Analisi tecnica di Starfield: grafica e framerate

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Informazioni sul gioco

Scrivere l’analisi tecnica di Starfield non è stato semplice. Si tratta di un gioco in bilico nel tempo, costruito attorno a un motore grafico a tratti anacronistico ma pur sempre pensato per sprigionare la visione creativa di Bethesda.

Il Creation Engine 2 è un middleware molto potente e versatile ma si trascina appresso alcuni limiti progettuali, tra questi la gestione degli worldspace. Porzioni di mondo realizzate in blocco che unite alla particolare gestione del 3D culling creano diversi rallentamenti, dai quali deriva in parte l’eccessivo numero di caricamenti, fonte di svariate critiche da parte degli utenti.

Per spiegarne il funzionamento dovremmo addentrarci in questioni particolarmente ostiche da comprendere per chi non mastica la materia. Ergo ai fini di un articolo più accessibile non parleremo in tecnicese e andremo a semplificare tutte le nozioni ai minimi termini.

L’obiettivo è quello di scoperchiare i lati positivi e i lati negativi di quest’ultima opera firmata Bethesda, in relazione a quella che è poi l’esperienza utente. Partiamo dalle basi e diamo inizio all’analisi tecnica di Starfield, non prima di ricordarvi di leggere anche la nostra recensione.

Analisi tecnica di Starfield: una grafica spaziale?

Per sviluppare Starfield è stato usato il Creation Engine 2, il motore proprietario di Bethesda utilizzato in passato per tutti i suoi altri videogiochi.

In questo caso è evidente l’iniezione di dettagli, di poligoni e l’aumento generale della qualità grafica ma persistono delle sbavature tecniche, in larga parte compensate dall’incredibile direzione artistica.

La direzione artistica di Starfield

Grafica è tante cose, è tecnica ma è anche arte. Se la tecnica latita, l’arte può comunque eccellere, ed è il caso dell’ultima produzione Bethesda.

L’analisi tecnica di Starfield non può ignorare la visione creativa del team di sviluppo, perché l’intento di realizzare un universo plausibile come palcoscenico delle vicende narrate, ha spinto gli sviluppatori verso una gestione delle luci e del post processing che possiamo davvero definire allo stato dell’arte.

L’illuminazione gioca un ruolo primario e rappresenta forse l’elemento meglio riuscito dell’intera produzione.

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Analisi tecnica di Starfield: global illumination

Starfield non si avvale degli acceleratori dedicati al Ray Tracing. Questa potente tecnologia, che abbiamo analizzato in un nostro articolo precedente, può fare miracoli quando implementata per luci, ombre e riflessi, ma il prezzo da pagare in termini di peso computazionale è sempre molto alto.

Bethesda ha quindi adottato una soluzione differente. Ha sviluppato un’illuminazione globale in tempo reale capace di adattarsi ai diversi pianeti, in base alle condizioni di luce generale, al tipo di stella e di atmosfera.

Davvero impressionante la quantità di variabili che si vengono a creare, pianeta per pianeta, ma altrettanto significativa è la qualità dell’illuminazione e la gestione delle ombre.

Non ci sono parole o immagini capaci di descrivere l’effettivo impatto di questa global illumination sulla plausibilità dei mondi che possiamo visitare, l’unico modo per constatarne l’efficacia è visitarli.

Siamo dinanzi a una delle migliori soluzioni raster per l’illuminazione globale da quando il videogioco esiste.

Niente Ray Tracing per Starfield

Come detto Starfield non si avvale del Ray Tracing. Se per quanto riguarda l’illuminazione siamo dinanzi a una alternativa più che valida, lo stesso non può dirsi per i riflessi e per l’occlusione.

I riflessi sono gestiti attraverso delle cube maps, per altro approssimative. Bethesda ha furbescamente ridotto al minimo le riflessioni nel gioco ma in quei rari casi in cui sono presenti è evidente la scarsa qualità generale.

