Come può un videogioco migliorare la salute mentale? Come può potenziare le abilità cognitive o alleviare sintomatologie di disturbi specifici?
Provano a dare una risposta concreta a queste domande la dottoressa Eleonora Stingone, il dottor Marco Lazzeri e il terapista J.J Bouchard.
Indice
Il progetto del Playstation VR2 come supporto medico
Ultimamente sono sempre più frequenti le notizie che vedono protagonisti i videogiochi a stretto contatto con la medicina. Negli ultimi mesi ha fatto clamore l’utilizzo di un Dualshock 4 per telecomandare il robot Ily durante un’operazione di chirurgia endoscopica all’ospedale Mauriziano di Torino. Come non menzionare EndeavorRx , il primo videogioco riconosciuto dalla comunità medica per aiutare i bambini affetti da sindrome da deficit di attenzione e iperattività.
Su questa scia che vede i videogiochi contaminare altri settori, proprio la dottoressa Stingone e il dottor Lazzeri in collaborazione con Playstation Italia hanno dato vita a un progetto dalle possibilità infinite. Un progetto volto a cambiare anche la percezione che si ha dei videogiochi in Italia.
L’obiettivo è quello di esplorare i benefici terapeutici che potrebbe generare il visore di realtà virtuale di casa Playstation su alcuni pazienti.
Il dottor J.J. Bouchard, all’interno dell’ospedale pediatrico C. S. Mott Children’s in Michigan, utilizzava già la tecnologia basata sulla realtà virtuale per lavorare a stretto contatto con piccoli pazienti afflitti da dolori acuti.
La tecnologia diventa a tutti gli effetti un supporto medico, non solo da un punto di vista fisico alleviando ansie e stress, ma anche da un punto di vista mentale, addolcendo le lunghe degenze in ospedale di molti pazienti.
A cosa può portare questa ricerca
Gli obiettivi a breve termine sono quelli di incoraggiare i pazienti a muoversi e a socializzare tramite queste periferiche come il Playstation Vr2. Mentre a lungo termine questi visori potrebbero essere usati proprio nelle fasi operatorie o post operatorie.
Non tutti i videogiochi possono essere utilizzati con tutti i pazienti. Bisogna capire quali sono i benefici che ogni singolo videogioco può offrire alla sfera medica e terapeutica. Tutto questo è possibile esclusivamente con la ricerca e l’ausilio di professionisti del settore.
Ed è proprio per questo che gli ospiti di oggi ci illustreranno una panoramica delle potenzialità terapeutiche del visore di Playstation.
Gli ospiti dell’intervista di oggi
Gli ospiti di oggi sono ben 3 e sapranno raccontarvi nel dettaglio ciò che vi abbiamo appena introdotto.
Marco Lazzeri è un Cyber psicologo che ha partecipato alla stesura del rapporto Adolescenza e videogame, entrato a far parte della relazione finale della Commissione Gioco del Senato. Il dottore pubblica frequentemente articoli su riviste di settore come Sipsiol e Agenda Digitale.
Anche Eleonora Stingone è Cyber psicologa e tratta tematiche come videogiochi, tecnologia, musica connettendo agli aspetti psicologici ad esse associati, cercando di evidenziarne gli aspetti positivi.
Infine direttamente oltreoceano, abbiamo il terapista J.J Bouchard, terapista noto per i suoi metodi estremamente all’avanguardia e che ha ispirato l’idea della realtà virtuale applicata al benessere mentale.
Intervista Marco Lazzeri ed Eleonora Stingone
Potenzialità del Playstation VR2
- Quali sono gli elementi terapeutici che può offrire nella fattispecie il Playstation VR2?
Marco Lazzeri: Il progetto è nato per interesse personale. Molto spesso quando si parla di realtà virtuale il primo riferimento che viene in mente è il Meta Quest 2 perché Zuckerberg ha voluto rendere finalmente accessibile a tutti un visore.
Fatto sta che il Meta Quest 2 viene utilizzato da professionisti e da realtà sociali per fare terapia virtuale e sia per fare formazione. Uno degli stereotipi che purtroppo esiste ancora quando si parla di realtà virtuale e che è concepita soltanto come mezzo ludico.
