua carriera come content creator sul web. Prima tramite il canale Cotto e Frullato e poi sul canale The Merluzz che vanta oltre 750 mila iscritti.
Cosa ha doppiato
Maurizio Merluzzo ha doppiato numero pellicole cinematografiche, lo ricordiamo nei panni di Zachary Levi in Shazam!, Jonathan Groff in Matrix Resurrections, Austin Butler in Elvis e Jacob Fortune-Lloyd in I tre moschettieri – D’Artagnan, I tre moschettieri – Milady.
Nelle serie tv ha prestato la voce a Travis Fimmel in Vikings, Troy Baker in The Last of Us, Steven John Ward in One Piece e Idris Elba in Knuckles.
Nelle serie animate ha doppiato Mirio Togata in My Hero Academia, Tengen Uzui di Demon Slayer, Zamasu in Dragon Ball Super, Skeletor in He-Man and the Masters of the Universe e Do Flamingo in One Piece.
Per quanto concerne i videogiochi è stato la voce di Jacob Frye in Assassin’s Creed: Syndicate, Knuckles the Echidna a partire da Sonic Generation, Steve Cortez in Mass Effect 3, Dante Caruso in Cyberpunk 2077: Phantom Liberty (di cui abbiamo intervistato il direttore del doppiaggio, ovvero Leonardo Gajo), Anarky in Batman: Arkham Origins, Baptiste in Overwatch, L’enigmista in Suicide Squad: Kill the Justice League e James in The Last of Us.
Ultimamente ha doppiato l’antagonista Emmerich Voss in Indiana Jones e l’Antico Cerchio. Qui trovate la scheda dei doppiatori italiani.
Nel 2024 presta la voce al gatto Garfield nel film Garfield – Una missione gustosa. Come attore, è stato il protagonista delle webserie Getalive e Cotto & Frullato, quest’ultima culminata nel lungometraggio Cotto & Frullato Z – The Crystal Gear. Il film, che lo vede al centro della scena, è stato distribuito nei cinema italiani il 12 giugno 2017.
Inoltre, ha avuto anche unì esperienza come direttore del doppiaggio per la serie anime Cutie Honey Universe.
Intervista a Maurizio Merluzzo
L’intervista è realizzata da Antonello Santopaolo e Gabriele Mucignat.
Maurizio Merluzzo e i primi (difficili) passi nel mondo del doppiaggio
- (Antonello) Come ti sei avvicinato al mondo del doppiaggio? Parlaci dei primi passi della tua carriera.
Ho scoperto il doppiaggio da bambino. Ricordo che guardavo Nadia- Il mistero della Pietra Azzurra e mi divertivo a riconoscere le voci dei personaggi. La prima voce che ho riconosciuto è stata quella di Davide Garbolino, che doppiava Jean, il protagonista. All’epoca, Davide conduceva anche un programma contenitore di cartoni animati, e lì ho realizzato: “Quindi sono persone reali a dare voce ai cartoni”.
Da quel momento ho deciso che da grande avrei voluto fare lo stesso.
Questa passione si è poi evoluta con il mio amore per la recitazione e il teatro. Ho intrapreso una formazione attoriale e, successivamente, ho studiato doppiaggio. I miei primi approcci al mondo del doppiaggio sono stati i classici: telefonare agli studi, bussare alle porte, chiedere provini e insistere finché non ti dicono di sì.
Questa è la realtà del doppiaggio: devi insistere e non arrenderti. Purtroppo, oggi questa dinamica si è un po’ persa. Gli studi sono molto più chiusi rispetto al passato, e le voci nuove fanno fatica ad emergere.
D’altra parte, però, noto che alcuni si arrendono troppo presto: ricevono uno o due no e subito iniziano a lamentarsi, accusando il doppiaggio di essere una casta. Cerco sempre di spiegare che non sei bravo se ti dicono sì al primo tentativo, ma se ti dicono sì dopo venti no: significa che hai dimostrato di avere qualcosa di valido.
Io stesso ho fatto sacrifici enormi per inseguire il mio sogno. Ho lasciato due lavori a tempo indeterminato: uno da MediaWorld a Firenze e l’altro da Foot Locker a Milano. Ho lasciato tutto per trasferirmi a Milano e studiare doppiaggio. Non ho mai avuto un piano B perché per me un piano B significa non credere al 100% nel tuo obiettivo.
Mentre lavoravo da Foot Locker, facevo i miei primi turni di doppiaggio, piccolissimi: uno, due, massimo tre al mese. Poi è arrivata l’occasione: un provino per diventare la voce ufficiale di All Music, il concorrente italiano di MTV che sarebbe poi diventato Deejay TV. Era aprile 2008 e vincere quel provino ha cambiato tutto.