I riflessi risultano approssimative e di scarso impatto. L’ambiente circostanze non è riconoscibile e il protagonista non viene mai riflesso.

Occlusione ambientale e ombreggiatura

Al contrario l’occlusione ambientale è molto altalenante. Trattasi di un’occlusione screen space, leggera ma funzionale, applicata quasi sempre molto bene salvo in alcune località dove l’immagine perde di profondità, con gli oggetti che sembrano galleggiare nello scenario, tra queste anche città importanti ai fini narrativi.

Ciò nonostante non si può parlare di difetto, perché l’occlusione viene comunque gestita in modo intelligente e sempre ai fini della direzione artistica.

Unita alla global illumination, alle varie fonti di luce baked e alla distribuzione delle ombre, collabora alla plausibilità scenica di mondi, delle strutture, dei biomi e degli avamposti. Ancora una volta l’estetica generale supera per importanza il singolo elemento tecnico.

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Analisi tecnica di Starfield: textures e biomi procedurali

Magistrali sono le textures delle località principali. Città e paesaggi urbani tolgono il fiato per cura dei dettagli e messa in scena.

Complice di nuovo l’illuminazione globale, che in alcuni frangenti, coinvolgendo le superfici e i diversi materiali, riesce a generare sfumature di rifrazioni e colori particolarmente azzeccate e in linea con lo stile NASA Punk adottato da Bethesda.

Ciò nonostante, nelle centinaia di ore spese in esplorazione, la qualità grafica si è rivelata un’altalena a causa dell’incredibile numero di pianeti visitabili.

Starfield un susseguirsi di alti e bassi

Centinaia di pianeti sono stati ricreati per simulare un universo plausibile. Ovviamente non si può scendere su ogni singolo mondo, in alcuni casi le condizioni estreme non permettono l’avvicinamento, ma sono comunque decine e decine i pianeti da esplorare.

Tolti però quelli principali e legati alla progressione narrativa, la maggior parte degli scenari risultano vuoti e poco dettagliati.

A scanso di equivoci, l’illuminazione globale riesce sempre a stupire, ma se alcuni mondi sono rigogliosi, vivi e affascinanti, altri sono vuoti e poco caratterizzati.

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Pianeti e varietà

C’è una drastica riduzione dei dettagli su alcuni pianeti esplorabili. La vegetazione ne risente, la complessità delle geometrie si riduce, l’ombreggiatura viene meno e di conseguenza anche la percezione della profondità.

Non è esagerato affermare che alcuni ambienti sembrano uscire direttamente da un prodotto della scorsa generazione, circostanze però prevedibili.

Concentrando gli sforzi produttivi per la caratterizzazione specifica di ogni singolo ambiente, i costi di sviluppo sarebbero diventati insostenibili. Bethesda ha quindi ripiegato sul procedurale per contenere costi e tempi di sviluppo.

Starfield e la proceduralità

La maggior parte dei punti di interesse dislocati sui vari pianeti esplorabili sono generati da un algoritmo procedurale.

Questa proceduralità mostra però il fianco a una scarsa inventiva ed è facile imbattersi in un susseguirsi di miniere, grotte, avamposti o laboratori, tutti identici tra loro.

Ciò nonostante la varietà di biomi è soddisfacente e non tutti i mondi sono vuoti deserti di rocce e metalli… e anche quando lo sono, in alcuni casi, è di nuovo l’illuminazione globale a metterci una pezza, generando scorci paesaggistici mozzafiato anche sui pianeti desolati.

Speriamo comunque in un miglioramento futuro della gestione procedurale, magari grazie a qualche patch di aggiornamento.

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Analisi tecnica di Starfield: limiti di anzianità o scelte creative?

Una delle critiche mosse a Starfield da parte dei giocatori è di essere un gioco “nato vecchio“, ma è davvero così? Difficile rispondere perché in realtà non esistono criteri oggettivi su cui basare un simile giudizio, nemmeno tecnici.