Grazie a Zuckerberg che ha reso accessibili Meta Quest viene utilizzato da professionisti per fare formazione e creare applicazioni ad hoc. A questo punto ho pensato perché non utilizzare il Playstation VR2 quantomeno come il Meta Quest 2.
Successivamente ho coinvolto Eleonora e Bouchard e poi abbiamo avuto modo di parlare con Raffaele Zeppieri, Tiziana Grasso e poi con Marco Saletta che rispettivamente si occupano di marketing e comunicazione.
Marco Saletta è il General Manager di Playstation Italia e il presidente dell’associazione di IIDEA, l’associazione che rappresenta l’industria del videogame in Italia. Gli abbiamo proposto la nostra idea e di far conoscere il visore come mezzo per essere utilizzato anche in ambito sanitario e terapeutico.
È un percorso lungo, anche il Meta Quest ha impiegato tempo prima di raggiungere i livelli di oggi. Una volta che hanno accolto positivamente la nostra idea, abbiamo strutturato un progetto partendo per punti.
Siamo partiti dalla sensibilizzazione per quanto riguarda la realtà virtuale tramite il Playstation VR2 e portando a conoscenza la realtà statunitense del dottor Bouchard. Bouchard lavora da più di vent’anni con i visori, non sono soltanto di Playstation ma anche di realtà mista.
Lui lavora all’interno del reparto pediatrico Seattle Children’s Hospital, dove ci sono bambini che hanno problemi oncologici. L’ho conosciuto grazie al mio primissimo articolo scritto per State of Mind nel 2017 dove parlavo di Pokémon Go.
Bouchard usa Pokémon Go per permettere ai ragazzini di socializzare e di trascorrere giornate un po’ particolari. Gestisce tutto ciò che riguarda la tecnologia positiva all’interno del reparto e lo sfrutta per portare dei benefici ai propri pazienti.
Ci sono dei requisiti per utilizzare il Playstation VR2, infatti solo i bambini superiori ai 13 anni possono utilizzarlo.
Bouchard ci ha spiegato che un dispositivo di realtà virtuale se fosse fatto apposta per un bambino che ha meno di otto anni glielo farebbe usare.
Ovviamente c’è tutto un discorso sulla cinetosi e di conseguenza bisogna stare attenti. Il passo successivo consiste nella stesura di un enorme articolo che verrà poi pubblicato sul sito Sipsiol, ovvero la società italiana di psicologia online.
Dal 2019 è stata riconosciuta come società scientifica a tutti gli effetti del Ministero della Salute. Questo porterà ad un ulteriore valorizzazione del loro dispositivo.
Il videogioco come supporto del benessere
- Perché proprio il visore sarebbe più adatto a migliorare le condizioni di salute mentali?
Eleonora Stingone: Non è tanto la realtà virtuale ad avere quella potenzialità incredibile, ovviamente ha delle caratteristiche tecnologiche che permettono un’immersività che non puoi ottenere da un videogioco tradizionale.
Il videogioco in sé genera dei benefici a supporto del benessere. Ogni volta che videogiochiamo a livello cerebrale abbiamo un’attivazione del sistema dopaminergico. Si è visto attraverso delle risonanze magnetiche che abbiamo un’attivazione che permane nel tempo anche dopo aver videogiocato.
Ad esempio: se giochiamo per 30 minuti le modifiche cerebrali permangono. Per questo motivo si possono paragonare gli effetti che si hanno con delle tecniche come la tDCS (si tratta di una forma di stimolazione elettrica cerebrale non invasiva NdR).
Questi sono degli effetti che si ottengono soprattutto se c’è un controllo. Anche se siamo da soli a casa possiamo ottenere degli effetti positivi. Si possono avere anche degli effetti positivi da giochi come COD che nessuno si aspetterebbe perché si tratta di un gioco etichettato come violento.
Da Call of Duty possiamo ottenere dei miglioramenti delle abilità cognitive, oppure un miglioramento nello sviluppo della coordinazione occhio mano, perché ovviamente devi avere una certa mira e una certa prestanza.
