Fra 2022 e 2023 abbiamo visto uscire diversi titoli che erano stati pompati dalla macchina del marketing, eppure ad aver fatto miracolosamente (o forse no?) parlare di sé è stato invece Hi-Fi Rush. Si tratta di un videogioco che contro molte previsioni, senza alcuna campagna pubblicitaria a sostenerne l’uscita ufficiale, è diventato un successo di pubblico e di critica.
Come avevamo analizzato in maniera capillare nella nostra recensione del videogame di Tango Gameworks, seppur con elementi di trama (e nella caratterizzazione dei personaggi) che non erano forse all’altezza del resto della produzione targata Bethesda Softworks, Hi-Fi Rush aveva comunque dalla sua una colonna sonora devastante, assieme a un design e una grafica scintillanti e a un gameplay versatile, fra action e rhythm game.
Con queste premesse, il team ci ha regalato un’avventura cyberpunk in cui seguiamo il giovane Chai nella sua lotta contro le big corporation (qui di seguito fra l’altro trovate l’intervista ad Alessandro Lussiana, doppiatore italiano del protagonista).
Ed è sicuramente con tutti questi elementi, ma forse non soltanto, che potremmo spiegare l’enorme riscontro avuto fin dal primo momento e che ha portato l’opera a superare i 3 milioni di gamer già ad agosto. Forse è il caso, magari anche in vista dei prossimi The Game Awards e del loro proclamare il prossimo GOTY per l’anno appena trascorso, di ripercorrere da dove è nato e dove è arrivato Hi-Fi Rush.
Indice
Tango Gameworks: storia di un team di sviluppo
Il 2023 ha reso talmente tanto onore a Tango Gameworks che adesso il team di sviluppo potremmo definirlo direttamente come “quelli di Hi-Fi Rush“. Il che è ancor più sorprendente se pensiamo a ciò che era Tango Gameworks prima del 2023.
Il gruppo di Tango ha infatti all’attivo, prima del rhythm action game di oggi, tre titoli comunque di tutto rispetto. Parliamo del duo di The Evil Within e dell’action Ghostwire Tokyo. In particolare, i due giochi di The Evil Within sono due survival horror profondamente realistici nella resa visiva.
Allo stesso modo, anche Ghostwire Tokyo ha un carattere abbastanza ancorato al reale, seppur in un contesto giapponese altamente sovrannaturale. Ed è proprio questa componente realistica delle opere precedenti, unita alle atmosfere cupe, a cozzare profondamente con ciò che è al contrario Hi-Fi Rush, decisamente più scanzonato e luminoso a livello delle palette di colori, oltre al suo design cartoonesco e in cel shading.
Dove tutto è nato: chi ha lavorato a Hi-Fi Rush?
Sotto lo sguardo vigile del creative Shinji Mikami, fondatore di Tango Gameworks (che ha però poi deciso di allontanarsi dalla sua compagnia), il team di developer ha potuto creare il gioco che aveva in mente in maniera pressoché totalmente libera.
In particolare, alcune settimane fa su Xbox Wire, ne hanno parlato quattro figure di rilievo di Tango Gameworks. Il primo di questi è John Johanas, il game director di Hi-Fi Rush. In forze a Tango dal 2010, per ques’ultimo titolo si è occupato di creare dal nulla la storia e i personaggi, così come scegliere la direzione visiva e di gameplay, oltre che, in tutto questo marasma, riuscire a far combaciare tutto con la sua personale visione.
Accanto a Johanas abbiamo altre tre persone che hanno dato il loro enorme apporto al successo del videogame pubblicato da Bethesda. Parliamo del lead programmer Yuji Nakamura, del lead art director Keita Sakai e infine di Shuichi Kobori, che ha avuto il ruolo (importantissimo per un gioco come questo) di audio director.