Tutto dipende sempre dall’esperienza che il gioco vuole offrire. Siamo nel 2023 eppure escono ancora titoli volutamente ancorati a soluzioni ormai preistoriche, vedi il recente Sea of Stars, un JRPG che strizza l’occhio a classici come Chrono Trigger.

Un secondo esempio ancora più famoso e apprezzato è Baldur’s Gate 3. Rappresenta forse il massimo esponente del suo genere di appartenenza ma è tale proprio perché va a ripescare meccaniche e strutture del passato.

Una formula ormai quasi del tutto abbandonata dai tripla A, basata sui turni e la strategia, ma nessuno oserebbe criticare Baldur’s Gate 3 per questo motivo. Al contrario Starfield è stato criticato proprio per la classica formula di Bethesda, definita “vecchia” in senso dispregiativo, giudizio legato in parte alle eccessive aspettative che si sono venute a creare.

Regia statica e animazioni facciali

Tra gli oggettivi difetti in cui possiamo imbatterci su Starfield rientrano alcune imprecisioni nelle animazioni facciali degli NPC, come per esempio gli occhi persi nel vuoto, a tratti inquietanti, che rischiano di compromettere la sospensione dell’incredulità.

Discorso diverso per i comprimari. La cura per i dettagli dei volti non eguaglia i risultati raggiunti da altre produzioni dello stesso genere ma resta un netto passo avanti rispetto ai precedenti standard di Bethesda.

Tuttavia, nonostante l’ottimo lip sync in inglese e le eccellenti textures, permane a tratti quella sensazione di avere dinanzi dei bambolotti di plastica, vuoi per alcune scelte cromatiche classiche dell’azienda e per una regia statica ormai anacronistica, tuttavia indissolubilmente legata alla formula di Bethesda.

Starfield non è un film

Non ci sono cutscene registicamente complesse nelle produzioni Bethesda, tutto si riduce sempre a semplici primi piani dei nostri interlocutori che non di rado si posizionano perfino nel modo errato, come quando ci parlano di spalle.

Una soluzione che si scontra con i risultati ottenuti da altre produzioni moderne, che hanno settato degli standard da questo punto di vista (vedi The Witcher 3 che abbiamo analizzato in occasione della patch next gen in un nostro precedente articolo), ma che non si può ridurre a un semplice problema di anzianità.

Come detto, è così che Bethesda vuole raccontare le sue storie e questa staticità registica rientra nella loro visione creativa. Per quanto Starfield sia limitato da questo punto di vista, resta una sua caratteristica voluta.

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Analisi tecnica di Starfield: La stupidità artificiale

Il più grosso problema di Starfield è l’intelligenza artificiale. Non importa a quale difficoltà si sta giocando, i nostri avversari sono quasi sempre prevedibili e strategicamente inefficienti.

Anche i compagni non brillano per furbizia e il gioco ci avverte di andare da soli quando dobbiamo affrontare obiettivi stealth, perché quasi sicuramente il nostro accompagnatore manderà all’aria tutto.

Bethesda ha di recente dichiarato di aver semplificato l’intelligenza artificiale, in particolar modo quella delle navicelle spaziali avversarie. Potrà sembrare una dichiarazione di facciata ma non va scartata a prescindere. I videogiocatori sono convinti che una IA approssimativa sia frutto di potenziali errori se non addirittura di limiti tecnici legati agli hardware, ma non è così (salvo per il quantitativo di IA da gestire ndr).

Le IA di un gioco non devono essere realistiche o impeccabili, esclusi alcuni specifici contesti, devono essere funzionali all’esperienza offerta. Sviluppare il comportamento delle IA è quindi sempre una precisa scelta creativa, scelte però a volte discutibili e nel caso di Starfield si poteva fare di meglio, se non altro per quanto riguarda il comportamento dei nemici umani.

Niente Radian AI per Starfield

Bethesda ha sacrificato anche uno dei suoi cavalli di battaglia, la Radiant AI. Un sistema di routine che gestiva le attività dei vari NPC di Oblivion, Skyrim e Fallout… Ed è proprio in termini di routine che Starfield si rivela terribilmente piatto.