Sono tutte cose che poi portate nell’ambiente della realtà possono risolvere i problemi anche di tutti i giorni. Gli effetti benefici ci sono ma bisogna stare attenti tra la qualità e la quantità del tempo speso con la realtà virtuale. Nel caso della realtà virtuale ci sono degli effetti molto più evidenti perché il gioco ti inserisce all’interno dell’ambiente virtuale.
Addirittura, giochi come Resident Evil VR possono portare dei benefici. nello specifico questo gioco viene utilizzato nella terapia chiamata Videogame Therapy dal dottor Francesco Bocci. Il titolo può essere un ottimo campo d’azione quando abbiamo dei traumi.
Questi traumi spesso provengono da abusi da parte della famiglia. Paradossalmente il gioco fa rivivere delle situazioni estreme in quell’ambiente tenebroso e l’immersività data dalla realtà virtuale riesce a portare al presente delle esperienze orrende.
Con l’approccio del terapeuta, che spiega cosa sta succedendo mentre giochi, ti incita a parlare di quella situazione. Sblocchi molti più limiti che purtroppo l’individuo si pone.
Specialmente quando ci sono soggetti che sono introversi si è molto restii a fare una terapia soprattutto, per esempio, nel caso degli Hikikomori (una persona che ha scelto di limitare o ridurre la propria vita sociale, spesso ricorrendo a livelli estremi di isolamento. NdR). L’ambiente della realtà virtuale con soggetti che hanno delle fobie possono essere sicuramente di aiuto.
Il futuro tra videogiochi e medicina
- Futuri progetti? Potete anticiparci qualcosa?
Marco: Questo lavoro insieme a Eleonora e PlayStation mi ha portato ad essere richiesto come consulente di Videogame Therapy all’interno del Ser.D. della mia regione. Mi è stato proposto di redigere un progetto di cui ancora non posso dire granché, però sarà un progetto che porterà degli assoluti benefici.
Anche in questo progetto c’è lo zampino di PlayStation Italia perché sarà parte fondamentale di quello che verrà poi dopo. Ti posso anticipare che gli sviluppi su questo progetto sono interessanti.
In qualche modo si incastrano alle notizie che sono arrivate agli occhi di tutti. Recentemente al Mauriziano (la struttura ospedaliera più antica di Torino NdR), in cui un controller PS4 è stato utilizzato all’interno di un reparto per comandare un robottino in una operazione di chirurgia urologica.
La stessa Videogame Therapy di Francesco Bocci si sta facendo notare come terapia valida. Infine, il rapporto uscito recentemente dall’Osservatorio Italiano Esports (abbiamo intervistato il fondatore dell’Osservatorio italiano Esports, ovvero Luigi Caputo), arrivato in Senato in cui anche lì si parla di benefici degli Esports. Finalmente qualcosa si sta muovendo.
Eleonora: Stiamo collaborando con l’università Bicocca di Milano perché l’idea è quella di portare in pratica la realtà virtuale con alcuni soggetti. Il problema di fondo è che manca la ricerca sui videogiochi. Se teoricamente si può utilizzare un determinato gioco piuttosto che un altro con determinante soggetti, in realtà per la pratica non è stato mai ancora applicato.
Il nostro lavoro è quello di creare un network con diverse figure interdisciplinari in modo tale da avvalorare ancora di più la tesi.
Vogliamo contribuire alla ricerca ma soprattutto analisi a supporto del benessere, perché la terapia è focalizzata su determinati disturbi. Il supporto al benessere si sposa anche meglio con alcune tipologie di eventi. Infatti, l’idea era proprio quella di entrare all’interno di dell’università di Brescia e Bergamo e per svolgere dal vivo la Videogames Therapy con la realtà virtuale del nuovo visore Playstation.
In conclusione, dobbiamo passare dalla teoria alla pratica.
- Noi vi ringraziamo per la disponibilità, ma prima di andare vorremo conoscere un curioso aneddoto sul vostro progetto.