I tre precedenti sono, con le differenti specificità, collaboratori del gruppo Tango Gameworks da diverso tempo, così come più in generale nel mondo dello sviluppo di videogiochi. Per questo motivo la loro sintonia era già stata rodata su una o più opere dello studio, e ha solamente trovato la sua maturità all’interno di Hi-Fi Rush.
La musica scorre nelle vene
Nell’analizzare il successo di Hi-Fi Rush, possiamo partire da ciò che di stupendo e inconfondibile ci ha donato fin dal menu di avvio: le sue musiche. Parliamo ovviamente di tutte quelle originali, che ci accompagnano per esempio nelle fasi di platforming, ma non soltanto.
Fin dalle prime battute, fin dalla prima cutscene, ad accoglierci in game troviamo una lista di canzoni di livello altissimo. Tra queste spiccano grupponi (perdonateci l’espressione da fan) come Nine Inch Nails, The Black Keys o ancora The Prodigy con Invaders Must Die. Insomma stiamo parlando di blocchi, mattoni di storia musicale.
Dalle musiche al gioco
Quando parliamo di sviluppo di videogiochi (ma in generale anche in molte altre opere mediatiche, come banalmente pure nel cinema), spesso la colonna sonora è l’ultima cosa ad apparire. Si crea la trama, si pensa alla storia, si dà forma al gameplay e via dicendo, per poi consegnare tutto a chi si occupa della componente sonora e della soundtrack affinché venga alla luce la colonna sonora perfetta per ciò che abbiamo realizzato.
Però, con Hi-Fi Rush, non è andata decisamente così. Come racconta infatti il game director Johanas, il team del comparto sonoro è stato coinvolto fin dall’inizio. Visto il risultato finale (fra la natura da simil-rhythm game e la preponderanza della parte musicale), possiamo anche capire il perché.
“John aveva una visione molto forte riguardo la musica, che doveva essere connessa a ogni sezione“, l’audio director Shuichi Kobori racconta così la risolutezza del game director, aggiungendo che per alcune sequenze aveva specifiche canzoni in mente. Per tutte le altre, invece, John Johanas ha portato comunque diverse idee sulla tipologia di ritmi e melodie ad accompagnare i movimenti del protagonista.
Le canzoni perfette
Nel raccontare la loro esperienza con il gioco (e con le sue musiche), è apparso subito chiaro come Johanas volesse, per il suo titolo, le canzoni con cui era cresciuto. Dunque parliamo di musica rock anni ’90 e primi 2000. Anche in questo caso (e, come vedremo nei prossimi paragrafi, non soltanto) il game director si è impuntato per perseguire la propria visione, anche contro chi, in fase di sviluppo, gli faceva notare quanto sarebbe stato decisamente più semplice inserire una colonna sonora elettronica, così da andare meglio a ritmo con le caratteristiche ritmiche del videogame.
Kobori riprende le idee espresse in fase creativa da Johanas, facendo riferimento al fatto che la tipologia di musica scelta dal game director “non era molto rifinita, ma molto potente per quel che riguarda l’energia“. Ciò calzava a pennello con l’idea di storia che stava prendendo forma.
Fondamentale nella scelta delle musiche perfette, sia quelle originali sia quelle sotto licenza, è stato lo studio dei BPM (i battiti per minuto, la frequenza ritmica di una composizione musicale) necessari in ogni sequenza. Questi sono stati scelti con cura, in maniera tale che rispecchiassero ciò che avveniva a schermo e nella storia.
Da lì, i developer (in particolare il game director e il gruppo che si occupava del sound design) sono passati alla selezione vera e propria delle canzoni.
“Quando stavamo lavorando con una qualche canzone sotto licenza, dicevo ‘Questa è la canzone… Non vogliamo cambiarla. Non vogliamo che sembri un remix della canzone“, queste sono le parole con cui Johanas ha espresso il suo netto punto di vista in merito alle canzoni che voleva inserire a tutti i costi in game.