Grazie a quel lavoro, potevo mantenermi senza altri impieghi e dedicare molto più tempo allo studio e al perfezionamento del mio sogno.
- (Antonello) Raccontaci il tuo primo turno di doppiaggio, cosa ricordi di quel momento?
Il primo turno di doppiaggio non è quello che ti fa realizzare che diventerà il tuo lavoro. Non esiste un contratto che ti dica: “Da oggi sei un doppiatore”. Ho visto persone fare il loro primo turno e poi non lavorare più nel settore.
In 17 anni di esperienza, ho incontrato tanti aspiranti doppiatori che hanno iniziato, fatto qualche turno e poi mollato. È sempre stato così e continuerà ad esserlo. Il primo turno, quindi, non ti dà la certezza di una carriera. Entrare nel doppiaggio è difficile, ma oggi rimanerci lo è ancora di più.
È una consapevolezza che maturi col tempo. Arriva un momento in cui ti rendi conto che l’ingranaggio comincia a girare: quando riesci a mantenerti solo con il doppiaggio, senza dover fare lavori part-time o il cameriere nei weekend – cosa che anch’io ho fatto – allora pensi: Cavolo, forse può davvero essere il mio lavoro.
Ma è un processo graduale. Entrare è solo il primo passo: per rimanere, serve migliorare costantemente e dimostrare di essere all’altezza di ruoli sempre più importanti. È una sfida continua, ma anche un percorso che può dare grandi soddisfazioni.
Il doppiaggio di Assassin’s Creed Syndicate
- (Antonello) Tra i personaggi più iconici che hai doppiato nel mondo dei videogiochi, ricordiamo Jacob Frye, protagonista di Assassin’s Creed: Syndicate, puoi raccontarci qualche aneddoto del doppiaggio di quel prodotto?
Devi sapere che prima di Assassin’s Creed Syndicate avevo già fatto i provini per i due capitoli precedenti. Di solito, si provina sui protagonisti, e poi il cliente sceglie la voce che ritiene più adatta.
Quando è arrivato Jacob Frye, ricordo che Ubisoft Italia disse: “Vogliamo Maurizio”. A quanto pare, avevano già deciso a priori di chiamarmi, dicendo: “Lui è perfetto perché è la stessa persona”. Me ne sono reso conto doppiando il trailer in cui Jacob arriva a Buckingham Palace: la guardia gli dice “Armi” e lui risponde “No, ho già le mie.” A quel punto ho capito che era uguale a me. È stato davvero divertente.
C’è anche una curiosità legata alla parola d’ordine per accedere a una stanza segreta a Buckingham Palace. Dovevi rubarla, altrimenti non ti facevano entrare. In quella scena, Jacob diceva una serie di parole alternative se non avevi ancora recuperato la password. Così, per divertirci, abbiamo inserito un piccolo easter egg: invece di usare “banana”, abbiamo scelto di dire “merluzzo”… un riferimento scherzoso al mio cognome! È stato un modo simpatico per lasciare un nostro tocco personale.
Il doppiaggio di Knuckles in Sonic
- (Antonello) Knuckles è un personaggio della saga di Sonic a cui sei particolarmente legato e che hai doppiato sia nei videogiochi e sia nei lungometraggi. Considerando le differenze tra il doppiaggio dei videogiochi e quello dei film, quali sfide o approcci attoriali distintivi hai affrontato nel dare voce a Knuckles in questi due contesti?
Allora, sono completamente diversi. Intanto, Knuckles è il mio personaggio preferito di Sonic da quando ero bambino, quindi puoi immaginare la mia gioia quando, nel 2011, vinsi il provino per doppiarlo nei videogiochi. Ero felicissimo!
Nel tempo, è cambiato tantissimo: per anni ho doppiato Knuckles solo nei videogiochi, senza video di riferimento, seguendo un’onda sonora. Non avevamo idea di cosa stesse succedendo visivamente. A volte ci mostravano qualcosa, ma erano solo poligoni grezzi, niente di renderizzato.
Poi, doppiarlo per il cinema è stato completamente diverso: c’era un’avventura con interazioni profonde tra i personaggi. È stato emozionante vedere Knuckles prendere vita in un contesto così strutturato.
Anche la mia voce è cambiata nel corso degli anni. Qualche mese fa sono stato riconvocato per integrare alcune battute nel primo videogioco di Sonic che avevo doppiato, Sonic Generations, recentemente convertito per le nuove console in Sonic x Shadow Generations. Mi hanno chiesto di riprodurre la voce di Knuckles come nel 2011, ma la mia voce era più sottile all’epoca.
Scherzando, dissi: “Ragazzi, ma sembro mio nonno adesso!” La mia voce è diventata molto più profonda, soprattutto dopo aver seguito l’interpretazione di Idris Elba, che ha una voce molto potente.