Gli NPC non reagiscono quasi mai ai nostri comportamenti e può capitare di rubare vestiti da un manichino esposto in un negozio proprio sotto al naso del proprietario, senza che lui o altri avvisino la polizia.

Un difetto non di poco conto che impatta anche sulle meccaniche di gioco, oltre che sull’analisi tecnica di Starfield. L’intelligenza artificiale, al netto di qualche sporadico guizzo di inventiva, resta l’elemento meno riuscito dell’intera produzione.

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Analisi tecnica di Starfield: Caricamenti e streaming dei dati

Le schermate di caricamento sono senza dubbio uno degli elementi tecnici che stiamo cercando di eliminare sfruttando l’evoluzione tecnologica e i miglioramenti hardware.

Nella storia del nostro medium lo streaming dei dati in RAM ha sempre rappresentato una sfida per i programmatori. Esempi storici hanno lasciato un segno indelebile, come la soluzione delle porte scricchiolanti adottata da Capcom per il suo Resident Evil ai tempi di Saturn e PlayStation.

Molti anni sono passati da allora e le nuove console sono tutte dotate di dischi a stato solido di tipo Nvme, molto veloci e capaci di spostare grandi quantità di informazioni in un lasso di tempo molto breve.

Come al solito però l’hardware non ha volontà propria e i risultati sono sempre legati all’attività umana, al modo in cui gli sviluppatori decidono di sfruttare le varie tecnologie in relazione anche a diversi altri elementi, tra cui le necessità del singolo prodotto.

Schermate di caricamento e tempi di attesa

L’abbiamo detto in apertura, il Creation Engine si trascina appresso alcuni limiti legati alla gestione degli worldspace.

Bethesda ha quindi sfruttato la velocità dei dischi moderni per ridurre ai minimi termini la durata dei vari caricamenti ma ha dovuto comunque distribuirli in grande quantità, spesso però senza una reale collocazione logica.

Per esempio: capita di entrare in un locale su più piani separati da una breve schermata di caricamento che si attiva quando prendiamo obbligatoriamente un ascensore. Il gioco prevede l’utilizzo dell’ascensore anche per tornare al piano sottostante ma all’atto pratico non è necessario farlo, perché ci si può lanciare di sotto scavalcando delle paratie.

L’intero locale è già tutto presente in memoria, con tanto di NPC e potenziali linee di dialogo, quindi perché separare i piani con una schermata di caricamento? Per quanto breve e certo non fastidiosa, resta una interruzione priva di logica strutturale.

SSD next gen e Hard disk meccanici su PC

Per fortuna tutti i caricamenti del gioco non prevedono lunghi tempi di attesa. Grazie alla velocità degli SSD delle due console Xbox tutte le schermate sono di breve durata, salvo il caricamento iniziale che può essere evitato lasciando il gioco attivo in background grazie alla modalità Quick resume.

Su PC la situazione è un pochino diversa. Il Quick resume non c’è e la velocità dei caricamenti dipende dalla configurazione del singolo giocatore e dal tipo di disco in suo possesso.

Gli hard disk meccanici sono fuori discussione. Gli SSHD seguono a ruota e gli SSD Sata sentono il peso degli anni. L’unico modo per fruire di Starfield nel modo giusto su PC è installarlo su SSD di tipo Nvme. Le alternative prevedono schermate di caricamento molto più invasive in termini di durata.

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Analisi tecnica di Starfield: framerate e prestazioni

In un nostro articolo precedente abbiamo parlato dei potenziali motivi che hanno spinto Bethesda ad adottare i 30fps per le versioni Xbox di Starfield, compresa la potente Serie X.

Onde evitare di ripeterci non torneremo sull’argomento, invitandovi a leggere il nostro speciale dedicato in quanto ancora attuale.