I movimenti giusti
Chi ha già avuto occasione anche solo di provare Hi-Fi Rush già sa una delle particolarità più interessanti del videogame di Tango Gameworks: il protagonista Chai ha sempre il movimento giusto, il ritmo giusto, non perde un colpo, non perde mai occasione di un attacco o un balzo a tempo. Nel senso, se noi premiamo i tasti giusti al momento giusto, accumuliamo punti e facciamo più danni con i nostri assalti. Però, se questo non avviene, il videogioco non ci punisce.
Come vedremo anche nelle sezioni successive di questa nostra disamina di come si crea un successo, ogni animazione, ogni elemento è stato creato affinché calzi a pennello con la musica che scorre in sottofondo.
Hi-Fi Rush: un successo (in)atteso
Finora abbiamo parlato di uno degli elementi principali e preponderanti dell’esperienza videoludica di Hi-Fi Rush, ovvero la sua colonna sonora. Ma torniamo agli inizi dello sviluppo, quando la trama di Chai e la sua fuga dalle big corporation era solo poco più che un’idea.
“È una di quelle idee che ti vengono in mente quando sei ubriaco e poi via, non riesci più a togliertele dalla testa” questo è il modo in cui John Johanas ha descritto in maniera colorita la prima volta in cui ha pensato all’idea che sarebbe divenuta Hi-Fi Rush.
E fin da subito, come già abbiamo raccontato, la musica era parte preponderante di questa idea.
Il cambio di stile: i dubbi e le perplessità
Allo stesso modo, sempre fin dal primo momento, non mancarono sguardi perplessi e tante domande su ciò a cui stava lavorando il game director. Anche quelli che sarebbero divenuti il lead programmer, Yuji Nakamura, e il lead art director Keita Sakai raccontano di quanto in molti pensavano che un progetto del genere non sarebbe stato scelto dai piani alti di Tango Gameworks.
Il motivo è presto detto: come abbiamo ripercorso più in alto parlando della storia del developing team di Tango, quest’ultimo si era focalizzato, fino proprio a Hi-Fi Rush, unicamente su giochi horror, cupi, oscuri con design e grafica molto realistici.
È proprio Keita Sakai a raccontare appunto di come all’inizio aveva pensato che fosse uno scherzo ed era sorpreso che il progetto fosse stato scelto. “Quando è successo, ho imparato che dovevo essere umile“. Gli fa eco Nakamura, raccontando di quanto all’inizio pensasse fra l’altro che si sarebbe trattato più di un action game che di un gioco votato puramente al ritmo.
Altro dubbio del lead programmer era relativo a quanto sarebbe stato colorato Hi-Fi Rush rispetto ai precedenti videogiochi di Tango Gameworks, questo contando quanto comunque nei primi test il titolo fosse assai meno brillante nei colori rispetto al risultato finale.
Le presentazioni e i primi riscontri
In ogni caso, all’avvio delle prime presentazioni, l’intero team era preoccupato di come sarebbe stato percepito. Questo è stato valido già dalle presentazioni interne allo studio, e ancora di più quando si è trattato di mostrarlo al publisher Bethesda.
“Di sicuro c’era interesse per il progetto” racconta Johanas, ma “avrebbe davvero funzionato?“. Questa domanda sorse a quanto pare spontanea, sempre pensando al problema a cui abbiamo già fatto riferimento, ovvero il fatto che fino a quel momento Tango Gameworks si fosse concentrata unicamente su videogiochi horror.
Fedeli alla linea
Come orgogliosamente riferisce il game director, nessun dubbio però poté fermare il progetto. John Johanas e l’ex-sovrano di Tango Gameworks proseguirono lungo il loro percorso.
“Dato che amammo l’idea, decidemmo di creare il team più piccolo possibile, così da vedere se potessimo creare qualcosa […] già come una prova tangibile. Per cui, per un anno, fummo soltanto io e Yuji Nakamura, come programmatore, a farne un prototipo“. Con queste parole sempre Johanas ha narrato su Xbox.com di come tutto è iniziato nella pratica.