Quindi, per quelle integrazioni, ho dovuto imitare il me stesso di anni fa, ed è stato stranissimo! Ormai sono abituato a un’altra impostazione vocale, la stessa che uso nelle serie TV recenti.
Il doppiaggio di Elvis
- (Antonello) Qual è il personaggio che hai doppiato a cui sei più affezionato?
È difficilissimo scegliere, perché ogni personaggio ti lascia qualcosa e, allo stesso tempo, tu dai qualcosa a lui. È come se fossero tutti un po’ figli o fratelli, quindi è complicato dire quale sia il preferito. Ci possono essere diversi motivi per cui un personaggio può spiccare: un motivo affettivo, uno legato al risultato ottenuto o alla popolarità. È davvero difficile rispondere in modo semplice.
Negli ultimi anni, però, sicuramente uno dei ruoli a cui sono più affezionato è quello di Elvis perché è un ruolo che porto nel cuore. Sono cresciuto a pane ed Elvis, grazie a mio padre, che ascoltava continuamente Elvis e Celentano. Per me, doppiare Elvis è stato un onore immenso.
La cosa particolare di quel progetto è stata la selezione: prima ci fu una scrematura in Italia, poi la decisione finale è arrivata dagli Stati Uniti. In pratica, sono stato scelto direttamente da Warner Bros America. È stata un’esperienza incredibile.
Conciliare doppiaggio, attività web e non solo
- (Gabriele) Visto che il lavoro da doppiatore è già molto impegnativo, quanto è stato complesso conciliare tutto questo con l’attività web da Content Creator e con il fitness, anche quello un bell’impegno?
Diciamo che, in 38 anni, ho vissuto l’equivalente di più di 50. Per lungo tempo, ho portato avanti due vite parallele, due lavori paralleli. Solo negli ultimi due o tre anni sono riuscito a trovare un equilibrio tra queste due realtà.
Mi alleno molto, e l’allenamento è fondamentale per me: mi aiuta a gestire lo stress e la pressione di tutte le sfide quotidiane.
Considerate che ho un giorno libero ogni 10 giorni circa, e non ho mai un weekend tradizionale, con il sabato e la domenica liberi. Soprattutto nel 2024, questa situazione è diventata ancora più intensa. Oggi ho solo tre giorni liberi al mese, in cui posso davvero permettermi di non fare nulla e semplicemente restare a casa.
(Antonello e Gabriele): Secondo noi hai un clone, se no è impossibile.
(Maurizio): Magari ad avercelo!
- (Antonello) Qual è il progetto più insolito o divertente in cui ti sei trovato coinvolto, al di fuori del doppiaggio?
Quello che sicuramente esce più dalle mie corde è Vita da Drag, tutto il percorso per diventare una drag queen. È stata un’esperienza che mi ha portato a uscire completamente dal mio guscio, dalla mia immagine pubblica, e a calarmi in un ruolo completamente diverso. Mi sono messo in discussione, e credo che non ci sia niente di più utile per la crescita personale che uscire dalla propria comfort zone.
Mettere alla prova se stessi al di fuori di ciò che ci è comodo ti fa capire quali sono i tuoi limiti e le tue vere capacità. Magari alla fine ti rendi conto che non è per te e decidi di non farlo più, ma l’importante è averci provato. Per me è fondamentale: sperimentare, affrontare sfide nuove, anche se sono lontane da ciò che conosciamo.
Maurizio Merluzzo e il tour teatrale E se facessi un tour!?
- (Antonello) Il tuo debutto a teatro con E se facessi un tour!? ha rappresentato un’importante evoluzione nella tua carriera. Cosa ti ha spinto a creare uno spettacolo tutto tuo e cosa speri che il pubblico porti a casa dopo averlo visto?
Avevamo iniziato a scriverlo nel 2019, poi è arrivata la pandemia, la cosa si è persa e sono emerse altre priorità. Ma alla fine, grazie a Ruggero dei Timidi, che si occupava della produzione e distribuzione dello spettacolo in tutta Italia, siamo riusciti a riprendere in mano il progetto. Questo per me è una grandissima soddisfazione.
Lo spettacolo ha subìto dei tagli e molte aggiunte negli ultimi mesi, prima di andare in scena il 5 e 6 novembre al Teatro Martinitt di Milano. Da febbraio partirà il primo tour che toccherà diverse città: Cernusco sul Naviglio, vicino Milano, Firenze, Bologna, Torino, Roma, Napoli, Lecce, Bari e Mestre (non in questo ordine).
Poi, a maggio, ci sarà un secondo tour che mi porterà di nuovo a Milano, al Teatro Manzoni, per poi continuare a Palermo, Catania, Prato e Pescara.
- (Antonello) C’è stato un momento, durante la prima serata, in cui hai sentito una connessione particolare con il pubblico?