L’uscita del gioco ci ha però permesso di scrivere questa nuova analisi tecnica di Starfield dopo averlo provato con mano, testando quindi l’effettivo impatto di questo render target.

30fps per Starfield su Xbox

Il framerate è uno degli elementi tecnici più importanti quando si parla di videogiochi. Incide sia sulle latenze della risposta ai comandi, sia sulla percezione di fluidità.

Se vi serve una guida per aumentare il framerate dei giochi abbiamo l’articolo che fa al caso vostro, dove spieghiamo anche perché questo apparentemente freddo numero è di fatto molto importante ai fini di questo medium.

Nel caso di Starfield purtroppo dobbiamo arrenderci all’idea dei 30 fotogrammi al secondo, sia su Xbox Series X che su Xbox Series S, ma quanto incidono sulla fruizione del gioco?

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L’impatto dei 30 fotogrammi al secondo

Starfield propone tre visuali di gioco. Una visuale in prima persona e due in terza persona, con diversa distanza dal nostro alter ego.

I 30fps sono evidenti in tutti casi ma è con la visuale in prima persona che si percepisce maggiormente l’eccessivo frame time di permanenza del fotogramma.

In terza persona invece il fastidio si riduce, complici anche le latenze di gioco, sempre molto basse nonostante il render target di riferimento.

Latenze e opzioni video

Bethesda ha lavorato bene per quanto riguarda le latenze. La risposta ai comandi è sempre molto reattiva e una volta assimilata non mostra il fianco ad alcun impedimento, escluse le situazioni in cui gli fps scendono al di sotto della soglia target, drop per fortuna sporadici ma pur sempre visibili.

Resta il rammarico per una scelta che forse si poteva evitare sfruttando le tecnologie più recenti come il VRR, offrendo al giocatore l’opzione di sblocco dei fotogrammi o una modalità a 40fps sui pannelli a 120Hz, soluzione già adottata da altri tripla A come Hogwarts Legacy che abbiamo analizzato in un articolo precedente.

Se vi interessa approfondire queste nozioni e la funzione del Variable Refresh-rate, vi invitiamo a leggere un nostro approfondimento mirato.

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Analisi tecnica di Starfield: L’ottimizzazione su PC

La nostra analisi tecnica di Starfield svolta ora verso una questione particolarmente spinosa, l’ottimizzazione del gioco su PC.

L’ultima opera di Bethesda è infatti ingorda di requisiti senza apparente motivo tecnico. Ci sono prodotti molto più complessi che raggiungono risultati migliori a parità di componenti e i problemi del gioco sembrano portarci tutti alla stessa conclusione: un lavoro di ottimizzazione approssimativo.

Non succede di rado quando si tratta di gaming su PC e le recenti dichiarazioni di Todd Howard, dove ha accusato gli utenti di non aver aggiornato l’hardware, hanno scatenato ancora più critiche da parte dei giocatori.

Il DLSS mancante di Starfield e la corsa ai ripari

Le attuali critiche legate all’ottimizzazione si sommano a quelle antecedenti il lancio del gioco per via dell’incompatibilità con il DLSS di Nvidia, questione che abbiamo affrontato in un nostro articolo precedente.

Ai giocatori console potrebbe sembrare una mancanza di poco conto ma così non è, e se vi interessa comprendere le motivazioni abbiamo un approfondimento che fa al caso vostro.

Il DLSS rappresenta una vera rivoluzione per il gaming su PC e per fortuna adesso anche Starfield può usufruirne.

Prima con una mod amatoriale, poi ufficialmente, il Deep Learning Super Sampling è arrivato nell’opera di Bethesda, con conseguente miglioramento delle prestazioni sulle schede video Nvidia compatibili con questa tecnologia.

Ciò nonostante il gioco resta indigesto per la maggior parte delle configurazioni e si spera in future patch di ottimizzazione, magari anche per le versioni console visto che una modalità a 60fps sarebbe sicuramente gradita, se non altro da tutti gli utenti che lo stanno giocando in prima persona. Probabilmente qualcosa è già all’orizzonte, viste le ultime dichiarazioni.