Da quel momento in poi, per riuscire ad arrivare al progetto finale, all’Hi-Fi Rush che abbiamo potuto amare in questo 2023, sarebbero passati ben 4 anni.
Provando e riprovando: come Hi-Fi Rush ha visto la luce
Nelle sue parole, John Johanas ha poi raccontato che “per la maggior parte del tempo, il grosso del lavoro è stato fatto da me e dal lead programmer [sempre il già citato più volte Nakamura], e abbiamo avuto a che fare con molto trial and error, ma alla fine abbiamo raggiunto il nucleo del concept“.
Subito dopo il concept, per un gioco come Hi-Fi Rush è stato estremamente importante lavorare sulla componente audio, in particolare quella musicale di cui abbiamo già parlato più in alto. Ed è qui, anche di questo abbiamo già parlato, che si sono presentate moltissime sfide per lo studio di sviluppo, a partire dal creare una sorta di rhythm game per uno studio non avvezzo a tale tipologia videoludica, fino alla scelta di ogni colonna sonora, di ogni canzone.
Di sfide ha parlato anche il lead programmer, che ha ricordato quanto sia stato difficile trasporre in forma di gioco ciò che era così chiaro nelle loro menti e nei loro appunti. Eppure, da lì si è poi arrivati a un risultato finale che è “incredibilmente identico al concept di partenza“, nelle parole del game director.
Fra i primi tentennamenti e la conclusione del viaggio, si pone poi il prototipo di circa 15 minuti di cui i protagonisti di questa storia hanno già parlato. Questo prototipo, questa demo, dapprima circolando a malapena tra poche persone fidate, finì infine per diffondersi fra le persone di Tango Gameworks e anche di Bethesda, spesso senza che se ne conoscesse l’origine.
Da lì, dalle reazioni entusiastiche a quel primo prototipo, il team (e il suo game director Johanas) capì che il progetto aveva futuro.
“[…] quel prototipo fu realisticamente il modo in cui questo gioco ha avuto il via libera ed è stato fatto. Il motivo era che fin dall’inizio le persone capirono che era divertente da giocare. E le persone continuavano a giocare e rigiocare quella demo da 15 minuti“.
Nella vita bisogna avere stile
“Tutti questi giochi che sono saltati fuori avevano una visione unica e senza alcun realismo. Hanno giocato con lo stile artistico e hanno giocato tantissimo con l’estetica così da avere una propria identità” ha raccontato sempre Johanas nel descrivere come si è arrivati allo stile particolare di Hi-Fi Rush, quello stile che abbiamo già detto e visto essere profondamente diverso da qualunque cosa precedentemente sviluppata da Tango Gameworks.
“Per cui, con il nostro documento di presentazione [quello di cui abbiamo parlato nei paragrafi precedenti], ho creato una lista di titoli che le persone avevano associato a Hi-Fi Rush, come Jet Set Radio, Viewtiful Joe e Okami“.
E fin da subito, nelle parole del game director, lo scopo è stato quello di fondere uno stile in 2D con qualcosa che ricordasse “un artista giapponese a cui fosse stato chiesto di animare un classico fumetto americano“. Il tutto dando per scontato che quest’artista non sappia nulla di fumetto americano. Scopo finale era creare qualcosa che non fosse totalmente giapponese, né totalmente americano, ma un’originale via di mezzo.
In un’altra occasione John Johanas calca ancora di più la mano sul fatto che non ci sia stata alcuna ricerca di realismo: “Il nostro game è assurdo, oltre ogni limite, ed è incentrato sulla musica. Non c’era motivo per cui avremmo dovuto concentrarci sul realismo“.
Lo stile applicato al ritmo di Hi-Fi Rush: il gameplay
Come dicevamo e come sappiamo, Hi-Fi Rush è primariamente un rhythm game, incentrato sul combattere le orde di robot e nemici umani andando a tempo con la colonna sonora. Però, nonostante questo core fondamentale del titolo di Tango Gameworks, il gioco rimane godibile a prescindere dalla nostra dimestichezza con musiche e videogame a ritmo.