Marco: In questi giorni mi sono sentito nuovamente con Tiziana di Playstation Italia è mi ha detto che quello che stiamo facendo è molto positivo. Ha fatto i complimenti sia me e sia ad Eleonora. Ricevere un complimento del genere da PlayStation Italia non è cosa da poco. Ci ringraziano anche per la cura che stiamo impiegando in questo progetto per il loro brand.
Tutto quello che mi sta accadendo lo vedo come se fosse un coronamento di un duro lavoro. Un duro lavoro che è partito da quando mi sono abilitato come Cyber psicologo in Valle D’Aosta, dalle mie tesi scritte sue realtà virtuali e i precursori dell’intelligenza artificiale. Ho avuto una serie di soddisfazioni e ne avrò ancora soprattutto come consulente VGT nel prossimo futuro.
Eleonora: Per me la prima soddisfazione incredibile è avvenuta nella call quando dovevamo spiegare l’idea a PlayStation Italia. Devo dire che fin dal principio siamo stati entusiasti. Il “post call” è stato un fermento generico. Il loro supporto non è stato solo momentaneo, abbiamo ricevuto un’attenzione e un sostegno quasi costante.
Ci piacerebbe anche fare qualche evento più specifico con PlayStation. Nonostante sia solo una new entry nel mondo della psicologia, perché sono presente solo da un anno, e il fatto che io ero anche associata alla realtà virtuale, ha reso il mio pubblico su Instagram entusiaste dei miei obiettivi.
Ho apprezzato tanto il loro sostegno nel mio percorso. Hanno dato fiducia a quello che è il mio lavoro come psicologa. Al tempo stesso hanno anche normalizzato il ruolo dello psicologo, superando un po’ quegli stereotipi che purtroppo ancora pervadano l’opinione pubblica.
Intervista J.J. Bouchard
La teoria del cancello
- Terapia mentale tramite il medium videoludico. Quanto possono essere d’aiuto i videogiochi come strumento per attenuare il dolore?
Dipende molto dalla persona con cui lavori e da ciò che cerchi di fare.
Io utilizzo la teoria del cancello, secondo cui il dolore è percepito attraverso la propria mente e se credi che farà male concentrandoti su di esso, farà male ancor di più. Se invece fai qualcosa come giocare ai videogiochi, ed è qualcosa che ti piace, questo può fermare la percezione del dolore distraendoti da ciò che accade.
Utilizzo questo metodo da tanti anni su bambini con malattie esantematiche, durante le vaccinazioni o per mettere i punti di sutura.
Per aiutarli a percepire meno ansia e sentirsi più al sicuro, spiego loro ciò che succederà e lascio poi scegliere un videogioco e li faccio giocare mentre avvengono le procedure mediche. Tutto ciò li aiuta a rimanere rilassati in modo da evitare che possano concentrarsi sul dolore tanto da, alcune volte, non accorgersene nemmeno.
Altre, invece, se ne rendono conto ma provano meno ansia rispetto a quanta dovrebbe essere, perché sono molto concentrati su ciò che stanno facendo.
- Il modello dell’interattività, per certi versi unico che può offrire un videogioco o accessori come il Playstation VR, su pazienti costretti per necessità a ospedalizzazioni molto lunghe, è sicuramente interessante. Quali sono gli obbiettivi di supporto, da un punto di vista terapeutico, per i pazienti?
I nostri obiettivi sono quelli di incoraggiare i pazienti a muoversi e a socializzare. Molti dei nostri pazienti trascorrono tanto tempo a letto e crediamo che più a lungo qualcuno sta nel proprio letto e più lentamente guarirà. Hanno bisogno di esercizio e movimento per mantenere i loro muscoli e i loro corpi più forti.
Utilizziamo la realtà virtuale, specialmente il PlayStation VR, con il nostro fisioterapista e il nostro terapista occupazionale che aiutano i pazienti a recuperare la muscolatura e la resistenza di cui hanno bisogno per uscire dall’ospedale e tornare nel mondo.
Il PlayStation VR ci ha aiutato tanto, sia perché è molto facile da pulire e quindi da utilizzare in un ospedale ma soprattutto per i bambini che non hanno mai utilizzato una realtà virtuale. Li aiuta a essere più entusiasti riguardo alcuni movimenti che normalmente avrebbero potuto spaventarli, perché sanno che sollevando un braccio potrebbero farsi male a causa di qualsiasi infortunio abbiano subito. Invece, se lo fanno mentre giocano, non ci pensano e si muovono.