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Analisi tecnica di Starfield: Risoluzione e differenze tra console

In questa analisi tecnica di Starfield abbiamo preferito concentrarci sugli elementi più significativi, come la global illumination e la direzione artistica, seguendo la regola della massima semplificazione, così che le nozioni siano accessibili per chiunque.

Resta però da vedere a quale risoluzione viene renderizzato il gioco su console in base anche all’hardware a nostra disposizione, in quanto Xbox Series S è un prodotto entry level con caratteristiche tecniche inferiori rispetto all’ammiraglia Xbox Series X.

4K con AMD FSR per Xbox Series X

Bethesda ha scelto di utilizzare l’upscaling di AMD anche su console. Nel caso di Xbox Series X la risoluzione nativa di rendering si assesta a 2560*1440p e viene poi processata in 4K con l’ausilio della tecnologia FSR 2.

Il FSR è rivale diretto del DLSS di Nvidia. Un algoritmo di scaling efficace ma non poi così sofisticato, rappresenta una valida alternativa alle soluzioni proprietarie (come per esempio le risoluzioni dinamiche ndr) ma mostra il fianco ad alcune imprecisioni che possono generare artefatti visibili.

Per fortuna nel caso di Starfield il FidelityFX Super Resolution svolge egregiamente il suo lavoro di ricostruzione e non compromette la direzione artistica, fatto salvo per una sorta di sfocatura generale in parte prevedibile e dovuta al processo di scaling.

1440p per Xbox Series S

Il FSR è stato usato anche su Xbox Series S. La differenza sta nella risoluzione nativa che si assesta a 900p sulla piccola di Microsoft.

Viene poi ricostruita per raggiungere i 2560*1440p ma come era lecito aspettarsi sui grandi display UHD 4K la differenza con Xbox Series X si fa evidente.

Ciò nonostante Starfield resta apprezzabile anche sul sistema entry level della grande M. Il gioco è comunque solido e l’estetica complessiva non ne risente.

Xbox Series X VS Xbox Series S

L’analisi tecnica di Starfield procede ora con un confronto disonesto. Le due console Xbox hanno componenti diversi perché si piazzano su due fasce di prezzo differenti, aspettarsi gli stessi risultati su entrambi i dispositivi sarebbe illogico.

Nel caso di Starfield le differenze tra le due versioni sono marginali. Tolta la risoluzione, che abbiamo analizzato nel paragrafo precedente, il framerate non cambia e tutti gli elementi grafici prioritari, come la global illumination e la potenza interattiva del Creation Engine 2, sono stati portati su Xbox Series S senza eccessivi compromessi.

Sulla piccola di Microsoft sono stati leggermente ridotti la draw distance sui pianeti e il filtraggio delle textures, ma tutto il resto è rimasto invariato, compresa l’ombreggiatura (se ci sono differenze sono impercettibili) e i tempi di caricamento (poco più lenti di quelli registrati su Serie X).

Nell’insieme la versione Series X è senza dubbio più bella a vedersi ma Serie S ne esce a testa alta e l’esperienza di gioco è la stessa per tutti i giocatori Xbox.

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Analisi tecnica di Starfield: HDR e tecnologie

L’HDR è uno dei passi avanti più significativi nel campo della tecnologia audio-video, molto più della risoluzione.

L’alta gamma dinamica impatta sui colori, sulle sfumature e perfino sulla plausibilità degli shaders dei videogiochi.

Starfield è compatibile con l’HDR sulle due console Xbox ma lo gestisce malissimo. Il punto di nero è troppo alto e il risultato è un’immagine piatta anche attivando Dolby Vision al posto di HDR10 (vi ricordiamo di leggere il nostro approfondimento se vi interessa conoscere la differenza tra questi formati).