Il rapporto con il pubblico nelle due date è stato molto bello, soprattutto perché lo spettacolo prevede tanta interazione. Penso che sia fondamentale, soprattutto per una persona come me, che grazie ai social e a YouTube ha sempre avuto un’interazione diretta, seppur virtuale. Portare questa interazione dal vivo rende tutto molto più divertente.
Io sono una persona che ama improvvisare e giocare con il pubblico, e questa componente è molto presente nello spettacolo. Secondo me, è proprio uno dei motivi per cui vale la pena venire a vederlo.
(Antonello e Gabriele): Quindi ogni spettacolo è diverso dall’altro sostanzialmente.
(Maurizio): Sì, ha delle componenti che si differenziano per forza di cose perché cambia il pubblico.
- (Antonello) Puoi anticiparci qualcosa sullo spettacolo?
Racconto il mio percorso di vita, la mia carriera e gli aneddoti.
- (Gabriele) Che consiglio daresti a nuovi aspiranti attori e doppiatori che vogliono iniziare questo percorso?
Le cose fondamentali sono due: studiare e non avere fretta. Purtroppo, c’è molta fretta ultimamente per arrivare a un risultato, ma non do neanche tutta la colpa alle persone. Non è una vera e propria colpa, è il mondo che si è accelerato: la tecnologia, la vita, i tempi.
Io sono del 1986 e faccio parte di una generazione forgiata sulla pazienza. Quando volevo connettermi a Internet, ci mettevo 15 minuti, a volte anche 20 per caricare una pagina. Quando leggevo un fumetto, dovevo aspettare il mese dopo; non c’era la scansione online. La mia adolescenza è stata segnata dalla pazienza.
Oggi, invece, se non sei abituato a vivere in una società veloce, rischi di sentirti sempre in ritardo. Ora, cambi il sito internet come cambi canale, una serie esce contemporaneamente in tutto il mondo, un film è disponibile subito. Quando ero ragazzino, dovevo aspettare una settimana per vedere la puntata, e, se me la perdevo, non potevo recuperarla.
Purtroppo, con questa velocità, i ragazzi temono di essere in ritardo, e questo li spinge ad avere fretta. Non do la colpa a chi inizia nel doppiaggio e ha fretta di emergere, ma alla società e alla tecnologia che li circondano, così veloci. Mi capita spesso di parlare con ragazzi di 20-23 anni che si sentono in ritardo, ma non lo sono affatto, e non parlo solo di doppiaggio, ma di tutto in generale.
L’esperienza come direttore del doppiaggio
- (Antonello) Sappiamo anche della tua esperienza come direttore del doppiaggio per una serie anime. Come è stato trovarsi dall’altra parte del leggio?
È stato bellissimo. Trovo che sia fondamentale, come direttore del doppiaggio, far suonare bene l’intero lavoro, ovvero curare la distribuzione delle voci. Non si tratta solo di dare la voce a un personaggio, ma anche di creare un’armonia tra tutte le voci, specialmente quando interagiscono tra di loro.
La parte più divertente per me è stata proprio la distribuzione, che è come un sudoku: chi parla con chi, questo non va bene, spostiamo di qua, eccetera. Lavorare in sala è stato fantastico. È stata un’esperienza che mi ha insegnato molto.
Come mi diceva un mio carissimo amico e maestro, Massimiliano Alto, il vetro della direzione è come una lastra trasparente: vedi attraverso le emozioni degli attori che sono in sala, e ogni attore va guidato in modo diverso, perché siamo tutti diversi. Lavoriamo con le emozioni. È stato molto bello, non solo dal punto di vista professionale, ma anche umano.
- Noi ti ringraziamo per la tua disponibilità, ma prima di andare vorremmo conoscere un curioso aneddoto sulla tua carriera.
Ogni tanto nascondo il mio motto “Bomba ragazzi” nei doppiaggi.
Se guardi il film di Marmaduke su Netflix, dove doppio il cane, c’è una scena in cui salta dalla finestra per buttarsi in piscina e nel copione c’era scritto “Tuffo bomba”. Così abbiamo fatto un “Tuffo bomba, ragazzi”. C’è anche un altro caso in un anime, dove nell’ultima stagione il mio personaggio, ormai molto famoso, prende gli applausi del pubblico e dice: “Siete una bomba ragazzi”.
Quindi ogni tanto nascondo questa frase qua e là, ovviamente con il consenso del direttore o di chi si occupa della produzione, ci mancherebbe altro.
Classe 93, dall'animo nerd, da sempre appassionato del mondo videoludico. Alcune leggende sostengono sia nato con un controller in mano. Negli anni scopre di avere una particolare predisposizione per le interviste. Odia più di ogni altra cosa la console war.