Addirittura, spesso alcuni bambini fanno anche più di quanto previsto proprio perché si divertono.
- Qual è la cosa più bella del suo lavoro?
È vedere il sorriso dei pazienti, vederli emozionati e interagire tra loro in uno spazio in cui abitualmente sarebbero molto spaventati. È vedere che si supportano l’un l’altro attraverso videogiochi e Pokémon Go. Questa è la cosa più bella del mio lavoro.
Avevo un paziente a cui piaceva molto Minecraft, lui non aveva mai giocato ad un videogioco prima d’incontrarmi. Ogni giorno veniva nella stanza in cui giocavamo, faceva difficoltà a muoversi ma riusciva a giocare a questo videogioco, quindi gli ho insegnato come fare.
Gli altri bambini venivano a guardarci e abbiamo creato uno spazio in cui tutti potessero giocarci come se fosse un momento d’intervallo o in cui andare fuori. Loro non potevano uscire ma potevano giocare insieme lì.
Aveva creato un mondo differente da vivere insieme in cui ballavano e suonavano canzoni. Quel paziente, purtroppo, è morto quando aveva sei/sette anni e i suoi amici hanno continuato a giocare la sua partita su Minecraft.
Hanno continuato a parlare di lui e a celebrare la sua vita proprio attraverso l’universo che aveva creato in quel gioco. Questo è stato un momento molto forte per me, vedere come l’eredità di un bambino potesse vivere attraverso un videogioco.
- Quale messaggio vorrebbe lasciare il Dottor Bouchard alle istituzioni italiane sanitarie per far comprendere i benefici di queste terapie, tramite l’uso dei videogiochi, sui pazienti?
I videogiochi sono parte del nostro mondo. È una delle industrie più redditizie al mondo. Tutti ne usufruiscono e, proprio come qualsiasi cosa che fa parte delle nostre vite, ignorarli in un ospedale significa ignorare qualcosa che fa parte della nostra cultura.
Se vuoi aiutare qualcuno a stare meglio devi riconoscere i benefici delle cose che si utilizzano giornalmente e i videogiochi sono un qualcosa che porta gioia nelle vite delle persone, ma possono anche essere integrati in qualsiasi obiettivo terapeutico, sia esso mentale o fisico.
Ci sarà sempre un gioco là fuori che piace alle persone e che può aiutarle a raggiungere quell’obiettivo. E unendo le due cose puoi rendere gioioso ciò che potrebbe sembrare doloroso o spaventoso.
L’importanza della condivisione
- La dottoressa Stingone e il dottor Lazzari hanno iniziato una campagna di sensibilizzazione su come queste nuove tecnologie possano avere un forte impatto sul benessere psicofisico anche in Italia. Quanto è necessario collaborare anche oltreoceano per diffondere lo stesso messaggio?
Molto. Credo che più riusciamo a condividere, sia noi amanti dei videogiochi che giochiamo ogni giorno e sia il personale sanitario che può riconoscere quanto un videogioco, o semplicemente il giocare, possa aiutare le persone a raggiungere gli obiettivi terapeutici, migliore sarà il mondo.
Perché faremo le cose che ci piacciono per stare meglio. Non c’è nessun motivo per cui guarire debba far male. Dovrebbe essere qualcosa che ci aiuta a stare meglio e i videogiochi sono un ottimo modo sia per creare rapporti sociali tra le persone, ma anche per favorire la guarigione fisica e mentale.
Ringrazio Anna D’Elia per il contributo nella realizzazione dell’articolo.
Ringraziamo Venti Blog per la pubblicazione dell’estratto di questa intervista sul Quotidiano del Sud.
Classe 93, dall'animo nerd, da sempre appassionato del mondo videoludico. Alcune leggende sostengono sia nato con un controller in mano. Negli anni scopre di avere una particolare predisposizione per le interviste. Odia più di ogni altra cosa la console war.