Gli utenti più esigenti possono provare a calibrare l’HDR sfruttando i televisori compatibili con l’HGiG. In una nostra precedente guida trovate tutte le informazioni che vi servono per la calibrazione manuale dell’HDR.

Saturazione e Mod Reshade per Starfield

Se da una parte c’è di mezzo sempre la visione creativa di Bethesda, che lavora con palette di colori poco saturi e uniformi a seconda dei contesti, dall’altra è chiaro che l’HDR è stato implementato in modo troppo superficiale.

La versione PC invece non è proprio compatibile con l’alta gamma dinamica, che si attiva solo in presenza della funzione AutoHDR di Windows 11. In soccorso dei giocatori sono già arrivati i prevedibili reshade, con l’intento di saturare maggiormente la colorazione per aumentare la brillantezza delle immagini.

Su console manca anche il supporto specifico al VRR e ai 120Hz, visto che il gioco punta a un render target unico di 30fps, mentre su PC si può scegliere a quale framerate giocare magari attivando tecnologie come il Freesync o il G-sync.

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Analisi tecnica di Starfield: conclusioni

Starfield è stato accusato di essere un gioco anacronistico a causa di alcuni elementi che rientrano in realtà nella classica formula Bethesda.

Non difetti, bensì caratteristiche che quasi rappresentano la firma autoriale di questa azienda. Tra queste la staticità registica e l’utilizzo di un motore, il Creation Engine, che si trascina appresso diversi limiti strutturali ma che permette agli sviluppatori di gestire e tracciare centinaia di oggetti interattivi.

Questa formula ha senza dubbio molti anni sulle spalle eppure ancora funziona, ancora coinvolge i giocatori in ore e ore di avventure, che sia tra le foreste innevate di Skyrim, che sia nella desolazione post apocalittica di Fallout, che sia ora tra le stelle grazie a Starfield.

La formula è sempre la stessa anche se qualcosa è effettivamente cambiato.

Starfield e la soluzione di continuità

I precedenti lavori di Bethesda catapultavano il giocatore in un mondo aperto, enorme e liberamente esplorabile. Starfield non è proprio così.

L’esplorazione negli Elder Scrolls e nei Fallout è senza soluzione di continuità, mentre nello spazio dobbiamo spostarci da un pianeta all’altro per scoprire missioni o segreti nascosti dentro qualche caverna procedurale.

Questa distribuzione dei punti di interesse finisce con il frammentare i ritmi esplorativi e serve più tempo per entrare nel loop di gioco. Starfield ingrana solo quando inizia a rimbalzarci tra le galassie per motivazioni narrative.

Un nuovo universo costruito in compartimenti stagni e che si appoggia a una serie di caricamenti. Ogni galassia va caricata, ogni pianeta va caricato, ogni città va caricata. Non è facile metabolizzare questa nuova struttura ma non si può comunque parlare di difetto progettuale.

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Bethesda come BioWare

Starfield non è una space-sim e non è No Man’s Sky. La struttura ricorda più da vicino quella dei tanto apprezzati Mass Effect.

Sono la narrativa e l’estetica a spingere il giocatore verso l’esplorazione, nonostante i ritmi spezzati dai continui spostamenti con conseguenti caricamenti (per fortuna molto brevi grazie alla velocità dei dischi Nvme).

Tutti gli elementi tecnici presenti nel gioco sono subordinati a questa visione creativa.

Gravità, agenti atmosferici e plausibilità dell’universo

Starfield non sarebbe lo stesso senza questa soluzione raster di illuminazione e senza questo universo così vasto e plausibile, che tiene conto anche della gravità e degli agenti atmosferici.

C’è una grande complessità concettuale in Starfield, composta da elementi in larga parte invisibili come la fisica applicata agli oggetti e la possibilità di accumularli senza vincoli, che ci ricorda che non si può mai ridurre tutto alla sola risoluzione o al solo framerate.

Un videogioco è molto di più dei freddi numeri che fanno tanto discutere e quasi sempre la direzione artistica è più importante della tecnica.

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