“Volevamo un gioco che fosse facile da giocare ma difficile da padroneggiare” ha raccontato il director Johanas, aggiungendo che alla fine dei conti sono riusciti a creare un rhythm game in cui è sufficiente procedere ad attacchi leggeri per proseguire. E certamente, in questa maniera, non si otterranno mai punteggi alti nelle valutazioni finali, però in questo modo chiunque può approcciarsi al gioco nella maniera più adeguata al proprio gusto e alle proprie capacità.
Il lead programmer Nakamura aggiunge alle sue parole: “La visione per il gioco potremmo esprimerla adeguatamente come un action game al 70% e un rhythm game al 30%“. Questa espressione percentuale è stata come una sorta di faro costante nel corso della produzione e dello sviluppo del titolo, così da avere sempre ben saldo in mente quale fosse il focus del progetto.
Lo shadow drop e la consacrazione
Dunque una visione chiara e un team sempre concentrato su ciò che voleva davvero per la propria opera. Questi sicuramente, oltre all’osare e all’andare contro gli schemi prefissati in cui per anni era stata incassata Tango Gameworks, sono stati dei motivi validissimi per i quali Hi-Fi Rush ha avuto l’esplosione di successo (di critica e pubblico) che ha avuto. Ma forse c’è anche dell’altro.
Ad aver infatti avuto un grosso impatto sul pubblico videoludico, troviamo l’elemento sorpresa della release del videogame di Tango Gameworks. Se fin dall’inizio l’obiettivo del team di sviluppo era avere un breve periodo di marketing e presentazione del titolo prima del rilascio ufficiale, ciò che invece non era stato del tutto preventivato fu invece un’uscita senza alcun hype, senza che il pubblico sapesse ciò che aveva di fronte.
“Non riuscivamo a trovare un momento ideale in cui [il marketing incentrato su Hi-Fi Rush] non sarebbe stato messo in ombra da qualunque altra cosa, specialmente per il nostro periodo di uscita [gennaio 2023]” ci ricorda Johanas, che fa riferimento al fatto che le settimane natalizie sono sempre colme di uscite, spot, trailer e presentazioni.
Da lì, quindi, si è arrivati a un’uscita preceduta da un unico trailer di lancio. Dove non è arrivata l’indiscussa qualità del titolo di Tango Gameworks, ci ha pensato questo rilascio a sorpresa, appunto uno shadow drop.
“Mi ha fatto provare un po’ di nostalgia. Come quando eri giovane e c’era un gioco che ti piaceva e sapevi che stava per uscire, e allora evitavi qualunque info o articolo e ti tenevi tutte le sorprese per quando avevi il gioco fra le mani“. Keita Sakai descrive così il suo rapporto con una release del genere, come una sorpresa che con la quantità di informazioni che abbiamo oggi è quasi impossibile.
La cultura dell’hype
Dovremmo davvero interrogarci su quanto forse, alle volte, avremmo solo bisogno di sorprese come Hi-Fi Rush.
In un mondo appunto come il nostro, come quello videoludico, in cui ogni azienda, ogni publisher, fa a gara per lo slot di uscita migliore, accaparrandosi mesi e mesi di pubblicità e marketing, dovremmo davvero interrogarci su quanto forse l’hype sia sopravvalutato.
Lo abbiamo visto anche nei mesi passati, con alcuni esempi di giochi di fascia alta (per quel che riguarda gli investimenti dei publisher) che però si sono rivelati, per motivi differenti, dei flop. Questo nonostante ci siano stati venduti per settimane, se non mesi, come il meglio che avremmo potuto avere dal futuro del gaming.
Ne avevamo parlato per esempio analizzando Saints Row, il reboot della longeva saga omonima (un tempo “clone” di GTA) che, dopo mesi di martellanti gameplay e trailer vari, era uscito con tanto, forse troppo hype. E fin da subito se ne erano visti i limiti tecnici e di gameplay, limiti che erano perdurati nel corso dei mesi, anche quando ci eravamo avventurati fra le strade di Santo Ileso per scoprire se tali limiti erano stati superati.
Ciò che avevamo visto era stato un panorama desolato e desolante, la fine dell’american dream.
Una lunga lista di inciampi
Però Saints Row, come dicevamo in quello speciale, era solo un sintomo di un problema più ampio. Già all’epoca, di altri esempi del genere ne avevamo a bizzeffe, come nel caso di Forspoken di Square Enix (per il quale nutrivamo vari dubbi fin dalle anteprime), e che proprio da Hi-Fi Rush era stato superato nelle vendite (e ricordiamo che Hi-Fi Rush è presenza fissa del Game Pass di Microsoft).
Addirittura, il ritorno di fiamma post-release di Forspoken fu tale che lo studio di sviluppo del titolo è poi incorso nell’assorbimento da parte di Square.
A Forspoken potremmo aggiungere altri titoli che erano stati portati alle stelle da marketing e anteprime e quant’altro, per poi piombare nel baratro dell’insufficienza e della mediocrità. Sempre nel parlare di Saints Row, citavamo l’immancabile Cyberpunk 2077 di CD Projekt RED, che ha saputo rialzare la testa però con l’uscita del recente DLC Phantom Liberty.
Ma tornando indietro nel tempo non mancherebbero ulteriori presenze, da Fallout 76 di Bethesda (il multigiocatore online della pluridecennale saga post-apocalittica), che ha finito poi per portare con sé più problemi che altro, ad Anthem di Bioware, lasciato morire nell’arco di pochi mesi. Allo stesso tempo, anche nell’ultimo periodo abbiamo avuto varie altre opere videoludiche scagliate sul mercato dopo spot che ne osannavano le caratteristiche, per poi consegnarci in realtà prodotti di ben più bassa caratura.
Stiamo pensando a Redfall di Arkane Austin, così come al tanto atteso The Lord of the Rings: Gollum. In quest’ultimo caso, il flop è stato talmente esplosivo, che Daedalic Entertainment si è ritrovata a chiudere la sua divisione di sviluppo.
Hi-Fi Rush come cura per l’hype?
Difficilmente questa che fu una release così particolare per un titolo comunque classificabile come AA farà storia. Difficilmente non avremo titoli presentati 3-4 anni prima dell’effettivo rilascio, per poi magari ritrovarci con prodotti solo vagamente sufficienti (quando non insufficienti).
La macchina dell’hype è ben rodata e oliata, si muove su sentieri già battuti e che non risentono di alcun passo falso o inciampo o errore. Siamo infatti sempre ben pronti a dimenticarci di qualunque Anthem che abbiamo comprato al day one o di un qualche Fallout 76 che avevamo preordinato. E publisher e aziende hanno poi la necessità di pubblicizzare e pompare l’uscita di ogni proprio prodotto, per rientrare nei costi e per generare ovviamente gli immancabili profitti.
Dunque dobbiamo rassegnarci e piegarci all’impossibilità che le cose possano cambiare, seppur anche solo un poco?
Probabilmente lo scopriremo vedendo come si evolverà il mercato videoludico nei prossimi anni, o se quanto meno le multinazionali del videogioco impareranno almeno a limitare gli errori del passato.
Quel che è certo è che l’avere, di tanto in tanto, sorprese come Hi-Fi Rush, che piombano sul mercato senza che nessuno ne sappia nulla (nel grande pubblico come nella stampa specializzata), non sono nient’altro che un bene per il videogioco come medium.
Uscite a sorpresa di videogame, di caratura comunque elevata, come l’opera di Tango Gameworks danno infatti l’idea di quanto l’industria videoludica possa essere ancora sorprendente e innovativa.
E ovviamente parliamo sia da un punto di vista qualitativo del gioco in sé, ma appunto anche solo della possibilità di ritrovarsi ad avviare un gioco senza saperne già in partenza vita, morte e miracoli.